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Chiesetta di San Giorgio 

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SAN POLO DI PIAVE - Il campanile di San Giorgio segnala da lontano la presenza del luogo sacro,
circondato tuttora dal sagrato cimiteriale e immerso in una campagna che continua a godere dell’equilibrio fra ambiente naturale (ricco di acque risorgive ancora sgorganti), coltivazioni a vite e costruzioni produttive.
A partire dalla pianta originaria dell’Età Longobarda, quando l’aula della chiesa si presentava priva di sporgenze (VI-IX secolo), sono identificabili ben sette fasi costruttive, tra cui l’avanzamento della facciata e l’innalzamento del primo campanile, di cui rimane traccia nelle leṡène con fregio a due arcatelle presenti nella facciata (XI-XIII secolo e l’aggiunta dell’abside con l’apertura dell’arco trionfale per entrare nell’area presbiteriale. La costruzione dell’attuale campanile risale al XVIII
secolo.
Autore della monumentale Ultima Cena (1466) posta sulla parete nord, è Giovanni di Francia, pittore nato a Metz in Lorena, ma attivo nella diocesi di Feltre (1451-62) e di Ceneda (1462-66), definito da Giorgio Fossaluzza “esecutore raffinato, interprete di una cultura figurativa ancora tardo-gotica diffusa in tutto l’arco alpino”. Tra le immagini simboliche colpisce la presenza del gambero (astacus fluviatilis), simbolo della Resurrezione di Cristo.
Delle quattro scene del programma agiografico-narrativo di San Giorgio, realizzate sempre nello stesso anno da Giovanni di Francia, rimangono soltanto la prima (San
Giorgio e la principessa) e l’ultima (San Giorgio battezza la famiglia reale e il popolo pagano), a causa dell’apertura dell’arco trionfale nel XVII secolo, che ha distrutto la seconda e la terza.
Giovanni di Francia è autore anche dei tre affreschi devozionali posti sulla parete sud dell’aula: Madonna con Bambino in trono e San Francesco, San Sebastiano e San Bernardino da Siena (che mostra lo stemma raggiato che ha al centro il cristogramma).
Troviamo poi San Giacomo Maggiore e Sant’Antonio Abate, entrambi con il proprio libro (la Lettera di Giacomo indirizzata alle 12 tribù disperse nel mondo e le sette lettere inviate dalla Tebaide da Antonio il Grande) e una Madonna con il Bambino.
Il più antico affresco superstite è un lacerto che si trova a sinistra del portale e rappresenta una tardo-gotica Madonna col Bambino in trono (1450), che tiene in mano una rosa, allusione alla natura immacolata di Maria quale rosa senza spine.
Dietro a questa Chiesa si fondano secoli di tradizioni, storia, fede e cultura,
indispensabili per valutare il vero valore artistico delle raffigurazioni che
custodisce, come uno scrigno di pietra. Contemplare questo ciclo di affreschi nel luogo d’origine porta a riconoscere il profondo legame che esso ha con la liturgia, facendo apprezzare ancor di più la grandezza e l’ispirazione del loro artista; e la tenacia con la quale i devoti hanno preservato la Chiesa, malgrado il tempo e la barbarie.

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18 сен 2024

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