Ciao carissimo Valerio, potresti dedicare un video alla lettura (è sufficiente la sola lettura, anche senz'analisi storico-letteraria) della sublimissima ''Orazione agl'Italiani'' (non è una poesia) del super-eroe Giacomo Leopardi?? L'''Orazione agl'Italiani'' fu scritta a Recanati fra il 19 maggio e il 18 giugno 1815, in occasione della sconfitta patita da Gioacchino Murat a Tolentino - l'«usurpatore» giunto nelle Marche «con una banda di sanniti dal mezzogiorno della Italia» - per opera dell'esercito austriaco. L'ardentissimo amore per l'Italia troverà ampio sviluppo lirico anche nelle canzoni ''All'Italia'' e ''Sopra il monumento di Dante''. ''Gli antichi soleano dare alla loro patria dei consigli, o felicitarla di qualche successo, dalle tribune o dai rostri col mezzo di arringhe. Essi ci hanno lasciate le loro magnifiche orazioni, che trasportano il lettore nei tempi nei quali furono pronunciate, e lo collocano in mezzo alla udienza romorosa dell'oratore, tra il plauso e l'entusiasmo di un popolo ebbro di sentimenti di gloria. Volli imitarli, indirizzando ai miei compatriotti un'orazione e immaginandomi di parlar loro. Gl'italiani non troveranno in me né un Demostene né un Marco Tullio; ma io spero di trovare negl'italiani degli ateniesi e dei veri successori dei romani. [...] Non lo dissimuliamo. La nostra nazione riunita tutta [...] sarebbe formidabile ai suoi nemici; un popolo, come il nostro generoso e nobile, colle immense risorse somministrate dal suo territorio e dalle sue facoltà intellettuali, potrebbe concepire dei vasti disegni ed ottenere dei grandi successi. Egli fu un tempo signore dell'universo, potrebbe ora gettar dell'ombra su tutte le nazioni. Ma l'Italia sarebbe perciò felice? Per asserirlo, converrebbe supporre che la felicità della nazione consista nella forza delle armi, nell'esser terribile allo straniero, nel poter con vantaggio cominciare una guerra e continuarla senza cedere, nel possedere tutto ciò che fa d'uopo per esser temuta e che è necessario per non temere, nell'abbondanza dei mezzi per sostenere la gloria dei propri eserciti e la fortuna delle proprie armi. Ma se la vera felicità dei popoli è riposta nella pace necessaria alle arti utili, alle lettere, alle scienze, nella prosperità del commercio e dell'agricoltura, fonti della ricchezza delle nazioni, […] possiam dirlo con verità, non v'ha popolo più felice dell'italiano. Provveduto con liberalità dalla natura di tutto ciò che fa d'uopo ad alimentare il commercio, abitatore di un terreno che rende con usura all'agricoltore ciò che gli venne affidato, ricco dei doni della mente e di spiriti grandi in ogni genere, condotto ad un grado di civilizzazione che niun popolo oltrepassò giammai, che può egli desiderare per condizione e compimento della sua felicità? La pace. Questo bene, oggetto dei voti di tutte le nazioni, è necessario per l'Italia, che solo su di esso può fondare le speranze di un prospero stato. Non si fa la guerra che per ottenere la pace. […] Divisa in piccoli regni, l'Italia offre lo spettacolo vario e lusinghiero di numerose capitali animate da corti floride e brillanti, che rendono il nostro suolo sì bello agli occhi dello straniero. Questa specie di grandezza può consolarci di quella che noi perdemmo. Sì, noi fummo grandi una volta: noi rigettammo quei Galli, che il tempo ha resi più forti, fuori delle nostre terre, noi li cacciammo alle loro tane, noi li soggiogammo, noi li facemmo nostri schiavi. Dalle colonne d'Ercole sino al Caucaso noi stendemmo la gloria del nostro nome e il terrore delle nostre armi. Tutto si sottomise al nostro impero, tutto cedé al nostro valore, e noi fummo i signori del mondo. Fummo per questo felici? Le discordie civili, le guerre, le vittorie stesse non ci lasciavano un'ora di quella pace che tutto il mondo sospira. Il tempio di Giano sempre aperto vomitava disordini e sventure. Padroni dell'universo, noi non lo eravamo di noi stessi. Ci convenne conquistare la sede delle scienze per apprendere a regolare le nostre passioni. Terribili a tutto il mondo, noi eravamo, ciò che ora è la Francia, l'oggetto della esecrazione di tutti i popoli. […] Ci basti. Ebbimo ancor noi il nome di tiranni, fummo ancor noi tinti di sangue. La nostra grandezza, la nostra felicità deve dunque consistere in fare degli infelici? Italiani! Rinunziamo al brillante ed appigliamoci al solido. Quando ci si propone un potere pernicioso o una pace di cui tutto ci garantisce la durata, rigettiamo l'uno ed eleggiamo l'altra: quello ci darebbe dei nomi e questa ci dà delle cose; quello una gloria fantastica e questa dei reali vantaggi. Una nazione non deve esitare nella scelta della sua vera felicità. Noi abbiamo a sperare un riposo veramente durevole. […] L'Italia sarà dunque la più felice di tutte le nazioni, e il mantenerla in questo stato sarà dell'interesse di tutta l'Europa. Essa non avrà a temere che la nemica dell'universo, la Francia. È tempo, italiani, di risvegliare il vostro entusiasmo!'' Giacomo Leopardi, ''Agl'Italiani, Orazione in occasione della liberazione del Piceno'', 1815. La puoi trovare completa su Wikisource o in ''Tutte le poesie e tutte le prose'' (Newton Compton Editori). È un inno all'Italia! alla Libertà! all'Unione! all'Amore! alla Pace! È un inno alla responsabilità vicendevole, alla maturità morale! all'armoniosa concordia nazionale! all'autogoverno! È la più deflagrante bomba d'Amore dell'intera Letteratura Italiana ed europea. Pochissimi italiani la conoscono. Tra quei pochissimi, l'hanno capita e condivisa pochissimi. A pochissime anime, purissime, fortunatissime è concesso di leggere e di capire l'Orazione Redentrice. Nonostante sia la più armoniosa, la più eloquente, la più sublime orazione mai scritta! Giacomo Leopardi era convintamente favorevole all'Italia tutta unita, era convintamente favorevole allo Stato nazionale d'Italia, all'autodeterminazione e all'autogoverno dell'Italia.
Da questo documento, più unico che raro, si evince ancora di più l'appartenenza del soggetto ad una visione più che a qualcosa di concreto. Diciamo pure, si evince la NON appartenenza del soggetto alla Tradizione. Evola ha avuto seri problemi nel rapportarsi ai veri tradizionali e alla Tradizione e la conferma è palesata dalle sue stesse parole quando, discorrendo di Guenon, applica la formula di "equazione personale", come se la Tradizione cessasse di essere universale e legge a se stessa e diventasse materia opinabile, qualcosa da vagliare secondo il punto di vista personale. Già questo pone Evola fuori dal contesto tradizionale. Poi bisogna aggiungere la parabola evoluzionistica che parte dall'Individuo Assoluto e arriva all'Uomo differenziato, un segmento concettuale e temporale in cui Evola ha sempre dimostrato fedeltà ad un tipo di uomo svincolato da qualsiasi religiosità, da qualsiasi via tradizionale, niccianamente pretende di farsi legge a se stesso utilizzando le tecniche magiche. Più che uomo della Tradizione sembra un posseduto, un apologeta del titanismo. Più che un cantore della Tradizione sembra un iper-modernista e un fulgido esempio di randiano dalle venature destroidi.
Evola era un uomo dallo spirito trasgressivo, influenzato da Nietzsche. Un uomo prometeico, che avrebbe sfidato l'ordine e la gerarchia dell'Olimpo, che non si sarebbe inchinato davanti all'idolo alla maniera di un Francesco d'Assisi. Adorava gli uomini incarnati nelle sculture di Arno Breker
In realtà Evola è sempre stato più nazionalsocialista che fascista (sebbene non confinabile in nessuno dei due movimenti), la sua biografia lo dimostra! Il nazionalsocialismo ha combattuto il cristianesimo più del fascismo! Ma il pensiero di Evola lo si vede in Imperialismo pagano!
Mussolini si alleò con la Chiesa per ragioni pragmatiche e politiche. Conosceva il potere e l'influenza della Chiesa in Italia. Ma in privato odiava il Vaticano, un sentimento condiviso da altri fascisti sia nei ranghi superiori che in quelli inferiori. Evola esaltava l'antico paganesimo romano ma poi prese le distanze da queste posizioni, sosteneva che il fenomeno del neopaganesimo fosse superficiale, superstizioso e sentimentale.
@@latitudeselongitudes1932 quello che dici del fascismo è vero, fu pragmatico ma nemmeno tanto perché poi il tradimento giunse proprio da quegli ambienti che fintamente si erano conciliati con altrettanto pragmatismo in attesa della caduta! Per quel che riguarda Evola ovviamente esistono due Evola, quello prima e quello dopo la sconfitta, il s condo Evola ovviamente, per la situazione personale, è stato costretto a ritrattare le cose affermate dal primo...
@@latitudeselongitudes1932 poi per un tradizionalista è ovvio che non possa esistere un neopaganesimo ma solo un paganesimo e basta (come non può esistere un neocristianesimo stile Bergoglio, un neoinduismo ecc. )! Se così inteso il neopaganesimo è solo un fenomeno del neospiritualista e lo si vede bene oggi, dove è una sorta di religione ecologica, ambientalista, animalista ecc, ben strumentalizzabile dal potere se volesse...
@@manfredoiallonardi4020 Sì, è vero, credo che Evola sia maturato con l'invecchiamento e l'esperienza della guerra. Penso che non gli piaceva il lato sentimentale, pacifista, universalista, tollerante e plebeo del cristianesimo, ma riconosceva la tradizione militare cattolica medievale e la bellezza dell'arte e dell'architettura delle cattedrali e delle basiliche. L'eredità civilizzatrice della Chiesa in Occidente, il suo patrocinio della cultura in Europa, la sua opera umanitaria e pedagogica nel fondare e gestire da secoli scuole, università e ospedali
@@manfredoiallonardi4020 Evola aveva una buona opinione di Himmler e delle SS ma considerava il nazionalsocialismo un movimento plebeo, contrario al suo elitarismo aristocratico. Era anche in disaccordo con la loro enfasi e definizione di razza biologica e il termine ariano.I nazisti lo consideravano un romano reazionario. Evola aveva più in comune con il movimento monarchico conservatore tedesco della Repubblica di Weimar che con Hitler, con l'eccezione dell'enfasi e dell'identità luterana e cattolica dei monarchici.
Il giornalista che lo intervista è per caso Francois Chalais? Grande cinefilo, ha intervistato sottraendosi dal video con questa modalità moltissimi grandi registi francesi del Novecento
Tengo la tigre dalle orecchie ancora un po' , ma comincio a pensare che questa strategia non sia sostenibile a lungo termine. Questa mi mangia se non faccio qualcosa. Vi estendo un grande affetto. :-)
@@MrNeo8462 Thanks. I'll be sure to spread it around. How about Miguel Serrano? There are interviews he conducted also which are not in English translation to my knowledge. For Serrano and Evola's books see www.b-ok.cc
Così, per facilitarne l'acquisizione. «Exaudi, regina tui pulcherrima mundi, inter sidereos, Roma, recepta polos; exaudi, genetrix hominum genetrixque deorum: 50Non procul a caelo per tua templa sumus. Te canimus semperque, sinent dum fata, canemus: Sospes nemo potest immemor esse tui. Obruerint citius scelerata oblivia solem quam tuus e nostro corde recedat honos. 55Nam solis radiis aequalia munera tendis, qua circumfusus fluctuat Oceanus; volitur ipse tibi, qui continet omnia, Phoebus eque tuis ortos in tua condit equos. Te non flammigeris Libye tardavit arenis; 60non armata suo reppulit ursa gelu: Quantum vitalis natura tetendit in axes, tantum virtuti pervia terrae tuae. Fecisti patriam diversis gentibus unam; profuit iniustis te dominante capi; 65dumque offers victis proprii consortia iuris, Urbem fecisti, quod prius orbis erat.
@@ibngiuseppe7427 lì diciamo che sono due piani diversi di concepire la tradizione. Personalmente a me non attira molto perché non concordo sul fatto che la tradizione possa essere recuperata importando una religione a noi estranea. Ma sono ovviamente punti di vista.
@@andreagranato7231 Nicholas Roerich è stato un pittore, scrittore, traduttore, esploratore e Maestro iniziato. Qui sul tubo puoi tranquillamente approfondire.
Umberto ECO paragono' EVOLA al DIVINO OTELMA....mai accostamento fu piu' blasfemo...EVOLA ha spessore... Lo cita' all'esame di maturita' ...e la commissione uno dei cui membri era professore di filosofia...mi chiese come potessi conoscere EVOLA... purtroppo lo conosco solo di nome... ricordo a memoria l'incipit di un suo testo E' INUTILE CREARSI ILLUSIONI CON LE CHIMERE DI QUALSIASI OTTIMISMO... con questa frase cominciai il tema di maturita' 1998...
Onore al Tuo coraggio. Hai rischiato di essere bocciato per aver semplicemente nominato Evola. Quanto a Umberto Eco sarà sufficiente ricordare che ha scritto un libretto contro Mike Bongiorno per invidia ed attirare l'attenzione di Enza Sampò di cui era innamorato. Su Evola basta l'opinione della Yourcenar.
Il modo più bello di iniziare un tema: "È inutile crearsi illusioni con le chimere di un qualsiasi ottimismo .." Ce l'ho stampata nella mente questa frase... Che gigante Evola!
@Dònal Brügge : Eco era un grande intellettuale, con una cultura eccezionale per vastità. Una figura altrettanto importante quanto Evola. Ce l'avete con lui per il Pendolo di Foucault? :)
Valerio, mi associo a quanti hanno apprezzato e ti hanno ringraziato per il lavoro di traduzione e per la pubblicazione di questo brano così prezioso. Grazie!
Valerio, grazie mille per l'ottimo lavoro...Se vuoi - per divertimento - abbiamo provato a fare una trascrizione dal francese che ci sembra buona e accurata. Se vuoi te la passo con piacere
