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Guerini: "Siamo noi l'Europa, dobbiamo prenderne atto e agire di conseguenza" 

Redazione Bergamonews
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“L’Europa siamo noi, dobbiamo prenderne atto e agire di conseguenza”. Così Giuseppe Guerini, presidente di CECOP-CICOPA, la confederazione europea delle cooperative industriali di servizi e delle cooperative sociali, invita ad allargare gli orizzonti per guardare oltre i confini nazionali ed essere competitivi su scala mondiale.
Guerini, bergamasco, ha acquisito una lunga esperienza nella massima rappresentanza della cooperazione in Europa: lo abbiamo intervistato chiedendogli di tracciare una panoramica su questo settore molto ampio e di delineare le prospettive per il prossimo futuro.
Che ricadute ha questa esperienza sul territorio?
La prima considerazione che bisogna fare è che siamo inseriti in un contesto dove non è più possibile continuare a pensare che l’Europa rappresenti l’estero. È il nostro territorio, la nostra dimensione, quindi ci deve essere una continua relazione fra la dimensione locale e almeno quella europea per competere in un mondo che diventa sempre più complesso. Le 50mila imprese che rappresenta CECOP spaziano fra il settore dei servizi alla persona - quelle che in Italia sono conosciutissime come cooperative sociali - e grandi realtà industriali come Lancome in Francia, che è uno dei leader mondiali dei cablaggi o Mondragon in Spagna, affermato su scala globale nelle cucine industriali ma anche colosso dell’automotive, che costituisce il quinto gruppo industriale iberico. L’ampia presenza delle cooperative nei settori in cui il lavoro è la componente principale rappresenta solo una parte del movimento cooperativo che, complessivamente, se consideriamo l’housing, l’agricoltura e il consumo, arriva a oltre 2 milioni di lavoratori. Quasi un cittadino europeo su cinque è socio di una cooperativa, quindi si tratta di una dimensione economica importante. Allargando il cerchio all’economia sociale, parliamo di 2,8 milioni di realtà a livello europeo e quasi 13 milioni di lavoratori. In alcuni Paesi come la Francia quasi il 14% del Prodotto interno lordo viene generato da imprese di economia sociale, quindi include fondazioni, mutue e associazioni. È una dimensione molto vasta di cui anche a Bergamo c’è una presenza molto importante.
Lei è tra i pochi bergamaschi a frequentare organizzazioni europee come questa. Cosa ha imparato in questi anni? In che modo Bergamo potrebbe crescere ispirandosi all’Europa?
Credo che una delle più grandi occasioni di apprendimento in questa esperienza sia la capacità di comporre interessi diversi, ossia di realizzare il motto dell’Unione Europea, “Uniti nella diversità”, riconoscendo che la diversità, anche delle forme d’impresa, è una ricchezza e costituisce un’ecosistema. Ho imparato a mettermi in discussione e a confrontarmi con posizioni, lingue, esperienze e culture differenti. Da qui arriva un notevole arricchimento. Questa visione è entrata in uno degli elementi innovativi introdotti in questi anni dall’Unione Europea nella strategia industriale.
Ci spieghi.
Per anni l’Unione Europea non ha avuto una politica industriale. Se n’è sempre disinteressata e, per questo, in termini di battuta si diceva che fosse quella dell’automotive tedesco. A partire dal 2020, anche per reagire al Covid, si è sviluppata una strategia industriale più complessa costruita su 14 ecosistemi. Il concetto di ecosistema non va pensato solo in termini di filiere e catene di distribuzione o di approvvigionamento, ma in un’ottica d’insieme.

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8 окт 2024

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