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NORMA Recordings 1903-1913 "Dammi quel ferro!" 

belcantopera
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5 сен 2024

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Комментарии : 39   
@malipasta1
@malipasta1 8 дней назад
Thank you Corsi one of my favourite singers. She made a lot of records for someone who was not a mega star. Remarkable especially when you think of much more successful singers who made none or very few.
@Tkimba2
@Tkimba2 4 года назад
Jose Garcia è davvero divino. Wow
@medusa5789
@medusa5789 8 лет назад
José Garcia... Meno celebre di altri tenori spagnoli dello stesso tipo vocale e della stessa epoca, come Francisco Vinas, Julián Biel, Icilio Calleja e José Palet, José Garcia è il classico tenore stentoreo di ceppo romantico in voga in Francia, Italia e Spagna tra fine '800 e inizio '900 : voce dal timbro chiaro ma molto vibrante e risonante, fermamente incapsulata nella maschera nonché di sorprendente estensione : il Do di petto emesso nell'aria della Norma è eccezionale per squillo e fermezza. Questo sconosciuto tenore, latore d'un tipo vocale tenorile di antica origine, dà prova di legato corretto, morbidezza, conoscenza del portamento di voce (vedere "la mia letizia infondere) e declamato ampio e nobile. La sua voce è anche fonogenica. Notevole.
@simonchausse11
@simonchausse11 2 года назад
Mon dieu quels trésors de l’histoire du bel canto! Tous les chanteurs, étudiants devraient les écouter. Ces sopranos chantaient avec toute leur voix.
@oldoperafan_in_London
@oldoperafan_in_London 8 лет назад
What a lovely compilation - thank you. Norma and Abigaile are, I have read, the most difficult soprano roles. It is a pity no-one in modern times can successfully sing them.
@timeo7412
@timeo7412 7 лет назад
Great recordings so lovingly restored. Thank you.
@romearomeo
@romearomeo 7 лет назад
Documentazione stupenda.
@gmmix
@gmmix 8 лет назад
FABULOUS compilation! Thank you so much.
@ricardobedini5345
@ricardobedini5345 4 года назад
Hermosísima colección!!!!!!!!!!!!
@wanderleyreis7233
@wanderleyreis7233 8 лет назад
EVVIVA IL PASSATO !!!!!
@Nacidodelmar
@Nacidodelmar 4 года назад
VIVA!
@jacquesurlus3455
@jacquesurlus3455 Год назад
BONINSEGNA 🌟🌟🌟
@romearomeo
@romearomeo 7 лет назад
Magnifica la Casta Diva di Adalgisa Gabbi.
@medusa5789
@medusa5789 8 лет назад
Emilia Corsi... Sarebbe difficile pensare a Emilia Corsi come soprano lirico leggero, dopo un ascolto delle sue incisioni. Difatti così debuttò nel 1886, a soli sedici anni, nella Carmen, come Micaela, accanto a un Don Josè d'eccezione : Julián Gayarre. Promettente inizio per un'esordiente, direi. La famiglia di Emilia Corsi era di casa col canto e l'arte in genere. Suo padre era il tenore Achille Corsi (1840 - 1906), il quale esordì nel 1859 al Carcano nei Lombardi, specializzandosi poi in seguito nel repertorio da tenore rossiniano. Intorno al 1882 perse la voce e si dedicò all'insegnamento, formando quindi la figlia Emilia e i celeberrimi fratelli Antonio e Gaetano Pini Corsi, dei quali era lo zio. Il fratello del padre, Giovanni Corsi (1822 - 1890) fu un rinomato baritono di metà '800, ma Emilia ebbe un altro zio veramente celebre, il tenore Emilio Naudin (1823 - 1890), tenore storico d'800 e prediletto da Meyerbeer nell'Africaine. Dicevo prima riguardo l'inizio di carriera di Emilia Corsi sul versante lirico leggero : molti Puritani, Barbiere, Lucia e Rigoletto. Ciò crea un po' di spiazzamento, pensando alla voce enorme che s'evince dalle sue singolari registrazioni. L'inserimento di Manon Lescaut, nel 1898, provocò nella sua carriera uno spartiacque decisivo, un punto di non ritorno. Ormai, a ventotto anni, la voce aveva acquisito un invidiabile spessore e risonanza, tanto da consentirle sparititi sempre più audaci : prima di tutto, molto Verdi drammatico e ruoli "Stolz", poi non poco Wagner e, in fine, ruoli del tardoromanticismo, primo fra tutti, Gioconda. Un'evoluzione vocale che, pensando ai suoi esordi, non può non dare luogo a qualche riserva, appurando poi che già intorno ai quaranta anni, per questo soprano probabilmente inizia la parabola del declino. Le sue incisioni sono un ritratto autentico dei moduli vocali del soprano drammatico di fine '800 - primo '900, con difetti e pregi annessi. Ora, riguardo il suo declino intorno ai quaranta anni, avrei più d'una considerazione da porre. Pare che l'apertura del suono e, più praticamente parlando, l'abuso della "voix de poitrine" fosse già accetto sin dai tempi di Teresa Stolz e del mezzosoprano Maria Waldmann, entrambe ammirate e stimate da Verdi. Più d'un cronista dell'epoca riporta quanto la Stolz facesse frequente uso del registro di petto, nel grave e nel medium. Questo piccolo preambolo mi pare doveroso, d'altronde credo di poter affermare che dopo Eugenia Burzio, Emilia Corsi è forse il soprano di primissimo '900 che in disco manifesta maggiormente l'abuso della voce di petto nel registro medio-grave, e cioè : pieno sfruttamento delle cavità di risonanza del torace con scarso, se non addirittura assente immascheramento del suono nelle cavità superiori del volto. Chiaramente mi riferisco al registro centrale è grave della voce anche perché, salendo nella gamma, il suono acquisisce il giusto immascheramento e la giusta rotondità. Va da sè che, emettendo suoni centrali e gravi senza impiegare almeno in parte anche le risonanze di testa, il suono si apre, si sbraca, s'impoverisce negli armonici, perde rotondità, timbro, smalto. Tutto questo è, per così dire, pratica assai "comune" tra i soprani a cavallo tra '800 e '900, e non ne fu indenne nemmeno una stilista del calibro di Ester Mazzoleni. Sarei portato a credere che tutto ciò provocasse un accentuato "senso drammatico", d'una comunicativa certo immediata che, ascoltata oggi, può ripugnare al nostro orecchio ma, più d'un secolo fa non solo era ben accetta, ma obbligatoria. Altro aspetto peculiare caratterizzante questo tipo di soprano è il passaggio subitaneo e brusco dal registro acuto a quello grave, senza omogeneità e saldatura del suono tra le gamme. Si ascoltano dunque suoni acuti perfettamente "in avanti", squillanti, immascheratissimi, collegati bruscamente a un registro medio-grave totalmente aperto. È anche ciò che sovente si ascolta, a volte in maniera ancor più plateale, nelle incisioni di Eugenia Burzio. Dall'altra faccia della medaglia invece si trova un registro acuto esteso, squillante, pieno, risonante e perfettamente immascherato. La giusta copertura del suono nel registro acuto consente alla Corsi duttilità, morbidezza, legato, estensione, con una voce in natura enorme, "grande così !". È in grado d'attaccare piano il Si bemolle acuto nella cadenza dell'aria dal Ballo in Maschera, sostiene con facilità l'acuta tessitura dei "cieli azzurri", emette un portentoso Si bemolle in conclusione del "pace, pace mio Dio", tocca il Re bemolle acuto nella cadenza dell'aria del Trovatore, azzarda in taluni casi affascinanti "messe di voce" che, emesse da una simile voce, lasciano l'ascoltatore senza fiato. Altro aspetto che accomuna la vocalità di Emilia Corsi a Eugenia Burzio è il respiro, trasformato nei momenti drammatici quasi in singulto, caratterizzato spesso da una nevrosi tipica delle prime interpreti veriste. Certo, Emilia Corsi era inferiore alla Burzio sia per singolarità di timbro che nella personalità in generale. Se non altro, l'interprete è viva, partecipe, emotiva, insomma : almeno per ciò che mi concerne, la preferisco così, con le limitazioni del caso, a tutti i soprani d'oggi messi assieme. Ha qualcosa, un "quid", chiamato "personalità", che ormai è del tutto scomparso tra i cantanti d'oggi. facebook.com/groups/grandivocidelpassato/permalink/412238748947526/
@annamishchenko4353
@annamishchenko4353 4 года назад
Celestina Boninsegna!🥰❤️
@morizrosenthal4171
@morizrosenthal4171 8 лет назад
5:01 Casta Diva - Adalgisa Gabbi A sorprendere profondamente è l'incisione del brano della Norma, cantato con gusto insolitamente moderno e sostenuto da una linea tale da porla al di sopra di gran lunga della pur ben celebre incisione di Maria de Macchi. La voce si presenta eccezionale per corpo e squillo, omogenea tra i vari registri e notevolmente pieghevole. In particolare, è rimarchevole la capacità di legato e del portamento di voce nell'area della gamma acuta. D'altronde, soprano di stampo ottocentesco sia per tecnica che per temperamento, costruiva nella morbidezza d'emissione il cardine della sua vocalità. Se si pensa solo un istante a quanto fossero fischianti e mal riprese le voci femminili in disco, almeno fino al 1913, e penso alla voce di Guerrina Fabbri, o Eugenia Mantelli, o Adelina Patti, o Elena Theodorini, o alcune dive della generazione successiva, tipo Giannina Russ la quale, se è sbagliato definirla "fischiante" in disco, certamente non è fonogenica, la voce di Adalgisa Gabbi non solo è splendidamente catturata dal fonografo, ma appare anche sorretta da gusto moderno nel rispetto dei precetti tecnici e stilistici ottocenteschi, tanto da poter costituire un modello ancor oggi sia per gusto, stile e tecnica.
@adrianoariani2259
@adrianoariani2259 8 лет назад
La Casta Diva della Gabbi è rispettabilissima e cantata con gusto moderno. Ora, non possiamo dire noi se fosse completa o no vocalmente la sua Norma mancando la cabaletta, che è un duro banco di prova. Ma Gioconda e Cavalleria sono entusiasmanti. E non mi pare di fare il sofisticato. E ti dico, paragonandola alla casta diva della Russ, è proprio un'altra cosa, in favore della Gabbi, è chiaro. Poi trovi d'accordo che la Callas fino al 1952 e la Sutherland fino al '74 siano il punto di riferimento per l'interpretazione moderna di questo stile Io sento una grande voce emessa con grande morbidezza, con capacità di legato a ogni altezza. Questo per me è già abbastanza. La Russ risulta così in disco? Se non altro la Gabbi, in disco, è omogenea e emette suoni con morbidezza.
@bodiloto
@bodiloto 4 года назад
addio bel passato per sempre addio !
@belsoggiorno6316
@belsoggiorno6316 7 лет назад
C’era una volta l’opera. C’era una volta un tempo lontano in cui i direttori dei teatri sapevano che vi erano opere che potevano stare correntemente in repertorio ed essere rappresentate in teatri di prima e seconda categoria. Rigoletto ad esempio, si poteva dare alla Scala come a Pisa, perché anche cantanti di seconda categoria lo potevano eseguire. C’era un tempo in cui gli stessi direttori di teatro sapevano che, invece, altre opere come Norma erano talmente impegnative che si potevano rappresentare solo ed unicamente nei più grandi teatri del mondo e solo con dei fuoriclasse o se qualche fuoriclasse amava praticare la provincia oppure se qualche direttore di teatro dalle orecchie grandi si accorgeva di avere a che fare con un fuoriclasse in erba. C’era una volta il teatro d’opera, quello la cui prima legge era: canta ciò che sai cantare; metti in scena ciò per cui hai i cantanti. C’era una volta…
@Nacidodelmar
@Nacidodelmar 4 года назад
THIS IS FANTASTIC!
@medusa5789
@medusa5789 8 лет назад
Carlo Albani... Poco si conosce riguardo la carriera e la biografia in generale di Carlo Albani, enigmatico tenore nato a Trieste nel 1872, ma pare che anche questa data di nascita non sia proprio certa. Non è stato esattamente celebre ma, ancor oggi, è ricordato per lo squillo trascendentale e la gran quantità di dischi incisi per svariate etichette discografiche. Félia Litvinne rimase così colpita da lui tanto da citarlo nelle sue celeberrime memorie, scritte nel 1932, mettendo in riferimento la voce portentosa di cui disponeva. Dunque, nato a Trieste ai primissimi dei '70 d'800, padre e madre Italo-francesi, passò gran parte della giovinezza a Parigi, città nella quale studiò canto col famosissimo Enrico Delle Sedie, baritono livornese nato nel 1826, caro amico di Verdi e, successivamente, celeberrimo insegnante di canto a Parigi. La carriera la iniziò intorno al 1901, dapprima in Cile poi in Italia, ma quasi esclusivamente su piazze di secondaria importanza. La prima importante scrittura l'ebbe all'Opèra di Parigi nel 1910 come Radamès nell'Aida, ma la cosa, stando alle ricerche, non ebbe seguito e dunque, quest'Aida rimane l'unica presenza (fino a prova contraria) di Carlo Albani all'Opèra di Parigi. Gli anni '10 del '900 erano caratterizzati da grandi tenori in tutt'Europa, soprattutto in Francia e a Parigi, ove regnavano sovrani cantanti di forza leggendari: Leonce Escalaïs in primis, Mario Gillion, anch'egli d'origine Italo-francese e in possesso d'uno squillo trascendentale, Lucien Muratore, non proprio tenore di forza ma grande stilista e personalità artistica eccezionale e Charles Fontaine, tenore celeberrimo in Francia all'epoca e che ancor oggi gode d'una certa popolarità tra i collezionisti di dischi. Dunque, scenario difficile, questo, per Albani, il quale ripiegò in America, accettando un'importante scrittura presso la Manhattan Opera House nel 1908, debuttando nel Trovatore e riportando un successo strepitoso, assieme con Jeanne Jomelli, Eleonora de Cisneros e Nicolò Fosseta. Ad onta del successo, ci fu parte della critica che rimarcò il vibrato eccessivamente stretto, che poi era presente nella quasi totalità delle voci italiane francesi e spagnole,"difetto" questo particolarmente inviso agli americani, abituati com'erano ai nobilissimi timbri di Jean De Retzskè prima e di Caruso poi. Successivamente al Trovatore affrontò l'Ernani, ruolo in cui dovette misurarsi con Amedeo Bassi e Giovanni Zenatello, i quali all'epoca erano già importanti tenori "di cartello". Nel 1913, mente era ancora coperto dal contratto con la Manhattan Opera House, accettò la scrittura con la San Carlo Opera di Boston, importante centro operistico americano non di primaria importanza ma, non avendo rescisso in tempo il contratto con la precedente compagna operistica, ebbe un guaio giudiziario con l'impresario Hammerstein che lo citò in giudizio (pare che la citazione sia stata recapitata ad Albani proprio sul palco, durante lo svolgimento d'una rappresentazione e altre fonti hanno asserito pure che Albani fu arrestato durante il Trovatore!), guaio che procurò allo sprovveduto tenore il definitivo allontanamento dagli Usa. Tornato in Italia, si produsse esclusivamente in teatri di provincia, in taluni casi anche modesti, nel 1918 fu ancora Canio dei Pagliacci al Donizetti di Bergamo e la morte lo colse a Roma nel 1924, a soli cinquantatré anni. Altro non saprei riportare riguardo la sua biografia. Poco, molto poco in effetti. Sopravvive però un'ingente discografia che abbraccia svariate etichette discografiche dell'epoca. Ora, chiarendo immediatamente che non siamo innanzi un cantante di eccezionale statura artistica, in tempi - questi - in cui s'è persa quasi totalmente contezza della giusta emissione della voce e dell'ortodossia tecnica in generale, specialmente tra le voci maschili, ascoltare lo squillo, la spontaneità d'emissione, la limpidezza del suono e la vibrazione nelle incisioni di Carlo Albani costituisce, almeno per quel che mi concerne, un autentico balsamo. Il discorso riguardo le cosiddette "voci a tromba" impostato discutendo le incisioni di Oreste de Bernardi si potrebbe tranquillante estendere alle incisioni di Carlo Albani. Difatti, questi costituisce autentico fenomeno "da loggione" alla maniera dei primi trenta anni del '900, così come si concepiva in Italia e Spagna, tenori dunque in possesso di Si bemolli, Si naturali e sovente Do di petto folgoranti che infiammavano le platee, i loggioni e quant'altro, tenori che, soprattutto, vivevano la parte più fulgida delle loro carriere nei teatri di provincia italiani. E penso a Giuseppe Taccani, Giuseppe Armanini, Aroldo Lindi, Augusto Scampini, Rinaldo Grassi. Carlo Albani, perfezionato vocalmente da Enrico delle Sedie, baritono chiaro in stile "1850", è un esempio di "tenore di forza romantico", il cui tipo vocale s'identifica con una voce piuttosto chiara nel colore, specialmente nel medium, ma maschia, caratterizzata, timbrata che, salendo nella gamma acuta s'immaschera sempre più, gradatamente fino a giungere al Do come una vera e propria dinamite di suono, di brillantezza. È pacifico che tutto ciò non avrebbe precluso a codesti tenori morbidezza, capacità di legato a qualsiasi altezza, duttilità, facoltà nella "messa di voce". Purtroppo, le incisioni di Carlo Albani sono piuttosto alterne, ancorché numerosissime. Il difetto più grave che emerge è l'incoerenza ritmica, una certa trasandatezza musicale, una monotonia d'interprete in generale che, senza dubbio, gli hanno precluso la vera celebrità e la grande carriera. Colpiscono però l'imperturbabilità dello squillo, la brillantezza, la fermezza del suono e la facilità nel registro acuto. È in grado di legare con purezza, è notevolmente esteso, ha un certo slancio, brado ma efficace, in momenti di declamato, tipico dei tenori d'un tempo i quali, non so ormai da quanti decenni, debbano considerarsi "razza" totalmente scomparsa. A piena voce giunge fino al Re bemolle sovracuto, come dimostra l'incisione del terzetto del Trovatore, e il Do acuto di chiusura del duetto della Gioconda con il baritono Alfredo Costa, è portentoso. Non un grande tenore certo ma, quantomeno considerevole, questo sì, direi. facebook.com/groups/grandivocidelpassato/permalink/387875848050483/
@belcantopera
@belcantopera 7 лет назад
Albani... Un buon dilettantone dalla voce mossa....come mossa fu la sua vita sfortunata.
@medusa5789
@medusa5789 8 лет назад
5:01 Casta Diva - Adalgisa Gabbi... riascoltata oggi nelle sole 4 incisioni del 1903 sopravvissute, la voce sorprende particolarmente per lo squillo, la morbidezza e l'intensità di suono senza mostrare alcun segno di declino effettivo. La vicenda di Adalgisa Gabbi, più che altro, sorprende non poco. Bistrattata parecchio in Italia inizialmente, più che dal pubblico, dagli addetti ai lavori. E dunque : gl'impresari teatrali f.lli Corti, i quali le rescissero un contratto con la Scala nel 1882, Giulio Ricordi, Emanuele Muzio, e addirittura Giuseppe Verdi il quale, per lei, come traspare dall'epistolario, aveva scarsissima considerazione. A sorprendere non è proprio il fatto che fosse invisa a Verdi che poi, ed è notorio, aveva invisi non pochi cantanti, quanto il fatto che riascoltata oggi nelle sole 4 incisioni del 1903 sopravvissute, la voce sorprende particolarmente per lo squillo, la morbidezza e l'intensità di suono senza mostrare alcun segno di declino effettivo. Non è cosa da poco, anzi. Se si pensa solo un istante a quanto fossero fischianti e mal riprese le voci femminili in disco, almeno fino al 1913, e penso alla voce di Guerrina Fabbri, o Eugenia Mantelli, o Adelina Patti, o Elena Theodorini, o alcune dive della generazione successiva, tipo Giannina Russ la quale, se è sbagliato definirla "fischiante" in disco, certamente non è fonogenica, la voce di Adalgisa Gabbi non solo è splendidamente catturata dal fonografo, ma appare anche sorretta da gusto moderno nel rispetto dei precetti tecnici e stilistici ottocenteschi, tanto da poter costituire un modello ancor oggi sia per gusto, stile e tecnica. Nata a Parma il 3 maggio 1857 (e non 1847, come riportato da alcune fonti), a quattordici anni iniziò gli studi del canto a Bologna con maestro ignoto e li proseguì poi a Parma con Ludovico Spiga. Ma il suo vero maestro, sia per prestigio che per magistero tecnico fu Felice Varesi,con il quale la Gabbi pare abbia studiato un solo anno, nel 1875. Varesi, leggendario baritono verdiano, primo interprete di Rigoletto e Macbeth, era un altro della pleiade degli "invisi" a Verdi, e che probabilmente non godeva della stima incondizionata del compositore. Ma si faceva valere negli anni '70 d'800 come maestro di canto. Non credo abbia avuto difficoltà con Adalgisa Gabbi, data la sua naturale impostazione della voce e l'omogeneità della stessa. Il debutto non si fece attendere: nel 1876 a Lecco, in un opera all'epoca decisamente in voga: il Ruy Blas di Marchetti. Nonostante il successo lusinghiero ottenuto, la carriera si protrasse, almeno fino al 1879/80 in Francia, Spagna e l'Havana. Riapparve poi nel 1880 al Teatro Sociale di Trento in Aida, accanto a Battistini, d'un anno più vecchio di lei. Il primo vero successo lo riportò l'anno seguente nel 1881, sempre in Aida, diretta da Luigi Mancinelli al Teatro Comunale di Bologna. Un critico del Teatro Illustrato scrisse su di lei: "Aida di grande distinzione, sia in voce che nella scena". La voce era già notevolissima per l'omogeneità, l'estensione e lo squillo, tali da porla dopo soli pochi anni di carriera accanto ai migliori soprani drammatici "Falcon" della seconda metà d'800, come la Pantaleoni, la Ferni Germano o la Galletti Gianoli, la quale aveva in repertorio ruoli da soprano e mezzosoprano. Se da un lato, per la Gabbi, emergere in Aida e nelle parti scritte per la Stolz significava legare il nome alla celebrità duratura, dall'altro, per i teatri europei, la celebrità della Gabbi come soprano drammatico rappresentava la continuità degli allestimenti con le grandi rappresentazioni operistiche. Ma non fu facile. Ad onta della solidità tecnica di cui disponeva, alcune serate poteva rendere meno a causa del nervosismo. Una vicenda non poco contorta è indubbiamente la firma del contratto con la Scala nel 1882. Fu invitata dai Fratelli Corti a partecipare nella stagione del 1882 nel prestigioso teatro milanese, ma gl'impresari rescissero il contratto ancor prima ch'ella potesse iniziare la stagione. Il motivo, ancor oggi, è ignoto, ma non accantonerei l'ipotesi di qualche scarsa esibizione della Gabbi giunta all'orecchio dell'impresari. La Gabbi, danneggiata economicamente e moralmente, fu costretta a declinare l'offerta d'un contratto a Londra che le aveva offerto Mapleson. Dunque, intentò una causa contro la Scala chiedendo 60000 lire in risarcimento. Come si concluse la vicenda, non si sa. Ma destò non poco clamore, e il Teatro Illustrato, celebre rivista melodrammatica dell'epoca, se ne occupò diffusamente. Per circa due anni si produsse nell'America del Sud, tornando poi in Italia nel 1884, al Regio di Torino, negli Ugonotti, nei panni di Valentina, tipico ruolo Falcon. Nello stesso anno, al Dal Verme si cimentò nei Lituani di Ponchieilli, riportando un grande successo. Si sottolineò la sua perfetta aderenza al personaggio di Aldona, la ricchezza del registro grave e lo squillo dell'acuto. Negli anni '80 d'altronde , specialmente per i soprani e mezzosoprani Falcon, non aveva avuto luogo la distinzione netta tra ruoli tipicamente romantici e ruoli vicini alla vocalità del tardo romanticismo. Capitava con assiduità che una voce potesse emergere indistintamente sia in Norma che in Gioconda. Era il tempo di trovare la Desdemona per l'Otello in preparazione, nel 1886. La parte si sa, non presenta difficoltà tecniche trascendentali, ma Verdi non s'accontentava certo. La favorita era Romilda Pantaleoni, amante di Franco Faccio, il quale poi avrebbe diretto l'opera il 5 febbraio 1887 per la prima assoluta. Ma Verdi, dopo averla udita, non ne fu convito, e incaricò l'amico e suo editore Ricordi di cercare altrove. Così, per la prima volta venne in considerazione il nome di Adalgisa Gabbi, la quale poteva sorreggersi con i recenti successi in Aida e Lituani. Ma la scelta per la prima assoluta d'Otello, inevitabilmente ricadde sulla Pantaleoni, la quale indubbiamente beneficiava anche dell'amore che nutriva per lei Faccio, a sua volta intimo amico di Verdi. Ma non piacque soprattutto a Verdi. E già per la prima d'Otello a Parigi, il 2 aprile del 1887, il compositore voleva rimpiazzarla per evitare una catastrofe. La Gabbi subentrò successivamente alla Pantaleoni per la prima al Costanzi, il 16 aprile, ma Verdi rimase soddisfatto di tutti, tranne che di lei. In una lettera a Ricordi, scrive di preferirle senza alcun dubbio la Ferni e la Borghi Mamo. La Gabbi viene definita da Verdi senza mezzi termini: "cattiva Desdemona". Intanto, rimanendo la Nostra l'unica scelta per il prosieguo dell'Otello nei più importanti teatri della penisola, viene contattata per la prima veneziana il 17 maggio 1887, accanto a Tamagno e Maurel, sotto la direzione di Faccio. Ad onta della bassissima stima che Verdi aveva di lei, il successo, per la Gabbi fu strepitoso. L'"ave Maria" fu bissata e la critica ne esaltò la voce e la recitazione. L'11 agosto sempre del 1887, l'Otello si diede al Teatro Grande di Brescia, il quale all'epoca vantava notevole rinomanza, e la Gabbi si produsse accanto a Oxilia (il quale sostituiva Tamagno) e Maurel.
@medusa5789
@medusa5789 8 лет назад
Un critico rimarcò la potenza della voce della Gabbi. Ricordi, il quale era presente alle rappresentazioni di Brescia, scrisse questo a Verdi: "la Gabbi inizia il primo atto un po' freddamente, negli altri diventa eccellente specialmente nel quartetto del secondo atto e nell'ultimo atto". Ma per la Gabbi il successo, in definitiva, fu quasi travolgente, tanto da legare l'inizio della propria celebrità al personaggio di Desdemona. Tutto ciò le valse una copertina nel Teatro Illustrato del settembre 1887, in cui la sua foto campeggiava in primissima pagina. E la critica sempre rimarcava maggiormente lo squillo e la potenza delle note acute. Ormai era assurta a celebrità autentica, e veniva equiparata ai maggiori soprani drammatici della seconda metà dell'ottocento. Nel 1887 inizia una lunga collaborazione con San Carlo di Napoli, Teatro con cui instaurò un sodalizio duraturo, e il cui pubblico dimostrò di amarla pienamente. Il 21 dicembre del 1887 inizia con 16 rappresentazioni del Don Carlo nel ruolo di Elisabetta, altro ruolo scritto per la Stolz, amante di Verdi e soprano di forza tra i maggiori di tutto il secolo. Il 4 febbraio del 1888 al San Carlo si rappresentò Otello, la Gabbi cantò insieme a Tamagno e Kaschmann. Melchiorre Delfico, caro amico di Verdi, scrisse :"Tamagno, Kaschmann e la Gabbi, tutti artisti insuperabili!". Nel febbraio e marzo successivi si produsse nel Faust e negli Ugonotti accanto a Francesco Marconi, all'epoca tenore di eccezionali risorse e tra le più complete voci tenorili apparse tra il 1875 e il 1890. Nel frattempo, il 13 marzo 1889 iniziò ad introdurre Tannhäuser nel suo repertorio, al quale seguì Maestri Cantori nel dicembre 1889 alla Scala. Nel 1890 si imbarcò per l'Argentina con la compagnia che includeva i migliori cantanti di tutto il mondo: Tamagno, De Lucia, De Marchi, Maurel, Kaschmann, Navarrini e Wulman. Poteva alternare Mefistofele, Ugonotti a Isotta, Leonora del Trovatore e Elisabetta del Don Carlo. Nel 1892 si ripresentò al San Carlo negli Ugonotti assieme a Francesco Marconi. Nell'inverno 1895/96 cantò a San Pietroburgo Gioconda, assieme a De Lucia e Battistini, Trovatore con Tamagno. E certamente, il ruolo di Gioconda le calzava pienamente per vocalità e temperamento. Continuò la carriera fino all'ultima esibizione in un'opera, sempre Gioconda a Genova, nell'ottobre 1901. Lascia ai posteri una quindicina di facciate incise tutte nel 1903 per la Pathè e la Gramophone, delle quali solamente quattro sopravvissute. La voce si presenta eccezionale per corpo e squillo, omogenea tra i vari registri e notevolmente pieghevole. In particolare, è rimarchevole la capacità di legato e del portamento di voce nell'area della gamma acuta. D'altronde, soprano di stampo ottocentesco sia per tecnica che per temperamento, costruiva nella morbidezza d'emissione il cardine della sua vocalità. Nel 1890 riscosse grande successo a Palermo con Cavalleria Rusticana accanto al celebre Fernando Valero, e l'incisione dell'aria di Santuzza è tutta basata in una linea di autentico bel canto, soprattutto per quella morbidezza nell'emissione degli acuti sconosciuta alla gen parte dei soprani veristi della generazione successiva. Ma a sorprendere profondamente è l'incisione del brano della Norma, cantato con gusto insolitamente moderno e sostenuto da una linea tale da porla al di sopra di gran lunga della pur ben celebre incisione di Maria de Macchi. Il "suicidio" della Gioconda rivela l'ampiezza del registro grave, confermando ancor una volta l'appartenenza della Gabbi al tipo vocale "Falcon". Aveva sposato un industriale milanese molto ricco, e dal 1902 abitava in una villa situata nel lago maggiore. Nel 1902 partecipò ad un concerto a Sanremo, insieme a Francesco Tamagno. A Buenos Aires volevano riaverla a tutti i costi offrendole cifre da capogiro, ma lei declinò sempre. Dovette però subire il lutto grave della perdita dell'unico figlio, il quale soccombette a un bombardamento durante la prima guerra mondiale. Adalgisa Gabbi morì nella casa di riposo Verdi di Milano il 16 dicembre 1933.
@adrianoariani2259
@adrianoariani2259 7 лет назад
Io la trovo quasi entusiasmante. Anzitutto ascoltare una voce così antica (classe 1857) e fonogenica ha per me un sapore quasi unico, soprattutto se penso alle fischianti voci femminili di primo '900. L'anno prima di questa incisione la Gabbi si produsse in un concerto con Tamagno (non so se mi spiego), ma la carriera l'aveva già terminata da un po'. Ha una voce omogenea, piena, squillante, vibrante. Sa legare, sa smorzare (hai ascoltato l'aria dei Lombardi e la smorzatura su La naturale acuto? Da brivido), sa cantare con squillo nella morbidezza dell'emissione, e gli acuti li trovo superbi. Dei problemi di solfeggio francamente non m'interessa molto, pochissimi cantanti dell'epoca risultano essere migliori di lei come quadratura musicale. Inoltre, la sua storia s'avvolge d'una coltre di mistero che mi affascina. Verdi inizialmente la ripudiava ma dopo l'Otello di Parma del 1887 le portò i fiori in dono. Credo si ravvide. Affasciante è poi la storia delle sue incisioni e di quelle realizzate dalla sorella Leonilda. Probabilmente s'ascolta il medesimo soprano... O forse no. Comunque sia, storia straordinariamente affascinante.
@belcantopera
@belcantopera 7 лет назад
Gianluigi Cortecci "Probabilmente si tratta della stessa voce che si ascolta sia dai dischi attribuiti a Leonilda che dai dischi attribuiti ad Adalgisa, è una questione controversa. I dischi attribuiti ad Adalgisa, per lo più Zonophone, riportano genericamente nell'etichetta questa dicitura: "signora Gabbi", senza specificare il nome. ... "Signora Gabbi" ha un'attribuzione ambigua e cioè può essere associato sia a Leonilda che ad Adalgisa. Come se non bastasse, anche il più celebre disco di Adalgisa, "casta diva", riporta le stesse legature che si odono nell'incisione di Leonilda. Tutto ciò, dunque, ha indotto un accanito collezionista americano a reputare che con ogni probabilità Adalgisa mai incise dischi e che il misterioso soprano che si ode nei dischi recanti sia "Leonilda Paini" che "signora Gabbi" non si tratti d'altri che di Leonilda e questa è una teoria di cui mi sono anch'io convito e che sento di avallare in pieno. Entrambe furono soprani drammatici all'antica. In disco, Leonilda mostra segni di declino, la voce a tratti risulta malferma e dal registro grave si desidererebbe maggiore corpo. Ma lo squillo, la morbidezza con cui vengono ghermiti certi acuti mi ha sempre colpito. Inoltre, indubbie qualità interpretative emergono sia dal repertorio romantico che da quello delle nuove opere. Il suo "casta diva" è un'esecuzione stilisticamente e vocalmente a tutt'oggi esemplare e non datata. Non male direi, per un soprano nato nel 1863. Mi auguro di essermi spiegato nel migliore dei modi."
@medusa5789
@medusa5789 8 лет назад
Fausto Castellani... Tenore romano dell'epoca di Francesco Signorini, con cui condivide alcune analogie di timbro e di tipo vocale, ma più limitato nel registro acuto:
@arbiterveritatis1063
@arbiterveritatis1063 5 лет назад
Norma and Anna Bolena are "hybrids." They require a prima donna assoluta. That is why, I suppose, i am rarely happy with the sopranos who attempt the role of Norma. They have failings either in flexibility or in dramatic vocal weight.
@belcantopera
@belcantopera 5 лет назад
Norma requires a "soprano drammatico d'agilità"
@Tkimba2
@Tkimba2 4 года назад
@@belcantopera soprano sfogato sarebbe meglio dire. La Pasta aveva già fatto una carriera da Contralto prima di Norma. Idem la Malibran.
@Shahrdad
@Shahrdad Месяц назад
Boninsegna was much more of a verismo rather than bel canto singer. She never had much of a coloratura technique, and if you listen to her sing D'amor sul ali, she couldn't even sing a single one of the many written trills. I bet she was a great Santuzza and would have been good in late Verdi operas as well.
@belcantopera
@belcantopera 8 лет назад
Norma, non scordiamolo, tra sé e sé, parlava ben altro che alla divinità... Difatti, appena disgiunte le mani (manette per Pollione!), sbotta in un privatissimo "Deh, bello, a me ritorna" tutt'affatto estraneo al ... De bello gallico e con tanto di accento su quel "bello" che la dice tutta sulla donna Norma, più di quella invocazione alla luna appena precedente. Manca l'aulicità, manca l'intimo dialogo con la divinità? Manca l'incanto? In altri termini manca la poesia? (È logico che le lezioni della Callas e della Sutherland hanno cambiato una prassi e un gusto secolare.) 5:01 Casta Diva - La GABBI è una delle poche a non puntare i La acuti ribattuti. Poi, incise dischi nel 1903, a due anni dal ritiro dalle scene e quarantasei d'età, in perfetta forma. Mi chiedo: che cosa dev'essere stato questo soprano ai primi degli anni '80? Il suo "Suicidio! " del 1903 è di una bellezza quasi fosforescente nella espansione degli acuti squillanti, che più salgono, e più diventano tondi, corposi, turgidi...a differenza di una Russ che è quasi sempre miagolante lassù,nelle alte vette. Peccato solo che questa drammaticissima resa vocale della Gioconda (forse per motivi di riversamento tecnico dovuto a tempi da rispettare nella facciata del disco), sia qua e là rimaneggiata in un paio di battute.
@adrianoariani2259
@adrianoariani2259 7 лет назад
Io la Gabbi la trovo quasi entusiasmante. Anzitutto ascoltare una voce così antica (classe 1857) e fonogenica ha per me un sapore quasi unico, soprattutto se penso alle fischianti voci femminili di primo '900. L'anno prima di questa incisione la Gabbi si produsse in un concerto con Tamagno (non so se mi spiego), ma la carriera l'aveva già terminata da un po'. Ha una voce omogenea, piena, squillante, vibrante. Sa legare, sa smorzare (hai ascoltato l'aria dei Lombardi e la smorzatura su La naturale acuto? Da brivido), sa cantare con squillo nella morbidezza dell'emissione, e gli acuti li trovo superbi. Dei problemi di solfeggio francamente non m'interessa molto, pochissimi cantanti dell'epoca risultano essere migliori di lei come quadratura musicale. Inoltre, la sua storia s'avvolge d'una coltre di mistero che mi affascina. Verdi inizialmente la ripudiava ma dopo l'Otello di Parma del 1887 le portò i fiori in dono. Credo si ravvide. Affasciante è poi la storia delle sue incisioni e di quelle realizzate dalla sorella Leonilda. Probabilmente s'ascolta il medesimo soprano... O forse no. Comunque sia, storia straordinariamente affascinante.
@adrianoariani2259
@adrianoariani2259 7 лет назад
7:19 Ah! bello, a me ritorna - Giannina Russ, nonostante una voce non pienamente fonogenica e non sempre propriamente riuscita in disco, ho sempre trovata un grande esempio d'un soprano "d'antica scuola", con una voce ampia, fluente "in avanti" e ben modulata. Alcuni brani della Norma, Aida e Forza del destino incisi da lei sono, al mio avviso, da considerare esemplari, e la trovo veramente sorprendente per la nitidezza delle agilità, sicurezza della linea ed ampiezza e risonanza della voce, dovuta, certamente, al perfetto controllo dell'emissione pienamente appoggiata "nella maschera".
@belcantopera
@belcantopera 7 лет назад
La Mazzoleni era affetta da vibrato stretto, è vero, e i suoi dischi denunciano quà e là inflessioni caprine, ma l'ampiezza delle sue vibrazione, soprattutto negli acuti, è entusiasmante
@medusa5789
@medusa5789 7 лет назад
Muore a Palermo (Sicilia) il 17 maggio 1982, il soprano ESTER MAZZOLENI. Era nata a Sebenico il 12 marzo 1883. Dopo gli studi col soprano Amelia Pinto, esordì ne "Il trovatore" nel 1906 al Teatro dell'Opera di Roma dove il 24 marzo è Rachele ne "L'ebrea" diretta da Rodolfo Ferrari. Nel 1907 è Loreley nel opera omologa di Alfredo Catalani diretta da Cleofonte Campanini con Mansueto Gaudio al Teatro Regio di Parma. La sua carriera fu eccezionale, esordendo nel 1908 come Regina Isabella in "Cristoforo Colombo" dil compositore Alberto Franchetti diretta da Arturo Toscanini alla Scala di Milano seguita da Leonora de "La forza del destino" diretta da Toscanini, dopo Giulia ne "La Vestale" di Gaspare Spontini con il tenore Emilio De Marchi, Riccardo Stracciari e Nazzareno De Angelis Sempre alla Scala cantò alla prima esecuzione italiana della "Medea" di Luigi Cherubini con De Angelis, il 30 dicembre 1909. Nel suo repertorio vi furono anche personaggi molto differenti, come Isotta e NORMA cantata nel 1910 diretta da Ferrari al Teatro Comunale di Bologna e nel 1912 al Teatro La Fenice di Venezia dove nello stesso anno è Elisabetta di Valois in "Don Carlo" diretta da Ferrari con Carlo Galeffi. Celebre rimane la sua "Aida" diretta da Tullio Serafin con Giovanni Zenatello, Maria Gay, Mansueto Gaudio e Giuseppe Danise, in occasione dell'apertura dell'Arena di Verona nel 1913. Ester Mazzoleni tornò acclamatissima nella città scaligera in occasione del cinquantenario dell'evento. Sempre nel 1913 diretta da Ferrari a Bologna è una giovanetta nella prima di "L'amore dei tre re" con Giulio Crimi e Giselda ne "I Lombardi alla prima crociata" con Edoardo Garbin. Nel Teatro Colon di Buenos Aires ha cantato Gioconda, "La Vestale" nel 1910 e ha debuttato nel 1919 la "Suor Angelica" e Isabella di "Cristoforo Colombo". Ha cantato a Lisbona, Madrid, Montevideo, Il Cairo, Bergamo, Trieste, Torino, Bologna e altri teatri peninsulari. Altri ruoli importanti sono stati, Trovatore, Cavalleria rusticana, Siberia, Tosca, Un ballo in maschera, Don Carlo (Elisabetta di Valois), Ernani (Elvira), Traviata (Violetta) e Lucrezia Borgia.
@purisermonisamator
@purisermonisamator Год назад
Подборка прекрасная, но весьма неполная, что, видимо, объясняется наличием иных компиляций. Нет ни арии Адальджизы, ни её дуэтов с нормой, ни трио из 1 акта ни одной арии Оровезо. Нет многих выдающихся исполнителей партий оперы. Но спасибо за имеющееся.
@Tkimba2
@Tkimba2 4 года назад
La Gabbi interessante per l accento ma poco intonata. E poi quegli attacchi così forzati e privi di poesia, la cadenza fatta alla... Bah