Francesca aveva coronato il suo sogno di amore, ancora diciottenne, con Saverio Saffioti, anche lui di Palmi, sua città natale, ma rimasta vedova ancora giovane con due figli, Carmine e Domenico, dopo aver sposato in seconde nozze Antonio Gramuglia, si era trasferita a Bagnara dove era nata Rosa, la terza figlia. Anche se già provata dalle sofferenze, quando l’esercito Francese invase il suo paese, aveva 38 anni e sognava ancora una vita piena di soddisfazioni, ma doveva ancora sperimentare che dignità e onore si pagano a caro prezzo: un delinquente, già ricercato dalla polizia borbonica, che nel ’99 aveva ottenuto i gradi di ufficiale dal Cardinale Ruffo e che all’arrivo dei francesi si era arruolato nella milizia civile si invaghì di lei. Quando, tronfio della sua arroganza e forte della divisa che indossava, cominciò ad insidiarla con accanimento, non accettò di essere da lei energicamente respinto e organizzò la più crudele delle vendette: accusò ingiustamente di attività clandestina contro i francesi i due figli maschi ancora adolescenti, che furono processati e condannati alla fucilazione, dopo aver fatto arrestare, con l’accusa di girare armato, Antonio Gramuglia che, qualche giorno dopo l’esecuzione dei due ragazzi morì di rabbia e di dolore. L’irrefrenabile voglia di vendetta spinse Francesca ad unirsi ad una banda di briganti che aveva stabilito il suo quartiere generale sui piani della Corona, non lontano del tracciato dell’antica via Popilia, e che fino ad allora, a parte qualche scaramuccia con i francesi, si era limitata ad assaltare le diligenze al “passo di Caracciolo”, un luogo rimasto nella storia proprio per quelle imprese banditesche. Combattendo accanto ai briganti con coraggio, la donna meritò la loro ammirazione, tanto da diventare molto presto la capobanda e dare alle azioni dei suoi compagni una carica ideale che trovava ispirazione nella necessità di combattere i francesi oppressori. All’arrivo in Calabria del Principe Luigi d’Assia, che tentava, nel 1807, la riconquista della parte continentale del regno dei Borbone, Francesca non ci pensò due volte, offrì al nuovo arrivato l’aiuto della sua banda e, il 28 maggio di quell’anno, partecipò alla battaglia di Mileto, dopo la quale un centinaio dei suoi briganti divennero soldati dell’esercito borbonico e pare che lei stessa sia stata nominata capitano. Fu proprio durante uno scontro con i francesi che Francesca riuscì a mettere in atto il suo proposito di vendetta: lei e i suoi compagni, accerchiati gli avversari che erano alla loro ricerca sui piani della Corona, riuscirono a mettere in atto una controffensiva e catturare molti prigionieri, tra cui l’ufficiale che l’aveva insidiata e che aveva fatto giustiziare i suoi figli. Lo storico Vittorio Visalli, in I Calabresi nel Risorgimento italiano - Storia documentata delle rivoluzioni calabresi dal 1799 al 1862, Torino 1893 (vol.I, pagg.124-125), solo alcuni decenni dopo quei tristi avvenimenti, affermava che Francesca, trovatasi quell’uomo ferito davanti agli occhi, come in un melodramma, “lo scanna, gli strappa il cuore e lo divora ancor palpitante”. Pare che l’ultimo combattimento contro i francesi durante il quale “si segnalò per valore la capitanessa di Palmi” sia stato l’assedio di Genova, nel 1812: Le cronache non dicono altro e di Francesca La Gamba non si seppe più nulla, né ci è dato sapere se la sua efferatezza sia solo il frutto della fantasia popolare. Certo è che la sua vicenda, anche se colorita dal mito, racchiude le ragioni che hanno spinto una tranquilla madre calabrese, che ha assistito alla distruzione della sua famiglia ad opera di oppressori stranieri, a trasformarsi nella personificazione della vendetta. Nel 1925, dopo la ricostruzione di Palmi distrutta dal terremoto del 1908, qualcuno propose di intitolare una via della città natale alla brigantessa dei piani della Corona, ma quella proposta fu scartata perché ritenuta indecorosa ed il suo nome è rimasto avvolto dalla leggenda. Qualche decennio più tardi dei fatti che l’hanno visto protagonista, altre popolane meridionali che, come afferma Valentino Romano, la storiografia ha ingiustamente bollato come “drude”, donnacce, trascurando di considerare il loro ruolo di donne guerrigliere contro la conquista del Sud, per amore di un uomo o spinte dalla prevaricazioni dei conquistatori, scelsero la via del brigantaggio e scrissero pagine piene di odio e di amore che i governi succedutisi in più di cento cinquanta anni hanno cercato di far dimenticare. Giuseppe Antonio Martino fonte
E' il soprannome del macellaio che si vede nel video. Non so se ha anche un altro significato. (potrebbe voler dire piccolo salvatore), ma è una mia libera interpretazione.
@@VitoDomenicoCarbotti le ho scritto su messenger in modo più completo avanzando una mia interpretazione, ho notato però che nessuno sa cosa significhi, né mia madre, né mio padre, né mio zio, è pazzesco. Grazie comunque.
Ode ai Briganti Fermati, fermati………fermati tempo chè il mio và veloce, come il vento, chè possa cantar del Meridione l’infausta sorte del popolo Borbone. Fammi ancora calpestar le selve, ove i Briganti, trucidati come belve, si dimenarono per salvar la pelle dall’infame condanna di orda ribelle. Fa che io possa declinar le gesta di semplici e religiosi e gente onesta, che per tener fede al Papa e al Re i loro posteri han vergogna di sé. Fammi annusar gli odori della terra, bruciata dai saccheggi e dalla guerra, fammi raccontar la dignità rubata da oppressori e voltafaccia comandata. Che il destino delle genti a venire non debbasi più di fango nutrire, che sia lavata di un secolo l’onta, che quest’ode ovunque si diffonda. Fermati tempo nel più recondito bosco dove consunto s’è… il delitto più losco. Fammi sentire, nella quiete silente tutta la verità da urlare alla gente Fammi sentire nelle buie caverne le voci ribelli delle genti moderne che levano in alto il loro dolore e alfin sia loro restituito l’Onore. CVD 04.02.2015
Vinditta, è una poesia che io ho scritto tempo fa, parla della storia, realmente accaduta di una brigantessa di Palmi ( RC) il suo nome è Francesca Lagamba che il mio amico Domenico Vito Carbotti ha musicato ed eseguito per la prima volta nell'incontro con Pino Aprile ....Grazie Vito bellissima interpretazione, felice di aver contribuito alla serata che tocca argomenti del Sud e dell'era Borbonica
le incomprensibili parole tradotte in italiano: Nostalgia d'amore A notte fonda Io mi destavo Pensando a te E dove ti trovavi Guardavo la luna E mi tormentavo Perché io non ero Insieme a te Tornavo indietro Avevo un taglio al cuore Mi faceva male Avanti e indietro andavo Senza più fiato Pensavo a te lontano Poi ti sentivo… E il cuore batteva piano Mi accontentavo Di sentire la tua voce Mi assaliva poi La nostalgia Arrivava l’alba Vedevo i tuoi occhi Sentivo le tue mani E le tue parole dolci Tornavo a letto Iniziavo a dormire Tra sogno e lacrime C’eri sempre tu Ma poi quando Il giorno arrivava Si spegneva il fuoco Si accendeva la luce Aspettavo di nuovo Che venisse notte Per giocare, parlare. Per vedere te Tutto passava Ma non era vita Se la vita doveva essere Senza di te
Ieri l'ho provata con i musicisti martinesi che mi hanno contattato. Donato Fanizza, che è fisarmonicista e tastierista l'è molto piaciuta, ma non ce l'ha fatta a reggere il ritmo. Prometto che non appena l'avranno imparato la riprendo e ne faccio un altro video per i miesi seguaci di youtube . M.F. 1.6.2014
Grande è l'utilità di "LU Sparatrappe" nei momenti di necessità.....Solo tu Vito riesci con la tua fantasia a fare di un oggetto simile una canzone che mette allegria e valorizza la sua modestia......
Complimenti Vito la tua amica chitarra ti guida e ti accompagna sempre nella giusta via .....adeguando la melodia ai versi poetici dell'autrice....Come sempre ti stimo e ti auguro ancora una "felice carriera".....Graziella Marino
Ieri l'ho provata con il fisarmonicista Donato Fanizza, il chitarrista Marangi ed il solito bassista Giovanni Gentile. l?abbiamo eseguita in una tonalità più adatta alla mia voce in Mi minore e SI7. Ne è venuta fuori una voce meno sforzata. Penso che la registrerò con loro in un prossimo incontro.
