La grande storia di “Simone Pianetti / L'uomo belva della val Brembana che uccise sette persone per brutale vendetta". Così titola questa ballata scritta dal cantastorie Domenico Scotuzzi all'indomani della strage compiuta da Pianetti.
I fatti risalgono al 13 luglio del 1914: vale a dire a 110 anni or sono. Pianetti qui figura, dicevamo, come una belva, ma ho privilegiato questo testo e l'ho messo in musica perché è una sorta di storyboard della tragica vicenda andata in scena a Camerata Cornello e a S.Giovanni Bianco.
Va precisato che il testo non rispetta l'esatta sequenza delle uccisioni: Il parroco e il cursore sono la quinta e la sesta vittima, cadono sotto i colpi di Pianetti dopo il giudice conciliatore Ghilardi. Il cantastorie inoltre non accenna ad altre cinque persone che per puro caso scampano al massacro perché non sono dove Pianetti faceva conto di trovarle. Così come non accenna ai torti subiti da chi nel sentire popolare diventerà da subito il paladino dei deboli contro l'arroganza del potere.
La ballata comunque torna utile per far conoscere la «dolorosa storia» - per dirla alla cantastorie - o l’«Orrendo eccidio», come titolavano i giornali dell'epoca.
In un'altra narrazione cantata del 1914, sempre a stampa su foglio volante, l’autore Camillo Marulli presenta Simone Pianetti come un giustiziere. Come tale è passato alla storia: “Se mi sono di sangue macchiato / sul mio onor v’era un grande perché!”.
Ormai nell’immaginario bergamasco e non solo, Pianetti è come Pacì Paciana, è un altro Robin Hood: "Va preso a modello, ghe n'völ ü (ce ne vuole uno) in ogni paesello!" Inoltre, a differenza del Pacì, non riuscirono mai a catturarlo...
9 окт 2024