Vorrei raccontare il mio incontro con Alantonetti: era una calda giornata estiva e stavo praticando il mio terzo hobby preferito: l’alpinismo (il secondo sono gli scacchi). Decisi quindi di scalare il monte Cimone, la cima più alta dell’Appennino settentrionale con i suoi 2165 metri di altezza. Decisi di partire dalla base e scalare il monte in tutta la sua altezza, in solitaria, una sfida per corpo e mente. Partii con uno zaino tecnico, degli scarponi robusti, una giacca a vento, una corda e un coltello, non mi serviva nient’altro, avevo già tutto con me, nella mia esperienza, nelle mie conoscenze, nel mio cuore. Non fu di certo un percorso facile e in più momenti credetti che avrei fatto meglio ad abbandonare questa folle FOLLE impresa. Ma con la tenacia che mi ha sempre contraddistinto, passo dopo passo, metro dopo metro, sono riuscito a raggiungere, dopo qualche giorno di cammino con i polpacci tremanti dalla fatica, la tanto agognata vetta, dopo oltre 2160 metri di dislivello. È lì che lo incontrai, fermo, composto, seduto. Era Alantonetti, e mi guardava. Dopo qualche secondo di silenzio la sua bocca si aprì e le parole che disse mi lasciarono un segno indelebile: “Sotto i duemiladue non sei nessuno” Fu l’ultima volta che lo vidi
Nella pittoresca Milano Medioevale, con i suoi stretti vicoli lastricati e le maestose mura di castelli che si stagliavano contro il cielo crepuscolare, viveva un maestro Fide di scacchi di nome Alessio Boraso. Era un uomo dallo sguardo penetrante, i capelli brizzolati e gli occhi che brillavano di passione per il gioco degli scacchi. Ma la vita di Alessio era costellata da un'ombra costante: il suo acerrimo rivale, un uomo noto in città come "Carnicelli". Quest'uomo, di nome Ambrogio Carnicelli, era famoso per mettere i bastoni tra le ruote ad Alessio in ogni sfida scacchistica e non solo. Avevano una rivalità lunga anni, ma il destino stava per riservare loro una sfida che avrebbe scritto la loro storia nei libri di scacchi medievali. Un caldo pomeriggio d'estate, sotto l'ombra di un antico platano nella piazza centrale di Milano, Alessio e Carnicelli si trovarono di fronte al tavolo da scacchi. La folla si era radunata per assistere a uno scontro epico tra i due maestri. La partita iniziò con un sacco di pezzi scambiati, tattiche audaci e profonde strategie. Alessio dimostrò la sua abilità con una mossa audace, sacrificando una torre per mettere Carnicelli in una posizione difficile. Tuttavia, Carnicelli dimostrò la sua astuzia, contrattaccando con precisione millimetrica. Le ore passavano, e la tensione nell'aria era palpabile. Le menti dei due maestri Fide erano in lotta, e le loro mani tremanti. La partita si stava dirigendo verso una situazione rara e complessa, con soli pedoni e re per entrambi i giocatori. Nel momento cruciale, con il sole che si nascondeva dietro le torri del castello, Alessio Boraso e Ambrogio Carnicelli si guardavano intensamente. Era una situazione di stallo pedone e re contro re avversario. La folla trattenne il respiro mentre i due rivali continuarono a muovere i loro pedoni con cautela. In quel momento, con un cenno di rispetto reciproco nei loro occhi, Alessio e Carnicelli si alzarono dal tavolo da scacchi e si strinsero la mano. La partita era terminata in una patta, nessuno dei due aveva vinto. La notizia della straordinaria partita si diffuse rapidamente per le strade di Milano, e Alessio e Carnicelli furono acclamati come eroi scacchistici ma solo un eroe, l'illustre Ambrogio Carnicelli, fu invitato a partecipare alla Finale medievale italiana di scacchi, dove avrebbe sfidato altri grandi maestri. La rivalità tra Alessio Boraso e Ambrogio Carnicelli sarebbe rimasta nella storia come una delle più intense e rispettose della Milano Medioevale, e la loro epica partita a scacchi, finita in patta, sarebbe stata raccontata di generazione in generazione come un esempio di grandezza e nobiltà nell'arte degli scacchi
Bel video maestro, adesso lo guardo. Comunque volevo raccontarvi la storia di quando ho incontrato il maestro Alessio Boraso, una cosa da non crederci. Era aprile, nel culmine della primavera, e decisi di fare un’esperienza diversa dal solito: passare una settimana a Parigi. Comprai due biglietti, uno per me e l’altro per la mia ragazza, anche lei amante degli scacchi. Poco dopo essere arrivati nella capitale francese, decidemmo di fare una passeggiata per i parchi vicino la Torre Eiffeil, quando all’improvviso vedemmo dei tavolini con delle scacchiere. Ovviamente non resistemmo e facemmo qualche partita. Ad un certo punto si avvicinò un ragazzo e mi chiese una partita, addirittura gentile, mi concedette i pezzi bianchi. Inevitabilmente ci ritrovammo in una difesa francese, ma decisi di giocare tranquillo con una variante di spinta. Una partita lenta, una posizione intricata e nervi tesi. Ma ad un tratto, dalla siepe uscì un ragazzo, con il baffo ancora sporco di schiuma della birra; sottobraccio aveva due ragazze e passava per i tavolini sbraitando ai giocatori. Non appena si avvicinò a noi, guardò la posizione e mi disse parole semplici eppure efficaci: “perchè hai scelto di giocare così? Devi sacrificare pezzi, giocare per l’iniziativa, guarda come faceva Alekhine!”. Dopo aver pronunciato queste parole se ne andò, ma subito vidi gli occhi della mia ragazza brillare, e senza pensarci due volte, lei lo inseguì per andargli sottobraccio; così da due ragazze passarono a tre, ma una era la mia dolce metà. Tormentato e frustrato, decisi di finire la partita, giocai più aggressivo, non lasciavo spazio all’avversario. Alla fine cedette ed abbandonò, non si degnò neanche di stringermi la mano dopo essersi alzato dalla sedia, ma almeno avevo conquistato la vittoria su un francese. Mi voltai per vedere il maestro e la mia ragazza, ma fu tutto vano, scomparirono fra le vie della capitale, ed a me ormai non era rimasto nulla se non i suoi insegnamenti. Ma almeno avevo conquistato la vittoria su un francese.
I finali con poco tempo sono a mio parere la parte più difficile degli scacchi. È un qualcosa che puoi allenare fino ad un certo punto, quando non hai più tempo per pensare diventa puro istinto e vince chi ha più talenti negli scacchi, Carlsen insegna. Boraso è fortissimo in queste situazioni, arrivare ad un finale simile con lui e vincerlo è complicato, bella partita comunque, diversa dal solito.
Immaginarsi il maestro Boraso che sfreccia via irriverente con la coppa su un'auto d'epoca mentre i suoi avversari agitano i pugni al cielo urlando BORASOOOO alla Zenigata maniera
No vabbè questa me la devi spiegare?? Ma come ca.. hai fatto a vincerla?? Grazie maestro mi hai turbato psicologicamente😂😱😱😰. Il tocco a modino del Vanni credo che l' abbiano visto in tanti.
Purtroppo il freddo motore non comprende le emozioni che muovono le pedine del Boraso e reagisce con disprezzo ai matti mancati e a Tf6. Il maestro invece ancora oggi ci insegna che l'iniziativa sul re, per quanto collocata tra il ridicolo e il poco credibile non è mai pari a zero, e pesca dal cilindro quella che si può definire come la seconda sfangata scacchistica più grande della storia