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“Gli eterni e il nulla: il pensiero del filosofo Emanuele Severino" 

Upad
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Accademia del Dialogo Interculturale UPAD
Presenta Gianni Lanzinger
“Gli eterni e il nulla: il pensiero del filosofo Emanuele Severino anticipa il futuro della supremazia della tecnica sulla nostra civiltà”.
Andrea Felis dialoga con Salvatore Natoli

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29 авг 2024

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Комментарии : 26   
@enrico3285439445
@enrico3285439445 2 года назад
grandissimo narratore l'allievo di severino e quindi chiarissimo maestro
@massimo80658
@massimo80658 2 года назад
splendido video. grazie
@paolomagherini4347
@paolomagherini4347 9 месяцев назад
Natoli spiega con una totale chiarezza la filosofia severiniana, ontologia e tecnica.
@grazbetrut1303
@grazbetrut1303 Год назад
qualcosa di sublime....
@evamarchi148
@evamarchi148 Год назад
Illuminante
@enricof27
@enricof27 2 года назад
Grazie
@ermannovergani3574
@ermannovergani3574 2 года назад
L'auto-confutazione in cui s'imbatte Severino può essere mostrata a partire dalla comprensione dell'astrattezza dell'identità dell'esser-sé immutabile così come Severino la intende dalla quale discende un'idea astratta del mutare dell'essere del quale egli ritiene di aver mostrato inconfutabilmente l'impossibilità. La totalità delle identità-differenze sincroniche (= non diacroniche = simultanee) che è ed appare nella dimensione che Severino chiama "apparire infinito" (cioè nella verità dell'essere dove tutte le contraddizioni sono risolte) si dimostra infatti insufficiente a determinare in modo esaustivo l'essere e l'apparire degli essenti entro la dimensione che Severino chiama "apparire finito". In sostanza, la relazione tra finito e infinito così come è stata posta da Severino presenta ancora un residuo nichilistico che, se non viene debitamente corretto, determina la nullificazione dell'esser-sé della determinatezza di ogni differenza diacronica ( = processuale = non simultanea). Se seguiamo Severino infatti mi sembra inevitabile imbattersi nel problema di doversi limitare ad affermare il mero APPARIRE della determinatezza di ogni differenza diacronica, senza riuscire ad affermare (come necessario) anche l'ESSERE della determinatezza di ogni differenza diacronica, ossia di ogni specifica diacronia, ossia di ogni nesso ontologico che correla il prima al poi. Sono d'accordo con Severino che l'interpretazione del divenire come "diventare altro" sia una cattiva interpretazione, ma allo stesso tempo se vogliamo comprendere a fondo il divenire non basta fermarsi a mostrare l'incontraddittorietà della totalità delle differenze sincroniche. La rimozione di valenza ontologica al divenire (perché essa costituirebbe l'affermazione del "diventare altro" dell'essente) implica a mio avviso di porre l'identità dei non identici in quanto l'esser-sé dell'«apparire non più / non ancora» viene ad essere identificato all'esser-sé del «non apparire» simpliciter cioè prescindente dalla determinatezza della specifica diacronia del poi rispetto al prima e del prima rispetto al poi. Se l'esser sé diveniente viene annullato allora il "non più" e il "non ancora" non hanno più alcuna consistenza ontologica, sì che l'esser sé di qualcosa che "non appare" è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare ancora" ed è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare più". Si può ricorrere alla seguente formulazione: (1): [A = x(t-1) - x(t)] = [x(t-1) - x(t) = A] la quale esprime l'esser sé dell'apparire della differenza diacronica determinata del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1). Severino, come è noto, nega consistenza ontologica alla determinatezza dell'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e dell'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima in quanto nell'apparire infinito nulla può sopraggiungere in quanto in esso tutto è già da sempre ed eternamente. La situazione prospettata da Severino nell'apparire infinito può essere indicata mediante la formula che esprime l'esser-sé dell'apparire prescindente da ogni riferimento al tempo (t), ossia eliminando dalla (1) l'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e l'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima, o, che esprime in altri termini l'esser-sé dell'apparire del «non apparire simpliciter» di un determinato processo diacronico, nel modo seguente: (2) [A = x] = [x = A] Ora: per Severino, la "differenza di essere" della (1) dalla (2) non può sussistere in quanto tra la (1) e la (2) può sussistere SOLTANTO UNA DIFFERENZA DI APPARIRE. Infatti nella (2) la soppressione della "t" che compariva nella (1) sta a indicare che la processualità diacronica nell'orizzonte immutabile dell'apparire infinito non soltanto non deve apparire, ma soprattutto deve essere priva di consistenza ontologica in quanto è necessario che nell'infinito sia nulla la differenza DIACRONICA tra ciò che non appare ancora e ciò che non appare più, laddove invece la (1) esprime l'esser sé dell'apparire della determinatezza del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1). Alla luce delle considerazioni svolte si comprende perché l'ontologia severiniana sia impossibilitata a porre nell'apparire infinito la distinzione tra la (1) e la (2) che QUANTO AL LORO ESSERE consistono nel medesimo, proprio in virtù del senso dell'immutabilità dell'identità severiniana che è del tutto indifferente al tempo, non essendo riconosciuta al divenire (in quanto diacronia) alcuna concreta consistenza ontologica, ma solo il suo apparire astratto nel finito. Per ricorrere ad un esempio che era assai caro al maestro Severino, poniamo che la (1) si riferisca all'esser sé dell'apparire (A) del differire diacronico determinato tra la legna x(t-1) e la cenere x(t) che conviene alla determinazione del processo di combustione (x) considerato. Sì che la (1) significa l'esser sé dell'apparire (A) della differenza diacronica fra il «non apparire più» di ciò che alla legna conveniva PRIMA del sopraggiungere della cenere e il «non apparire ancora» della cenere che alla legna converrà DOPO il suo essere sopraggiunta alla legna. La (2) significa l'esser sé dell'apparire (A) del «non apparire simpliciter» del processo di combustione (x). Stante il senso dell'identità severiniana che si riferisce all'essere immutabile (non diveniente nel tempo) nell'apparire infinito non è consentita ALCUNA DIFFERENZA DI ESSERE tra la (1) e la (2) che quindi sono il medesimo. Stante inoltre che nell'apparire infinito essere ed apparire sono il medesimo, ne segue che l'interpretazione non nichilistica del divenire, da ultimo, per Severino deve concludere non soltanto che l'essere-sé diveniente non appare, ma che propriamente non è. Questa conclusione tuttavia si regge sull'insolubile aporia in cui si chiude l'ontologia severiniana, poiché essa, da un lato, non può negare l'apparire del divenire processuale e, dall'altro, in quanto esso è necessariamente un nulla ontologico, a rigore, non potrebbe neppure venire affermato come apparire del divenire processuale, in quanto è lo stesso Severino a sostenere (in Essenza del Nichilismo) che il nulla non può apparire. Concludendo, Severino non riesce a porre la negazione di valenza ontologica al divenire poiché tale negazione subisce la sorte di auto-negarsi per via di confutazione elenctica, stante la necessità che ad apparire sia sempre ed inevitabilmente un esser-sé e quindi tale negazione si auto toglie in quanto negazione della necessità che il sopraggiungente includa l'esser sé che compete alla propria determinatezza diacronica (= diveniente).
@kelevra571
@kelevra571 2 года назад
" Infatti nella (2) la soppressione della "t" che compariva nella (1) sta a indicare che la processualità diacronica nell'orizzonte immutabile dell'apparire infinito non soltanto non deve apparire" E invece no, la processualità diacronica nell'apparire infinito DEVE apparire, solo che appare INSIEME al suo oltrepassamento, e così via. La contraddizione C è il toglimento infinito della contraddizione infinitamente in atto. Non è che nell'apparire infinito non appare il processo di combustione (che sennò si annulerebbe); appare la combustione ma appare insieme al toglimento della sua contraddizione nichilistica. La parte (combustione) continua ad apparire in relazione al tutto. L'errore diacronico continua ad apparire concretamente insieme alla sua negazione sincronica. Non appare verità senza errore. In sostanza non è che nell'apparire infinito non appare il processo di combustione , come lei ha frainteso, ma appare INFINITAMENTE.
@ermannovergani3574
@ermannovergani3574 2 года назад
@@kelevra571 Il rilievo da lei sollevato non risolve l'aporia da me segnalata: l'apparire infinito a cui si riferisce Severino coincide con l'essere infinito e quindi in esso è impossibile che possa apparire la processualità poiché nell'apparire infinito nulla può sopraggiungere quindi delle due l'una: aut anche l'apparire infinito è processuale e allora il divenire (la processualità = la diacronia) ha valenza ontologica (ma questo non è ciò che Severino sostiene), aut, come Severino sostiene, l'apparire infinito (= l'essere infinito) non è processuale pertanto il divenire è privo di valenza ontologica.
@kelevra571
@kelevra571 2 года назад
​@@ermannovergani3574 Non vi è contraddizione perchè non è rispetto all'apparire infinito che appare la processualità, ma è bensì la processualità dell'apparire FINITO che continua ad apparire nella dimensione infinita in modo FORMALE. L'apparire infinito concreto è l'apparire formale della dimensione finita. Così come l'apparire finito concreto è l'apparire formale della dimensione infinita della totalità( ossia l'apparire della mera necessità dell'esistenza di ciò che in esso non può concretamente apparire)
@ermannovergani3574
@ermannovergani3574 2 года назад
​@@kelevra571 Se lei ritiene che l'aporia da me segnalata possa risolversi ricorrendo al concetto di "apparire formale" le chiedo di fornire la definizione precisa di "apparire formale" a cui ricorre Severino non essendo qui in discussione ciò che lei ritiene debba intendersi per "apparire formale".
@follenticarlo4602
@follenticarlo4602 7 месяцев назад
In Severino si esprime in tutta la sua evidenza la differenza tra la parola e la cosa.
@massimo80658
@massimo80658 2 года назад
ho letto svariati testi di Natoli, ma non quello in cui individua un'incrinatura della teoresi severiniana. sareste cosi' gentili da indicarmelo?
@upad2265
@upad2265 2 года назад
Abbiamo girato la domanda al prof. Natoli. Ci risponde che nel video non fa riferimento ad un suo testo specifico su Severino, che in vari suoi scritti si possono rintracciare critiche emerse esplicitamente in conversazioni private.
@campcamp1583
@campcamp1583 2 года назад
@@upad2265 Peccato sia poco agevole rintracciare le critiche del prof. Natoli al discorso di Severino. Sarebbe stato interessante cogliere quali sono le crepe (imagino inedite rispetto a quelle che altri hanno ritenuto, a torto o a ragione, di individuare) che, a suo parere, anche se questa espressione in filosofia ha poca pertinenza, riescono a mettere in questione un discorso che si pretende incontrovertibile.
@massimo80658
@massimo80658 11 месяцев назад
@@upad2265 molte grazie, ma sono davvero stanco di sentire da decenni argomentazioni emerse da dibattiti o conversazioni private. una volta conobbi un filosofo italiano che sosteneva che Foucault avrebbe detto "i soli uomini degni di questo nome sono in carcere" alla domanda "ma dove lo scrive?" rispose di averlo sentito ad convegno per pochi e selezionati. perche' Natoli non ci mette al corrente della sua critica o meglio incrinatura. varrebbe la pena di perderci ore. a mio avviso.
@massimo80658
@massimo80658 11 месяцев назад
@@campcamp1583 Natoli ci potrebbe dare una mano, data l'enormita' della questione. non scrive niente, non dice niente, accenna e basta? un po' poco.
@paolobraghi8874
@paolobraghi8874 Год назад
L’intervistatore è, con tutto il rispetto, un “orecchiante”. Questo non è un difetto. È un punto di forza, che permette al portatore delle “orecchie” di muoversi agilmente in tutti i campi e di fare spesso un figurone. Ma l’orecchiante, in cuor suo, sa di non possedere gli strumenti della creazione, e può sempre svegliarsi e assumere finalmente un contegno più sobrio. Auguriamo a tutti gli orecchianti di svegliarsi!
@matjazmazi8405
@matjazmazi8405 2 года назад
Natoli evvidentemente non conosce la filosofia dell' Advaita Vedanta ( filosofo Adi Shankara del 8. secolo ... ) ; per cui .....
@piergiorgiotronci8198
@piergiorgiotronci8198 Год назад
Bravissimo il vommentate di Severino
@paolobraghi8874
@paolobraghi8874 Год назад
Che peccato che Natoli “navighi” in Heidegger servendosi delle usuali traduzioni di Dasein e di Ereignis con “esserci” ed “evento”. In questo modo, il pensiero di H. risulta totalmente stravolto. Per rendersene conto in modo rigoroso, rinvio a un libro di vari anni fa ma, a quanto pare, non letto, un libro di De Gennaro e Zaccaria, intitolato “Dasein: Da-sein”, marinotti edizioni. Vedrete che tutto muta.
@pensar888
@pensar888 11 месяцев назад
Che cosa muta?
@paolobraghi8874
@paolobraghi8874 Год назад
Sia chiaro una volta per tutte: la notizia che lo H. maturo fosse “lettore” del giovane Severino è talmente falsa che di più non si può. Si possono addurre varie prove a sostegno. Se davvero H. fosse stato interessato al lavoro di Severino, a vostro avviso non avrebbe lasciato delle tracce numerose almeno nei suoi appunti privati? Nulla di tutto questo! Solo due o tre brevissime note presentate da “alcuni” come “decisive”. Tutto ciò è ridicolo!
@CarloRossi54523
@CarloRossi54523 2 года назад
Io toglierei: "Gli eterni e ".
@alessandroforti6384
@alessandroforti6384 2 года назад
Lanzinger?
@gabriel-sx6uh
@gabriel-sx6uh 8 месяцев назад
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