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Yogananda: Perchè Dio ci lascia soffrire? Ramana Maharshi risponde 

Ispirazione e meditazione... by Alberto Dessi
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Perchè Dio permette la sofferenza?
Approcci differenti tra Yogananda e Ramahana
Questa breve conversazione tra Yogananda e Ramana Maharshi affronta un concetto centrale nelle filosofie orientali, in particolare nel Vedanta e nell'Advaita Vedanta, che riguarda la natura della sofferenza e la sua relazione con l'identità individuale.
Yogananda chiede a Ramana Maharshi perché debba esserci la sofferenza, implicitamente suggerendo che la sofferenza sia una condizione inevitabile o necessaria nella vita. La risposta di Ramana, "Chi soffre? Cos'è la sofferenza?", è profondamente illuminante.
"Chi soffre?": Ramana invita Yogananda a indagare sulla natura di colui che sperimenta la sofferenza. Nell'Advaita Vedanta, l'individualità è considerata un'illusione, e la sofferenza è spesso associata all'identificazione con il corpo, la mente e le emozioni. La domanda "Chi soffre?" suggerisce che la sofferenza può essere collegata all'illusione dell'identità individuale, che è separata dalla consapevolezza universale o dalla realtà ultima.
"Cos'è la sofferenza?": Questa domanda invita a esaminare la natura della sofferenza stessa. Nell'Advaita Vedanta, la sofferenza è considerata una conseguenza dell'attaccamento agli oggetti transitori e dell'identificazione con il mondo fenomenico. È vista come un'illusione che sorge quando ci si identifica con il corpo, la mente e il mondo esterno, piuttosto che con la consapevolezza infinita e senza forma.
La risposta di Ramana suggerisce che la sofferenza ha origine dall'identificazione con l'ego, che è illusorio secondo la visione dell'Advaita Vedanta. Se si comprende veramente la propria natura essenziale come consapevolezza universale, al di là del corpo e della mente, allora la sofferenza cessa, poiché non c'è più un "chi" separato che possa soffrire.
In breve, Ramana invita Yogananda (e chiunque ascolti o legga questa conversazione) a guardare oltre l'illusione dell'individualità e a realizzare la vera natura della realtà, dove non c'è né sofferenza né colui che soffre.
Yogananda aveva a cuore la sofferenza dell'uomo e il suo interrogativo sgorgava dal cuore di colui che vuole fare da ponte tra l'uomo con tutte le sue sofferenze e Dio.
Vuole avvicinare l'uomo a Dio.
Ramahana che incarna la sofferenza, aveva il cancro ad uno stadio avanzato, parte da un livello differente ossia dal fatto che non ci possiamo identificare col corpo, esso è uno strumento della nostra consapevolezza, ma non possiamo identificarci con la macchina...
Chi soffre?
Yogananda❤️ è compassione pura.... abbraccia la nostra stessa passione (cum passione), non ci vuole lasciare neppure un momento senza strumenti... e li trova nello Yoga e nella religione.
Dalla sofferenza pura non è facile emergere.... ma una volta superata la sofferenza allora si passa allo step successivo...ossia al distacco dalla persona!

Опубликовано:

 

1 окт 2024

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Комментарии : 7   
@francescasideri6493
@francescasideri6493 4 месяца назад
La sofferenza è difficile da accettare...sempre... Da li ....da uello spazio . di insofferenza...si è costretti a lavorare...per forza😔
@albertodessi2711
@albertodessi2711 4 месяца назад
Si è così...quando non lavoriamo su certe cose nostre, si certi blocchi... è la vita che ci costringe a farlo
@robertonoferi6928
@robertonoferi6928 4 месяца назад
Ci siamo rotti veramente le scatole....
@albertodessi2711
@albertodessi2711 4 месяца назад
Penso che la sofferenza sia un mistero e Yogananda... cerca di trovare dei rimedi alla sofferenza. Non accetta la sofferenza così com'è e la trasforma in una leva per la crescita spirituale che poi porterà alla guarigione... Quando uno soffre si chiede sempre quando finirà tutto ciò? A livello mentale... Yogananda diceva... considerate la malattia come un ospite indesiderato, riconosceva la presenza della malattia però suggeriva di non identificarsi completamente, mantenendo una prospettiva di distacco e di osservazione. La malattia è qualcosa che accade al corpo, non è la propria identità. Mantenere questa distinzione è cruciale per non lasciarsi sopraffare dalla sofferenza. Chi affronta le battaglie... spesso si sente solo anche se la famiglia gli sta vicino... però quando si è stretti all'angolo, da un punto bisogna iniziare.... occorre riprendere fiato... iniziare dalle piccole cose... non chiudersi e ri-iniziare ad utilizzare quel muscolo che si chiama motivazione... Motivarsi all'azione: prima cosa è fondamentale accettare il presente per quello che è. Spesso, resistiamo alla realtà della nostra situazione, ma questa resistenza può aumentare la nostra sofferenza. Accettare non significa arrendersi, ma riconoscere dove ci troviamo in questo momento e capire che, da qui, possiamo iniziare a costruire la nostra strada verso la guarigione. Ogni giorno dobbiamo fare un piccolo passo verso il miglioramento, senza tentennare, si va verso quella strada...i risultati non arriveranno subito ma arriveranno. Possiamo fare un piccolo passo, anche se sembra insignificante, verso il miglioramento. Ogni respiro che prendiamo, ogni azione che compiamo, può essere un atto di guarigione. Concentriamoci su ciò che possiamo fare adesso, in questo momento. Una storia: un gruppo di auto aiuto sulla sofferenza era guidato da Norman Vincent Peale, un motivatore e prete ortodosso. Un giorno chiese ad ogni partecipante di scrivere nel dettaglio la propria malattia o la propria sofferenza... ma nessuno doveva parlare del proprio stato. Alcuni erano malconci, altri sembravano sorridenti e non sembravano gran ché sofferenti. I loro sguardi si incrociavano. Poi il Conferenziere, motivatore e gestore del gruppo dice: "Bene, ora datemi quel foglio e lo mettiamo dentro questa scatola e la chiudiamo. Ora vi chiedo: "immaginate che adesso ognuno di voi ripeschi una sofferenza a caso di questa scatola e che l'anima vi attribuisca la malattia o sofferenza che che avete estratto" Voi accettereste il verdetto di una sofferenza estratta a sorte? Tutti, proprio tutti... hanno detto in coro:"No" Nessuno sa quanto soffre l'altro... ci sono sofferenze subdole che si celano dietro bei sorrisi di circostanza o di lotta. Partite dalla vostra situazione... lavorate sul cambiamento di questo disequilibrio e vedrete risultati.
@gabriellabruno3495
@gabriellabruno3495 4 месяца назад
Qualcuno mi sa dire perché Ramana Maharchi era sempre in mutande?
@albertodessi2711
@albertodessi2711 4 месяца назад
@@gabriellabruno3495 Ramana Maharshi praticava e insegnava una vita di semplicità e distacco dai beni materiali. Indossare abiti minimali rifletteva questa scelta di vivere senza eccessi e mantenere una connessione profonda con l’essenziale.Nell'India tradizionale, molti asceti e saggi, seguendo le vie del sannyasa (rinuncia), abbandonavano abiti convenzionali per indossare solo un pezzo di stoffa minimale. Questo rappresentava il loro distacco dal mondo materiale e il loro impegno verso una vita di meditazione e ricerca spirituale.
@quintomontori6939
@quintomontori6939 4 месяца назад
E na merda..chiaro?
Далее
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