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Inno a Roma - Claudio Rutilio Namaziano - De Reditu Suo 

Valerio8462
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"Inno a Roma" tratto dallo scritto di Claudio Rutilio Namaziano "De Reditu suo".
PS. La parte in Latino è letta in metrica e la pronuncia è quella "Restituta", classica.

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17 окт 2018

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Комментарии : 5   
@francefig
@francefig Год назад
Grazie per questo contributo prezioso
@Fraccanario
@Fraccanario 3 года назад
Stupendo
@user-dz9jh4ow2g
@user-dz9jh4ow2g 6 месяцев назад
Ciao carissimo Valerio, potresti dedicare un video alla lettura (è sufficiente la sola lettura, anche senz'analisi storico-letteraria) della sublimissima ''Orazione agl'Italiani'' (non è una poesia) del super-eroe Giacomo Leopardi?? L'''Orazione agl'Italiani'' fu scritta a Recanati fra il 19 maggio e il 18 giugno 1815, in occasione della sconfitta patita da Gioacchino Murat a Tolentino - l'«usurpatore» giunto nelle Marche «con una banda di sanniti dal mezzogiorno della Italia» - per opera dell'esercito austriaco. L'ardentissimo amore per l'Italia troverà ampio sviluppo lirico anche nelle canzoni ''All'Italia'' e ''Sopra il monumento di Dante''. ''Gli antichi soleano dare alla loro patria dei consigli, o felicitarla di qualche successo, dalle tribune o dai rostri col mezzo di arringhe. Essi ci hanno lasciate le loro magnifiche orazioni, che trasportano il lettore nei tempi nei quali furono pronunciate, e lo collocano in mezzo alla udienza romorosa dell'oratore, tra il plauso e l'entusiasmo di un popolo ebbro di sentimenti di gloria. Volli imitarli, indirizzando ai miei compatriotti un'orazione e immaginandomi di parlar loro. Gl'italiani non troveranno in me né un Demostene né un Marco Tullio; ma io spero di trovare negl'italiani degli ateniesi e dei veri successori dei romani. [...] Non lo dissimuliamo. La nostra nazione riunita tutta [...] sarebbe formidabile ai suoi nemici; un popolo, come il nostro generoso e nobile, colle immense risorse somministrate dal suo territorio e dalle sue facoltà intellettuali, potrebbe concepire dei vasti disegni ed ottenere dei grandi successi. Egli fu un tempo signore dell'universo, potrebbe ora gettar dell'ombra su tutte le nazioni. Ma l'Italia sarebbe perciò felice? Per asserirlo, converrebbe supporre che la felicità della nazione consista nella forza delle armi, nell'esser terribile allo straniero, nel poter con vantaggio cominciare una guerra e continuarla senza cedere, nel possedere tutto ciò che fa d'uopo per esser temuta e che è necessario per non temere, nell'abbondanza dei mezzi per sostenere la gloria dei propri eserciti e la fortuna delle proprie armi. Ma se la vera felicità dei popoli è riposta nella pace necessaria alle arti utili, alle lettere, alle scienze, nella prosperità del commercio e dell'agricoltura, fonti della ricchezza delle nazioni, […] possiam dirlo con verità, non v'ha popolo più felice dell'italiano. Provveduto con liberalità dalla natura di tutto ciò che fa d'uopo ad alimentare il commercio, abitatore di un terreno che rende con usura all'agricoltore ciò che gli venne affidato, ricco dei doni della mente e di spiriti grandi in ogni genere, condotto ad un grado di civilizzazione che niun popolo oltrepassò giammai, che può egli desiderare per condizione e compimento della sua felicità? La pace. Questo bene, oggetto dei voti di tutte le nazioni, è necessario per l'Italia, che solo su di esso può fondare le speranze di un prospero stato. Non si fa la guerra che per ottenere la pace. […] Divisa in piccoli regni, l'Italia offre lo spettacolo vario e lusinghiero di numerose capitali animate da corti floride e brillanti, che rendono il nostro suolo sì bello agli occhi dello straniero. Questa specie di grandezza può consolarci di quella che noi perdemmo. Sì, noi fummo grandi una volta: noi rigettammo quei Galli, che il tempo ha resi più forti, fuori delle nostre terre, noi li cacciammo alle loro tane, noi li soggiogammo, noi li facemmo nostri schiavi. Dalle colonne d'Ercole sino al Caucaso noi stendemmo la gloria del nostro nome e il terrore delle nostre armi. Tutto si sottomise al nostro impero, tutto cedé al nostro valore, e noi fummo i signori del mondo. Fummo per questo felici? Le discordie civili, le guerre, le vittorie stesse non ci lasciavano un'ora di quella pace che tutto il mondo sospira. Il tempio di Giano sempre aperto vomitava disordini e sventure. Padroni dell'universo, noi non lo eravamo di noi stessi. Ci convenne conquistare la sede delle scienze per apprendere a regolare le nostre passioni. Terribili a tutto il mondo, noi eravamo, ciò che ora è la Francia, l'oggetto della esecrazione di tutti i popoli. […] Ci basti. Ebbimo ancor noi il nome di tiranni, fummo ancor noi tinti di sangue. La nostra grandezza, la nostra felicità deve dunque consistere in fare degli infelici? Italiani! Rinunziamo al brillante ed appigliamoci al solido. Quando ci si propone un potere pernicioso o una pace di cui tutto ci garantisce la durata, rigettiamo l'uno ed eleggiamo l'altra: quello ci darebbe dei nomi e questa ci dà delle cose; quello una gloria fantastica e questa dei reali vantaggi. Una nazione non deve esitare nella scelta della sua vera felicità. Noi abbiamo a sperare un riposo veramente durevole. […] L'Italia sarà dunque la più felice di tutte le nazioni, e il mantenerla in questo stato sarà dell'interesse di tutta l'Europa. Essa non avrà a temere che la nemica dell'universo, la Francia. È tempo, italiani, di risvegliare il vostro entusiasmo!'' Giacomo Leopardi, ''Agl'Italiani, Orazione in occasione della liberazione del Piceno'', 1815. La puoi trovare completa su Wikisource o in ''Tutte le poesie e tutte le prose'' (Newton Compton Editori). È un inno all'Italia! alla Libertà! all'Unione! all'Amore! alla Pace! È un inno alla responsabilità vicendevole, alla maturità morale! all'armoniosa concordia nazionale! all'autogoverno! È la più deflagrante bomba d'Amore dell'intera Letteratura Italiana ed europea. Pochissimi italiani la conoscono. Tra quei pochissimi, l'hanno capita e condivisa pochissimi. A pochissime anime, purissime, fortunatissime è concesso di leggere e di capire l'Orazione Redentrice. Nonostante sia la più armoniosa, la più eloquente, la più sublime orazione mai scritta! Giacomo Leopardi era convintamente favorevole all'Italia tutta unita, era convintamente favorevole allo Stato nazionale d'Italia, all'autodeterminazione e all'autogoverno dell'Italia.
@ruoccof
@ruoccof 4 года назад
Così, per facilitarne l'acquisizione. «Exaudi, regina tui pulcherrima mundi, inter sidereos, Roma, recepta polos; exaudi, genetrix hominum genetrixque deorum: 50Non procul a caelo per tua templa sumus. Te canimus semperque, sinent dum fata, canemus: Sospes nemo potest immemor esse tui. Obruerint citius scelerata oblivia solem quam tuus e nostro corde recedat honos. 55Nam solis radiis aequalia munera tendis, qua circumfusus fluctuat Oceanus; volitur ipse tibi, qui continet omnia, Phoebus eque tuis ortos in tua condit equos. Te non flammigeris Libye tardavit arenis; 60non armata suo reppulit ursa gelu: Quantum vitalis natura tetendit in axes, tantum virtuti pervia terrae tuae. Fecisti patriam diversis gentibus unam; profuit iniustis te dominante capi; 65dumque offers victis proprii consortia iuris, Urbem fecisti, quod prius orbis erat.
@pierluigicasalino3218
@pierluigicasalino3218 7 месяцев назад
Roma caput mundi
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