"Piantala" è un capolavoro odierno del teatro minimalista riproposto a lungometraggio cinematografico, che avvalendosi della sua trama estemporanea e della semplicità dei sui elementi, si arricchisce con un cast da capogiro, che comunque non si dimentica che il protagonista principale è l'uomo inteso come essere vivente sulla terra, evolutore ultimo di una civiltà che al passo con la frenesia delle città verticali tenta di ergersi al di sopra della divinità, solcando distanze planetarie e riforgiando l'umanità come pioniera dello spazio ignoto. Un film che ricorda di essere un opera futuristica frutto di una mente odierna che nonostante tutto non dimentica di fare l'occhiolino a capostipiti della fantascienza come "Cronache Marziane" di Ray Bradbury o "Do Android Dream of Electric Sheep?" di Philip K. Dick. Il significato intrinseco della pellicola è un classico alla mercé di tutti, crudo e senza smancerie necessarie: il sacrifico come atto finale, l'amore che non disdegna la morte, la redenzione come forza motore dei protagonisti che si ritrovano aggrovigliati in trame sbalorditive ai limiti del possibile. Presentatosi al festival di Cannes di quest'anno, si vede ricevere premi di elevatissimo prestigio anche fuori concorso, che "semplicemente" esistendo, ha creato una concorrenza scorretta agli altri titoli partecipanti, che ahinoi, dimostrano di non condividere la stessa ambiziosa visione che Piantala ha saputo saggiamente esprimere. Il regista e gli sceneggiatori fanno scena muta alle domande sul potenziale seguito, senza però confermare o negarne l'esistenza, ma l'acclamazione della critica lascia presagire che, forse, la storia di Corteccio, non è finita qui...