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📜 COME NASCE LA CARTA? 📖 Museo della Carta e della Filigrana di Fabriano (Storia e Tecnologia) 

Pasticciotti
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Una delle prime descrizioni in lingua italiana sull'abilità dei Cinesi di fabbricare la carta è fornita da Marco Polo in un passo del Milione, dove egli accenna alla particolare qualità di fibra vegetale impiegata in quei tempi per fabbricare questo materiale: paglia di tè o di riso, canna di bambù e stracci di canapa. Si narra che gli imperatori cinesi abbiano mantenuto segrete per lungo tempo queste tecniche di lavorazione, che si diffusero solo nel VII secolo.
Fu a Samarcanda che gli Arabi appresero queste tecniche dagli stessi Cinesi, per poi introdurle nei paesi del Medio Oriente e dell'area mediterranea. Così la carta è arrivata in tutta Europa e in particolare a Fabriano, dove abbiamo visitato il museo della carta e della filigrana.
E’ ormai certo che furono gli Arabi i primitivi maestri dei cartai fabrianesi e che il lino e la canapa furono le materie prime originarie usate a Fabriano per fabbricare carta.
I mastri cartai fabrianesi, però, nel Medioevo apportarono ben tre innovazioni che consentirono alla carta di affermarsi come l'unica materia a cui l'uomo affida la parola scritta per comunicare e tramandare il suo pensiero e le opere del suo ingegno.
La prima di queste invenzioni fu la pila idraulica a magli multipli: una macchina in grado di pestare gli stracci di lino o canapa, che venivano quindi lacerati e sfibrati fino a farli diventare una pasta con cui realizzare carta.
La macchina funzionava sfruttando l'energia idrica fornita dal fiume Giano, le cui acque erano indispensabili anche per ottenere la pasta da carta, composta per il 99% da acqua.
Il "pisto" ricavato dagli stracci, una volta raffinato ed omogeneizzato nella misura voluta, veniva trasferito dalla pila ad affiorare al "tino" per la fabbricazione del foglio di carta.
Il mastro cartaio, ripetendo gli stessi gesti dei cartai fabrianesi del XIII secolo, immerge la "forma" nel tino e ne estrae ogni volta la stessa quantità di pasta, che distribuisce su tutta la superficie della tela. La forma è il mezzo con cui si ottiene la feltrazione delle fibre, ossia il processo di unione delle fibre tra loro fino a formare una superficie uniforme: il "foglio".
Ed è proprio grazie agli abili movimenti del mastro cartaio che le fibre si intrecciano tra loro, formando una superficie compatta sopra alla tela.
Il foglio viene poi messo su un feltro di lana che serve ad assorbire l’eccesso d’acqua.
Dopo aver messo un foglio e un feltro sopra l'altro, si forma una pila o "posta", che viene pressata in un torchio a vite. Si ottiene, in questa maniera, la prima disidratazione dei fogli. Questa operazione, riducendo il contenuto di acqua a circa il 50%, permette di distaccare i fogli dai feltri.
Dopo aver sollevato i vari strati di feltro, ecco il nostro foglio che aspetta solo di essere staccato dal feltro, per poi essere messo ad asciugare.
La seconda invenzione dei mastri cartai fabrianesi è la filigrana, un’impronta che, alla fine di tutte le operazioni, si potrà vedrà solo in controluce.
La parola filigrana deriva da filo, perché sulla tela veniva piegato e cucito un filo di metallo a che dava appunto l’impronta desiderata.
Pare che la filigrana, come molte invenzioni, sia nata per caso, grazie ad un filo di metallo della tela (la vergella) che si era spezzato mentre un mastro faceva la carta. Questo filo spezzato era rimasto in rilievo, dando un’impronta più chiara nel foglio. Il mastro, che andò a controllare la tela, capì quindi che se avesse creato un’immagine piegando il filo e cucendolo sulla tela, avrebbe poi dato anche un’impronta particolare al foglio, una specie di segno riconoscimento.
La filigrana, infatti, nasce come marchio di fabbrica dei fabbricanti di carta. Poi diventerà un segno di riconoscimento per i nobili e ad oggi è l’elemento di sicurezza che troviamo negli assegni e nelle banconote.
La terza invenzione dei cartai fabrianesi fu la scoperta della gelatina animale, che consentì di impermeabilizzare la carta, rendendola più resistente e duratura.
Approfittando del fatto che a Fabriano c’erano molte concerie di pelli, i mastri cartai immergevano i fogli in un bagno di gelatina animale ricavata dal “carniccio”, scarto delle concerie che donava alla carta compattezza e resistenza all’usura. Inoltre, contrariamente agli estratti vegetali usati dagli arabi dove prevaleva in particolar modo l’amido di riso, la gelatina animale non era soggetta all’azione dei germi patogeni.
I fogli inamidati venivano, infatti, attaccati dagli insetti che si divoravano interi archivi, tanto che nel 1221 l’imperatore Federico II fu costretto a proibire con un editto la redazione di documenti ufficiali su carta. Ma grazie alla scoperta della gelatina animale sgradita ai parassiti, i fogli prodotti a Fabriano divennero famosi per la loro qualità e resistenza e in breve tempo la proibizione di Federico II fu revocata.
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27 авг 2023

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Комментарии : 6   
@Emanuele9772
@Emanuele9772 10 месяцев назад
Questo video è molto interessante complimenti 👍👍
@Pasticciotti
@Pasticciotti 10 месяцев назад
Grazie mille! 💖
@estesilvados1
@estesilvados1 8 месяцев назад
Grandioso!!!
@Pasticciotti
@Pasticciotti 8 месяцев назад
Grazie mille ❤️
@cristinafaustini9293
@cristinafaustini9293 10 месяцев назад
💯
@Pasticciotti
@Pasticciotti 10 месяцев назад
💗😘 grazie Cristina!
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