Ma… ho appena finito di leggere questo libro e mi è piaciuto moltissimo. Cercavo recensioni e sono un po’ colpita dalla pochezza di questa tua analisi. Michele capisce di essere circondato dalla menzogna, dall’ipocrisia, dai ruoli che ognuno recita in società: vuole sentire qualcosa di autentico, e poichè non riesce a provarlo nè a trovarlo negli altri diventa indifferente e vive l’indifferenza come una malattia, come l’impossibilità di diventare “un bambino vero”, e non un burattino della società. Michele è un intellettuale in una società “del fare”, “dell’agire”, dominata dal potere dei soldi e del sesso, cone era quella fascista del 1929. Come si fa a riassumere questo in “non riesce a inseguire il suo sogno (quale? Non ne ha. Il suo sogno è la sincerita dei rapporti e dei sentimenti in una società falsa) e quindi diventa un vegetale”? E ancora. Leo rappresenta l’uomo perfettamente integrato in quella società, che non pensa, non si interroga, fa, agisce. Si prende quello che vuole e disprezza le troppe domande esistenziali (quelle che si fa michele, e in parte anche carla) che considera una debolezza. È un uomo vitalista, molto fascista come immaginario di riferimento. Un personaggio negativissimo, ma anche vitale, molto più degli altri. Il maschilismo non c’entra. Non più di quanto c’entri per un romanzo nato in quel periodo storico, come è ovvio. Potrei continuare ma lascio stare perchè non è che voglia farti lezioni, peraltro non ho mai ascoltato tue recensioni. Però santo dio, è un romanzo molto denso questo, non se ne puo parlare con tanta superficialità
