Caro padre, vi scrivo piangendo,
questi righi per me dolorosi
e che mi restano ma tanto 'ngollosi,
e nel vedermi trattare così.
E scrivendo la mano mi trema
e di tutto vi faccio palese
'e m'hanno tolto la veste borghese
'e m'hanno tolto la mia gioventù.
Caro padre, che brutti momenti,
e qui non contano né pugni e né stiaffi,
'e disse il guardia: Levategli i baffi,
e l'avrei presa la spina nel cuor.
E la mattina del venti di marzo
il guardiano mi venne a vedere,
e con sé ce l'aveva i' barbiere
e una scranna per farmi sede'.
Con cattive maniere mi prese,
il rasoio 'un l'aveva perfetto,
e mi raschiava, parevo un capretto
e i miei baffini li vidi andà' giù.
Quando poi 'e gli èbban fatto tutto,
il guardiano m'accennò con un dito
e disse: Questo gli è i' vostro vestito,
e n'i'vedello mi fece tremà'.
Questo numero che oggi indossate
vi cancella da i'nome e casato,
Centosette sarete chiamato
e a Ridolfo Foscati mai più.
Centosette sarete chiamato
e a Ridolfo Foscati mai più.
La canzone ha un'origine oscura. C'è un Rodolfo Foscati patriota milanese, imprigionato durante i moti carbonari del 1821. Ce n'è un altro in San Frediano, a Firenze, protagonista di un non meglio precisato fatto di sangue e condannato all'ergastolo. Forse le due figure si sono sovrapposte, forse no; la canzone è sicuramente toscana, e rappresenta in maniera cruda i primi, terribili giorni dell'ergastolano ("Più oscura è invece la storia di Rodolfo Foscati da San Frediano, protagonista di unaltra disperata canzone narrativa sui suoi primi giorni da ergastolano. Il racconto sotto forma di lettera al padre delle umiliazioni cui il carcerato è sottoposto è struggente e ricco di passaggi evocativi (prima la rinuncia alla «veste borghese», poi il taglio dei baffi e infine la privazione definitiva del nome: «Centosette sarete chiamato / e Rodolfo Foscati mai più»...
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2 май 2010