ciao yasmina, dalle mie parti (provincia di Napoli) si usa l'espressione cappot e legn (cappotto di legno) e in generale un'altra espressione colorita che si usa (anche se usata con un'accezione talvolta dispreggiativa e comunque sempre rozza) è "ittà o sang" (lett. Buttare il sangue), spesso usata anche in senso figurato per parlare di qualcosa di molto faticoso (es: "fare tutte quelle scale m'ha fatt ittà o sang"). Altre espressioni colorite che ho sentito qui sono: "sculà" (letteralmente scolare, gocciolare) in riferimento ai liquidi rilasciati dal corpo dopo la morte; altra espressione divertente è "e fatt a fin re bbott a mùr" (lett. ha fatto la fine dei botti a muro) e si usa per parlare di una morte particolarmente tragica o in senso figurato con vari usi riguardanti aspettative tradite (ad esempio "era partito così bene con quel progetto e poi ha fatto la fine re bott a mur", come a dire "tanto rumore per poi lasciare solo qualche residuo bruciato"); Sempre in relazione al rilascio deglio degli sfinteri si usa anche "è fernut a cul apiert" (lett. "finire a culo aperto") anche questa in realtà usata spesso anche metaforicamente. Riguardo alla mia città nello specifico si dice a volte "è iùt a via Napl" (è andato a Via Napoli, la strada dove si trova il cimitero). Un'altra cosa che mi viene in mente è un'espressione che però non è italiana o usata in italia, ma che viene dal gergo della malavita russa e cioè "bagnare" usato come uccidere, eliminare (tristemente famosa come espressione perchè usata da Putin nell'annunciare alla nazione la prima guerra in Cecenia) e un amico mi ha spiegto che probabilmente si usa questa espressione perchè i malavitosi quando uccidevano qualcuno spesso erano soliti buttare il corpo nel fiume, da qui le espressioni "lo hanno bagnato", "io quello lo bagno" e simili. Ce ne sarebbero anche tante altre ma mi fermo qui, intanto grazie per questo video e per i contenuti che porti!
Mio nonno mi raccontava sempre dei due milanesi intenti a mangiare gli gnocchi; ad un certo punto uno si distraeva perché in strada passava un corteo funebre, e diceva: "A vun a vun, van tüt!" ("Ad uno ad uno, vanno tutti!"), riferito alle persone; l'altro invece, che ne stava approfittando per fregargli gli gnocchi, gli dava ragione pensando si stesse riferendo a ciò che mangiavano😂 È un po' stupido ma a me faceva molto ridere, ed è uno dei ricordi più belli che ho di mio nonno. Un altro modo di dire molto carino l'ho trovato ne La Sposa Cadavere di Tim Burton, dove c'è un'intera canzone dedicata al trapasso: "The remains of the day", letteralmente "I resti di giornata", dove si gioca sul doppio significato di remains (sia resti nel senso di spoglie mortali sia nel senso di rimasugli come per il cibo). Sempre in inglese, ho trovato di recente "pushing up daisies" (a quanto pare crescono presso i siti di sepoltura), "kicking the oxygen habit" e "dirt nap" (riferito probabilmente alla terra che ricopre la salma). In italiano mi vengono in mente "lasciare questa valle di lacrime", "lasciarci le penne", "smettere di soffrire" (forse il più leopardiano)... Potrei continuare perché è un argomento che mi appassiona moltissimo ☺️
Buongiorno. Sentite condoglianze. Interessante anche questo video, anche con il sesso e le malattie esistono eufemismo, nessuno parla più di "cancro", ma "brutto male", "male incurabile", ecc. il sesso poi, rimane ancora un grandissimo tabù. A proposito del rapporto con la morte e la sua esorcizzazione, frequento da 40 anni circa in vacanza in Trentino Alto Adige e a Pinzolo (15 km circa da Madonna di Campiglio, dove purtroppo va in vacanza anche Salvini, da alcuni anni me lo ritrovo lì, mi è capitato anche quasi faccia a faccia quando era con la Isoardi...), c'è un bellissimo affresco rappresentante la "Danza macabra", dipinta da Simone Baschenis nel 1539, presente anche, seppure più piccolo, nella chiesa cimiteriale di Santo Stefano di Carisolo (una frazione di Pinzolo), all'interno della quale sono presenti altri bellissimi affreschi, tra cui una splendida "Ultima cena" molto particolare, sempre di quell'epoca e anche la "Leggendaria spedizione di Carlo Magno", con una scritta sottostante che ne attesterebbe la veridicità, messa in dubbio dalla maggior parte degli storici, mentre qualcuno, più raro (tra cui me....che non sono storico ma sono raro....), pensa ci sia un fondo di verità. Due anni fa era venuto Sgarbi a parlare di arte e anche di questi bei dipinti. Questo affresco in realtà è presente anche a Clusone, più grande e in altre parti d'Europa. Branduardi aveva scritto nel 1977, all'interno del bellissimo album "La pulce d'acqua", la canzone "Ballo in Fa diesis minore", il cui testo era stato tratto, in parte, proprio dall'iscrizione presente sulla Chiesa di San Vigilio a Pinzolo. Il testo comincia con i seguenti versi: "Io sont la Morte/ che porto corona/ sonte signora/ de ognia persona…". Per chi non lo conosce, l corteo macabro inizia con un gruppo di tre scheletri musicanti, il primo dei quali, seduto su un trono rudimentale, porta in testa la corona a simbolo della Morte sovrana, cui deve sottostare la stessa volontà divina secondo le parole attribuite ai Crocefisso: "O peccator pensa de costei/ la me a morto me che son signor de lei!alla sinistra del Cristo si apre la sfilata delle diciotto coppie, ognuno delle quali è formata da un personaggio vivo, socialmente caratterizzato, e da un morto che lo trascina al ballo. I morti raffigurati come scheletri, nettamente definiti, costituiscono l'elemento dinamico della rappresentazione rivelando intraprendenza e aggressività nel ghigno con cui si rivolgono alle loro vittime e nella varietà dei gesti con cui le afferrano per introdurle al ballo. Alla loro vivacità appare debole la reazione dei vivi che esprimono la più tacita rassegnazione. Il contrasto tra l'atteggiamento dinamico dei morti e la quasi immobilità dei vivi è reso più evidente delle didascalie: in forma di monologo, recitato solo dai primi, ne sottolinea la superiorità. La successione delle coppie riflette la rigida concezione gerarchica della società medievale con la sua divisione tra laici ed ecclesiastici. Questi ultimi aprono la sfilata a partire dalle supreme autorità spirituali: il papa, il cardinale, il vescovo, seguiti dal sacerdote e dal monaco. Il messaggio che ad essi viene rivolto ribadisce il concetto dell'ineluttabilità della morte. L'assenza di una marcata satira sociale antiecclesiastica e l'ironia pacata testimoniano l'esistenza di buoni rapporti tra la popolazione e il principe vescovo di Trento. Il macabro corteo continua poi con un certo numero di rappresentanti dell'ordine laico disposti anch'essi secondo una gerarchia che fa seguire all'imperatore il re, la regina, il duca e quindi alcuni personaggi del mondo borghese, come il medico e il ricco mercante.
Ciao Yasmina. Mio padre usa spesso l'espressione "andare agli alberi pizzuti", in alternativa ad "andare a li fichetti". Una più legata invece alla decomposizione che segue il decesso è "diventare terra per ceci". A proposito di San Pietro, c'è una battuta bellissima in Sister Act, quando la protagonista dice che il suo coro canterà per il papa e l'agente speciale che deve proteggerla le dice che canterà per San Pietro se non lo ascolta, perché le è saltata la copertura (forse un po' fuori tema, ma la trovo divertente). Non mi sovvengono altri esempi. Questo genere di video mi piace molto, mi sento più ricco alla fine. Non so come concludere, quindi grazie e alla prossima;)
In Trentino si usa l'espressione "è stato portato fuori con i piedi in avanti" in riferimento a quando la bara viene portata a spalla fuori dalla chiesa.
Il Ridere della morte, specialmente in una società come la nostra, che è alquanto tanatofobica è una grande qualità, non è semplice Black Humour da Social Media. Ancora sincere condoglianze (Lorenzo)
Volevo recuperare il video vecchio quando ho visto questo, quindi è stata una sorpresa per me sapere della morte di tuo padre, mi dispiace Yasmina, ti seguo da quando hai fatto il video con Crepaldi, ti si vuole bene da lontano ❤️ Questo video è un bel modo per celebrare tuo padre, spero che i tuoi genitori siano fieri di te, hanno ottimi motivi per esserlo ☺️ Un abbraccio forte P.S. Qui in Catalunya si dice semplicemente "Ens ha deixat per sempre" (Ci ha lasciato per sempre) o semplicemente "Ens ha deixat"
Dalle mie parti, in Calabria, ne abbiamo due che si riferiscono alla partenza: "si l'ha quazata" ovvero "ha messo le scarpe (per andare via, appunto)" e "s'ha cuatu a rama" ovvero "ha raccolto la rama (come si chiamava il contenitore con cui si portava il companatico per pranzare fuori nelle pause dal lavoro, simile alla marmitta dei militari).
Ciao Yasmina, molto in ritardo ma ho visto ora il video. Prima di tutto condoglianze. Anche mio padre è morto nello stesso periodo e, da sardo come te (ma ora in continente) ho un modo molto tranquillo di parlare della morte e dei morti ( mai usato eufemismi per dirlo di mio padre perché mi fa strano) che su al Nord è assolutamente tabù. Mia mamma, che è diciamo molto spericolata sulla sua salute, ama sempre dire "se muoio, mi mettono sottoterra" in sardo che è tipicissimo da dire ed è proprio il modo di dire che nel linguaggio popolare la morte non riguarda morti, ma i vivi. Da me è anche molto tipico augurarsi la morte fra amici, come forma di intercalare ("frastimos"), meglio se in forma poetica dicano (figure retoriche, rime, allusioni). Grazie per avermi fatto risentire le perle del Campidano 😂 Ah, nel paese di mia madre si dice anche "è finito sopra al tavolo" perché essendo nelle case il tavolo per mangiare il posto più grande che avevano, spesse volte i morti appena morti venivano piazzati li 🤣
"Guardare i fiori dalla parte delle radici", così come "andare a mangiare con i pesci", sono espressioni estremamente comuni in Sicilia, dato che vengono attribuite generalmente al gergo mafioso. Però nessuno supera il "era un traditore, abbiamo dovuto eliminarlo" del finale di "Amici miei"(con tanto di risata tragica finale), a mio avviso.
Giusto, quella dei pesci c'è nel Padrino! Stupendo il finale di Amici Miei, avrei voluto inscenarlo al funerale di mio padre ma purtroppo tra i miei famigliari non avrei avuto alcun complice
Le mie più sentite condoglianze. L’altro giorno ho parlato con i miei studenti di quinta di morte, in un’occasione tragica che li riguardava e che ti risparmio. Ho intuitivamente evitato qualsiasi alleggerimento, radicalizzando il dolore e comunque conducendo loro a sentire sui loro corpi le tracce della defunta. Nella mia regione di origine, il Friuli, si ama mangiare il radicchio con la radice, mescolato con le cicciole di pancetta fritte, si chiama ‘lidric cul poc e fricis’ (peraltro ‘fricis’ significa anche ‘fiche’). Da cui morire = la a mangjà il lidric de bande dal poc.
Per una malattia neurologca ho sofferto molto a lungo di idee di morte. Trovato la cura farmacologica sto bene e so che la Croce Gloriosa mi farà stare meglio nella Casa del Padre buono
In Sicilia, dalle mie parti, esiste l'espressione "t'haiu a veniri appressu", letteralmente significa ti verrò dietro, il tempo futuro non esiste infatti nel dialetto siculo e viene espresso in questo modo. Si riferisce al fatto che in un funerale il morto sta sempre davanti mentre i vivi stanno dietro e lo seguono. E' da intendersi come una minaccia, una provocazione o ancora come un augurio a se stessi di vivere più a lungo della persona alla quale si dice questa frase.
Innanzitutto ti faccio le mie più sincere condoglianze, non avevo visto il video precedente perciò apprendo solo adesso 😞 Il video è molto interessante, anche per la questione del tabù rispetto alla morte. Che tuttavia è presente soprattutto nella nostra cultura per la formazione culturale cristiana. L'idea di un forte giudizio, al momento della morte, che ti condannerà ad un'eternità infera o paradisiaca, lo rende un momento terribile. In altre società, come ad esempio nella Roma antica, il singolo viveva il trapasso con un misto di disincanto e fatalismo. Ciò è evidente non solo dalle considerazioni filosofiche degli autori appartenenti alla classe dirigente, ma anche iscrizioni funerarie legate alla gente comune. Ci sono esempi straordinari di epigrafi funerarie (in parte raccolte nel bellissimo "Iscrizioni funerarie, sortilegi e pronostici di Roma antica" a cura di L.S. Mazzolani, ed. SE), spesso che non hanno solo un carattere celebrativo... penso alla CIL VIII 11665 "La vita è bene o è male? La morte non è né l'una né l'altra cosa. Rifletti, se hai giudizio, quale delle due ti convenga di più. Ma poiché esistono i Mani [cioè gli spiriti dei defunti], la terra ti sia lieve." Mentre in altri casi si propongono delle maledizioni contro chiunque danneggiasse le tombe, es. CIL VI 29946 "Chiunque solleverà questa pietra, o la farà rimuovere, muoia l'ultimo dei suoi [familiari]. Chiunque solleverà questa pietra, o la danneggerà, muoia l'ultimo dei suoi [familiari].". Esprimendo così un certo disinteresse rispetto all'oltretomba, ma un forte interesse per la sepoltura, che è luogo di venerazione dei Mani. In altri casi si proponeva una certa amara ironia, che esprimeva il disincanto di cui si diceva prima CIL 1798 "Sgobba, asinello, come ho sgobbato io: ti farà bene" e sotto l'immagine di un asino che fa girare una macina. Il messaggio è ovviamente rivolto al lettore, invitandolo a riflettere sull'utilità di quello che fa in vita. Questa funzione spesso educativa delle epigrafi funerarie, ci richiama alla memoria il rapporto che i Romani avevano con le divinità dei defunti. Spesso i morti compaiono ai vivi, e non solo possono dargli suggerimenti e fungergli da guida, ma anche prevedere il futuro (un caso esemplare è l'incontro negli inferi tra Enea e Anchise). Il valore educativo è talmente forte che Plauto, nell'Aulolaria, fa spiegare al Lare (quindi all'antenato divinizzato che abita la casa) che ha aiutati tutti gli eredi che gli erano stati pii (da pietas, cioè il sentimento di amore verso i genitori e verso gli Dèi, a cui i Romani erano tenuti), mentre quelli che l'hanno ignorato li condannò a lavorare faticosamente il campo di proprietà con magri risultati, ed altre sfortune. Tutto ciò va comunque contestualizzato nel più ampio panorama di una Religione Romana ortopratica (e non ortodossa), nella quale non vi è l'imposizione di un'idea comune sulla religione (compreso l'oltretomba) ma solo l'imposizione -culturale- di una prassi rituale. Se vuoi ho approfondito il tema dell'oltretomba romano in un mio recente video. Grazie per questo bellissimo video, e nuovamente condoglianze!
condoglianze per tuo padre, qui diciamo direttamente "e' morto" oppure "se ne e' andato" o "se ne sta andando", invece a me hanno detto "non c'e' piu'" quando mi hanno telefonata, pero' si usa poco, mi ricordo che una volta si usava anche "se l'ha preso il signore" ma lo sento solo a qualche anziano, poi c'e' "e' venuto a mancare" e "si e' spento" ma lo leggo solo sui manifesti, poi penso anche che dipende dall'ambiente che frequenti, per esempio se si tratta di persone non troppo religiose difficilmente useranno espressioni di un certo tipo, comunque sono tutti modi di dire che ho sentito poco, normalmente diciamo direttamente che e' morto. Fortissimo il sardo e' proprio un'altra lingua! mi hanno fatto molto ridere le espressioni in italiano tipo quelle religiose o cose come "steso le gambe" ma nel senso che non si possono sentire... purtroppo non so parlare nemmeno un dialetto anche se capisco tutto sia del dialetto campano sia pugliese, quindi tante cose non mi vengono in mente.
Bellissimo! Io ho sentito anche “andare a far terra per i ceci” a Roma, “andare a Babboriveggoli” (paese immaginario il cui nome deriva dalle parole “riveggo il babbo”) in Toscana, “andare nel regno dei più” (perché si suppone che il numero dei morti attraverso le epoche sia superiore a quello dei vivi).
Ciao Yasmina. Non ho visto il tuo precedente video, ti porgo le mie condoglianze. I primi modi di dire che mi sono venuti in mente sono "raggiungere la pace eterna". Essendo sardo anche io, mi sono ricordato di "poni is spallas a terra" (= mettere le spalle a terra, se ricordo bene) e "bessì cun in peis a inantis", cioè "uscire coi piedi in avanti", riferito alla salma che esce dalla soglia della porta di casa prima coi piedi. In senso incazzoso ma anche ironico ho sentito anche "genti mala no ndi morit", la gente cattiva non muore. Concordo con te che la nostra società, molto patinata, consumista, si illuda, anche - secondo me -attraverso la ricerca di cose materiali di evitare qualunque pensiero relativo alla morte. Non conoscevo diversi modi di dire, sia eufemismi che disfemismi, che hai citato, uno dei quali mi ha fatto scoppiare a ridere. Permettimi di dirti che trovo positivo che tu sia riuscita a fare questa analisi e raccolta di locuzioni in seguito alla dipartita del tuo papà. Ancora condoglianze, grazie dei tuoi video.
Nel mio dialetto, della zona "bassa" marchigiana, confinante con l'Abruzzo, le espressioni legate alla morte si trovano all'interno dei "Vùtera", a metà tra stornelli e maledizioni. Abbiamo il classico augurio di guardare i fiori dalla parte delle radici e poi i più raffinati di svegliarsi eleganti, svegliarsi con la propria foto sul comodino o con i piedi sotto un cipresso, diventare terra per i ceci, tutte tratte dal mondo contadino/agricolo. Molte grazie per questo video, davvero interessante!
Un modo di dire che mi garba molto e che uso è "andare a' cipressi", praticamente la stessa cosa degli alberi pizzuti che ha citato. Uno che poi mi fa particolarmente ridere per riferirsi a qualcuno che sta per morire o se la vede brutta è "sta per uno/due a tombola" (nel senso che gli manca un numero per completare la tabella) o, piú semplicemente, "sta per uno". Meno collegato ai modi di dire riportati nel video (bellissimo video, tra l'altro) ma che amo troppo e devo citare, usato spesso da mia nonna per dire "m'ammazzerei" o "vorrei morire piuttosto che fare la tal cosa" è questo: "fossi un pìpporo (cioè un chicco) di granturco mi daréi ale galline" spesso abbreviato in un semplice "mi daréi ale galline". Un saluto 😊
Al paese di mia nonna nelle Marche si dice anche "stirare le zampe" in maniera colloquiale come monito per dire di fare attenzione che un'azione è pericolosa per la propria vita. "Occhio che ce stiri le zampe!"
Condoglianze Yasmina! Mi sento molto in linea col tuo pensiero riguardo alla morte. Visto che ci sono, volevo condividere con te il modo di dire che abbiamo a Pisa quando qualcuno è prossimo alla morte: ce n'ha pe tre caate. Che significa che dovrà cagare massimo tre volte prima di morire.
Ciao Yasmina. Io sono umbra e ho sempre sentito l’espressione (goliardica, naturalmente) “te pozzino vestì de noce”, che è l’equivalente di quella inglese che tu hai citato. Non credevo infatti avesse origini non italiane. Altre divertenti sono, poi: te pozzino guardà e piagne, pozzi guardà li fiori dalle parti de le radiche, pozzi entrà in chiesa a panza all’aria, te pozzino vestì in quattro, pozzi fa bau (la mia preferita). Interessante come sempre il tuo video. Un abbraccio.
Il lutto, a differenza della gioia o dell'amore, non è un sentimento umano che ha la capacità di essere condiviso. C'è un profondo senso di solitudine e abbandono nel dolore di chi viene colpito dalla morte di una persona cara. Una sofferenza, che proprio per la sua natura individuale, risulta impossibile ad alleviare collettivamente.
A Civitanova Marche un signore mi stava spiegando perché aveva preso la decisione di smettere di fumare e, facendo un cenno del capo verso il cielo, mi ha detto: " eh, perché mi ha chiamato!"
Sono della provincia di Reggio Calabria, da me c'è un detto che dice "i morti pedi e testa e i vivi fannu festa". Un modo per dire che qualcuno è morto è "su levaru" (se lo sono portato via).
Apprezzo molto il tuo deathspeaking e deathtalking in occasione della triste call paterna. Ti esprimo anch'io il mio joining you in considerazione della partenza paterna per Patrasso.
@@YasminaPani guarda che non volevo offenderti, ma darti nuovi modi di chiamare la morte. Se ricordi i miei commenti sotto altri video, ricordi anche che io sono ostile agli anglismi almeno la metà di te.
Grazie. Il tema della morte e' un argomento che interessa tutti. Parlarne e' importante. Non mi riferisco a quella che si chiamava morte prima: un cambio abiti, un cambio address per gli inglesi, un cambio di urna anagrafica. Il cambio anagrafico e' una piccola forma di morte. A me piace ed interessa, quella che di regola auguro, e' LaMORTE. In senso assoluto, che poi e' un po' come vivere, tutte le possibili morti in un processo infinito, senza ritorno perche' secondo me anche i regni vegetali e minerali sono regni reali.
In friulano ce ne sono moltissimi (oramai in disuso perchè riflesso di una cultura antica nella quale, come da te detto, si parlava molto di morte). I più insoliti sono (traduco in italiano): è andato a fare i manici dei boccali, è andato a fare le pipe di gesso, ha lasciato il cucchiaio, è andato a concimare le rape. Spettacolari.
Sono tornata a questo video dopo la morte di mio papà la settimana scorsa, mi manca immensamente. Yasmina prendo esempio e guardo i tuoi video, li trovo catartici in un certo modo... Non so volevo sentirmi meno sola forse, come diavolo si supera la morte di tuo padre?
Non so dirti... è passato un anno e ancora mi dimentico che è morto e mi viene da telefonargli. Il tempo però aiuta a sentire il dolore in modo meno intenso e lancinante. Mi dispiace per tuo padre
Dalle mie parti si dice "Girare/voltare i piedi all'uscio" (virer i pè a l'ossh). Penso perchè quando si moriva e si veniva messi nella bara (una volta si moriva praticamente sempre in casa tra l'altro e non c'erano obitori etc...) si veniva disposti coi piedi diretti verso la porta, e poi così si veniva portati in chiesa per il funerale. Sempre da questo dovrebbe derivare l'usanza di non disporre il letto con il fondo diretto verso la porta, come ad esorcizzare la morte appunto. In ambiente yoga/meditazione/esoterismo a volte ho sentito dire invece "ritirarsi dal mondo materiale" o "disincarnarsi". Infine spesso, soprattutto ai bambini, si dice "andare in cielo". Non so quanto questo oggigiorno abbia ancora un connotato religioso, e quanto sia più legato al fantastico e alla favola.
È bello come parli del tuo papà, doveva essere davvero in gamba, condoglianze anche se a distanza di mesi. Sulla mia lapide vorrei si scrivesse "Sono andato a funghi col diavolo" (dato che son fungaiolo), oppure "Sono andato a dirgliele di persona", o ancora "Bacco ad un mio fianco, Dioniso all'altro fianco" (essendo io "facile al gozzoviglio" (cit. Brancaleone alle crociate))
Un'espressione salentina che sento spesso dire a mio nonno è "Quandu vau alla villa" letteralmente "quando vado alla villa" o "è sciutu alla villa" ovvero "è andato alla villa" Dove con villa si fa riferimento al cimitero
Ciao Yasmina, condoglianze. A Roma, come già segnalato, ci sono varie espressioni alternative, per indicare il morire e la morte in generale. Una è appunto è "Annà all'arberi pizzuti". Un'altra è "è ito a fa tera pe' li ceci". Espressioni che, in certi ambienti e in certi contesti, vengono usate anche come minacce e come ciniche forme dispregiative. Poi, ricordo che, ad esempio, mia nonna per avvertirmi di non fare azioni sconsiderate, diceva: "Guara che ce stiri 'e zampe!". Poi, infine, un tempo, e, credo che sia presente anche nel Belli, la morte, a Roma, veniva indicata come "a comare secca".
@@YasminaPani Er tisico Cuesto oggnuno lo sa: ppila intronata va ccent’anni pe ccasa: e tte l’ho ddetto. Mó mm’accorgio però cch’er poveretto sta vviscino a ssonà lla ritirata. Già ffin dar tempo che sposò Nnunziata le scianche je fasceveno fichetto; e ffinarmente s’è allettato a lletto perch’era ppiú ll’usscita che ll’entrata. Nun tiè ppiú ffiato da move le bbraccia: e cchi lo va a gguardà ssu cquer cusscino, je vede tutta Terrascina5 in faccia. Io metterebbe er collo s’un quadrino che nnu la cava: e ggià la Commaraccia secca de Strada-Ggiulia arza er rampino. (Giuseppe Gioachino Belli). Il sonetto che ha ispirato il titolo a Bertolucci e che attesta l'espressione romanesca. Da notare, che, nel componimento, la morte viene nominata appunto, solo tramite modi di dire traslati. C'è anche "Terracina" che hai nominato tu. La "commaraccia secca de Strada Giulia" si riferisce anche alla Chiesa della Morte di Roma che popolarmente non veniva mai nominata direttamente. Bellissima la fantasia popolare che la umanizza in una "commare" pur di non nominarla per scaramanzia. E molto bello il proverbio un po' cinico "pila intronata va cent'anni pe casa". Smentito altrettanto cinicamente dal moribondo descritto. Mi piacciono molto i tuoi video. Mi "costringono" sempre, a imparare molte cose. Grazie mille!
Eccomi, con due anni di ritardo arrivo anch'io. Nel mio dialetto (insubro-occidentale) tra le tante espressioni gia' citate c'e' anche "fini' in sul giurnal" (finire sul giornale), riferito alla pagina dei necrologi. Simile a questo c'e' anche "L'ho vist taca' sü in sul mür" (L'ho visto attacato al muro) tipo :"Sunt anda' in piaza, u vist ul Giuan taca' sü in sul mür" (Sono andato in piazza, ho visto Giovanni attaccato al muro). Riferito all'annuncio mortuario. Concludo con la citazione di un libro di Delio Tessa, poeta milanese: "L'e' el di' di mort. Alegher!". Perche' la morte e' gia' abbastanza triste.
Ma dispiace, l'unica cosa che posso dirti è prenditi il tempo che ti serve. Per quanto riguarda l'appello "andare nel mondo dei più" è l'espressione che mi ha sempre colpito molto. Ma quella che ho usato più spesso quando sono morti i miei è stato l'em metu/da giò "l'abbiamo messo/a sotto (terra)". Mentre un'altra che mi strappa sempre un sorriso è "ha lasciato i conti ai figli".
Mi permetto due consigli musicali: un discreto compendio lo troviamo nella canzone "Magari muori" dell'ottima Romina Falconi in collaborazione con (fatalità) Taffo Funeral Service, oppure in "Fatalità", parodia dei GemBoy di una canzone di Arisa. E' più che giusto farsi anche un paio di risate sull'argomento, ogni tanto.
In Calabria diciamo: "Sinn'è jutu" o "si l'è quazata" che in base al contesto possono significare sia andare via magari in un altro luogo sia morire, invece "c'ha lassatu i pinne" si usa solo in caso di morte
Dalle mia parti si dice: "s'ha scurdatu cu respira" letteralmente si è dimenticato di respirare e onestamente non ho mai capito se si usa per dire che non si conosce la causa di morte o per dire semplicemente che uno è morto
Anni fa venne trasmessa una serie tv americana il cui titolo era "Pushing Daisies", cioè qualcosa come "spingere le margherite", riferendosi naturalmente ai morti seppelliti. Tutto un programma, direi.
Non a caso Kafka fa dire alla inserviente che trova il corpo morto dello scarafaggio Gregor Samsa “è crepato”, a segnare il momento culminante della alienazione e della distanza tra il protagonista e il resto del mondo. In Calabria dicono che uno è andato a mangiare la terra o “mangia terra”. In Campania che uno è passato al mondo della verità (in dialetto). P.s. Anche io ho perso mio padre due anni fa e anche lui affrontava l’idea con tanta ironia❤
Qui in Emilia esistono molti modi di dire dialettali per parlare della morte. Mio nonno usa "Andèr a ca' ed Balusein" (andare a casa di Balusino) e "pighèr i tvajō" (piegare i tovaglioli). Non mi ha mai spiegato la prima, mentre il secondo è abbastanza chiaro: alla fine del pasto si piegano i tovaglioli e ci si alza. Un altro modo di dire che è stato italianizzato è "voltare i piedi all'uscio".
Quando lavoravo in medio campidano, un modo di dire di certi anziani che mi è rimasto impresso era il sentire "fragu 'e baullu" ovvero puzza di bara...😅
Ciao Yasmina, ho trovato per caso il link di un tuo video su un forum di rugby e ho iniziato a seguirti. Così ti dico che in questo sport di nicchia si usa l'espressione 'ha passato la palla' quando muore qualcuno. Un'altra leggenda in questo sport dice che ai piloni(un ruolo del gioco) è promesso il paradiso. Oppure, sul tema della morte si basa la haka degli all blacks ed altre squadre di rugby del pacifico. Ne conosci le parole? Per quel che vale, condoglianze per tuo padre
Ancora sentite condoglianze alla vostra famiglia Quando era morta la mia povera nonna paterna, inizialmente io non riuscivo ad guardarle il volto, NON ci riuscivo proprio a causa del nervosismo, della paura e per la "estranietà" della morte all'interno della mia famiglia T_T Successivamente ci lasciò anche il nonno, ed ammetto che era divenuto un pò più "facile" affrontare la perdita ... mio padre in pochi anni ha perso purtroppo entrambi i genitori, ed io per consolarlo gli dico sempre che è stato fortunato per averli avuti così a lungo dato che paesi come l'Italia e il Giappone hanno la popolazione più longeva del pianeta ... Dal mio punto di vista bisognerebbe fare come alcune comunità e tribù del mondo cioè quella sì di essere "timorosi" ma rendere SEMPRE MENO TABU' il discorso morte per poterla affrontare meglio e con meno sofferenza e peso.
Ciao! Dalle mie parti (zona tra l'Emilia e la Romagna) si dice " è arrivata la gallina nera!" Buffo come si identifichi la morte come una gallina, chissà poi perché? Mentre nel paese dei miei nonni , distante dal mio appena 5 km si dice ," Superare il curvone" , banalmente perché il locale cimitero è situato , appunto , oltre un "curvone". Inoltre è diffuso " stendere gli zampetti" , si badi l'uso obbligatorio del diminutivo , non zampe bensì "zampetti" come se con la morte gli arti si rimpiccioliscano...
a venezia diciamo "tirar i spaghi", tirare gli spaghi, oppure "desso xe tera da boccai"(adesso è terra per fare i boccali), oppure "xe ndà in zo'" o "sea ga tolta"( cioe "se n'è andato".
Tirarare i trenta, Piemonte, lo diceva mio nonno quando ammazzava i conigli di fronte agli ultimi spasmi nervosi dell'animale tramortito. Non ho mai fatto approfondimenti su significato e origine dell'espressione...
Interessante anche l' espressione in dialetto milanese tirèmm innànz attribuita al patriota milanese Antonio Sciesa mentre stava andando al patibolo. Frase che si dice in senso figurativo esortando a proseguire tenacemente sulla strada intrapresa . Come và? Tirèmm innànz.
Ciao Yasmina, condoglianze, sono sinceramente dispiaciuto. Mio padre e' morto 28 anni fa e mia madre e' morta 2 anni fa. Sulla morte io non riesco proprio a ironizzare, ma probabilmente si tratta molto evidentemente di un mio difetto. Vorrei precisare che il rifiuto della morte e la credenza nell'immortalita', non e' vero che si afferma con la religione cristiana, e' una credenza molto più antica. Gli antichi egizi credevano nell'immortalita' dell'anima. Nei Testi delle Piramidi, scritti prima del 2000 avanti cristo, quindi più di 4000 anni fa, c'e' scritto che quando i faraoni morivano, la loro anima immortale, il loro spirito, ascendeva alle stelle ed entrava in comunione con gli dei, in particolare il dio Ra, il dio del sole. Gli antichi egizi credevano anche, almeno fino a 1500 anni prima della religione cristiana, che dopo la morte l'anima veniva sottoposta a un giudizio finale. Invece nella parte più antica della Bibbia ebraica, il cosiddetto antico testamento, non si fa neanche il minimo accenno alla credenza di una vita dopo la morte, anzi viene detto in modo esplicito che i morti sono totalmente incoscienti, e non subiranno nessun giudizio. La credenza nell'immortalita' e nel giudizio finale e' una credenza che si affermera' solo nel tardo ebraismo e nel cristianesimo. Riassumendo, gli antichi egizi credevano nell'immortalita' dell'anima, invece nella parte più antica della Bibbia era sconosciuta qualsiasi forma di immortalita'. Ho fatto questa precisazione, cercando di semplificare e di sintetizzare, per sfatare dei luoghi comuni molto diffusi e per contrastare una disinformazione molto diffusa. A proposito della morte mi vengono in mente alcune opere letterarie, per esempio, " dei sepolcri" di Ugo Foscolo, " le esequie premature" e " l'antologia di Spoon River" di Edgar Lee Master, Yasmina, non so se lo hai gia' fatto, ma sarebbe interessante se tu potessi parlare di queste opere. Per quanto riguarda i modi di dire sulla morte, mi ricordo quello che diceva Giulio Andreotti: " meglio tirare a campare, piuttosto che tirare le quoia". Ciao. Volevo aggiungere che " le esequie premature" sono di Edgar Allan Poe.
Dalle parti di mia moglie si dice "andar a sburtar radi(c)ci" -> andare a "spingere" i radicchi, che si contrappone a quando sei vivo e vai in campo a "tirare" fuori i radicchi (molto simile alla versione anglosassone con i fiori). Per quanto vale da uno sconosciuto sull'internet, ti sono vicino nel dolore.
Seguendo su altri social so da un po' della tua perdita, ma ti faccio solo adesso le mie condoglianze approfittando del commento. Per gli animali si usa questa cosa del "ponte dell'arcobaleno", un po' infantile ma mi piace pensare che esista un luogo dove potrò rincontrare i miei animali e i miei cari. Onestamente essendo toscana, molto di quelle citate non le conoscevo. I miei nonni e genitori, essendo molto prosaici, hanno sempre detto "è morto" anche quando eravamo bambini. La cosa che più mi sta sul caxxo invece, è questo uso del "RIP" ogni volta che qualcuno scrive di un lutto sui social. Che sa proprio di completamente idiota e del fatto che quando qualcuno non sa che cosa dire, dovrebbe stare semplicemente zitto. O quell'altro "che la terra ti sia lieve" credo sempre dall'inglese. Della serie: non sono creativo, ma dico qualcosa lo stesso. Motivo per cui non annuncerei mai un mio lutto sui social come fanno tutti, mi risparmio l'ennesima incazzatura che magari non è il caso quando stai soffrendo. Condoglianze Yasmina. Ti abbraccio anche se non ti conosco.
@DL "Che la terra ti sia lieve" non è inglese, ma di origine latina, "Sit tibi terra levis". Io la trovo invece molto delicata, tra l'altro, essendo di origine pagana (veniva iscritta come auspicio sulle tombe antiche) è spogliata di ogni rilevanza religiosa ed è usata infatti soprattutto quando si vuole omaggiare un defunto in modo laico, senza riferimenti religiosi. C'è anche una poesia di Alda Merini, che si intitola: "Che la terra ti sia finalmente lieve": RIP invece è una sorta di analogo saluto religioso, " Requiescant in pace", consigliato infatti in genere dalla chiesa per onoranze funebri religiose. In realtà, spesso si usa "Requiescat" perché si parla del singolo defunto. RIP vale anche per l'inglese, "Rest in peace", ma ovviamente, è venuto dopo.
@@lucat5479 grazie della spiegazione. No credo che per quanto riguarda “rip” venga usato principalmente nella formula inglese “rest in peace” per questo lo trovo odioso, ma è una cosa personale vederlo scritto in ogni commento, senza che si sprechino troppo in altri concetti per me è insopportabile.
Mi vengono in mente tre modi di dire delle mie parti. Andare via coi piedi davanti Voltare i piedi all'uscio Andare a fare terra da coppi. Ovviamente tutti significano morire.
In napoletano diciamo "si è fatto la cartella" ma non ho ancora capito se la cartella è da intendere come zaino e quindi legata al viaggio o se ha altri significati.
A mia madre piace dire "è andato nel mondo dei più", penso dal latino "ad plures". Oppure, con i Gem Boy: "sembra tutto normale / poco dopo sei orizzontale". Da tempo, anche con occhio da ricercatore di tematiche escatologiche, mi soffermo sui necrologi: spesso, nei loro eufemismi pseudodevoti, hanno ben poco sia della cruda incarnazione cristiana, sia della speranza cristiana. Eppure quel linguaggio stereotipato, che tutti sappiamo superfluo, delle condoglianze dovrebbe esprimere quel che non riusciamo a dire; ché le sue parole limitate, quanto banali, alludono precisamente a quella assenza: a quell'oltre.
In inglese "kick the bucket" ma non so quale bucket. "Bucket list" e derivata da questo detto, o sia "elenco di cose che vogliamo fare prima di morire" Grazie mille per qesto video
C'è un pezzo comico di Lundini e della Fanelli a riguardo, con varie altre espressioni a tema ru-vid.com/video/%D0%B2%D0%B8%D0%B4%D0%B5%D0%BE-pZFzgexyaAM.html
@Gabriele Grazzini Ah ah "Si sono fatti seppellire con la testa di fuori per risparmiare sulla foto"....che poi, all'inizio la Datti per Lundini è morta nel 2012, poi nel 2008..ah ah
Ancora condoglianze. Da parte mia, quando volgo i piedi all'uscio (come si dice in Versilia, ma vedo anche in altre parti) il mio desiderio è che i miei amici mi facciano un elogio funebre tipo questo: ru-vid.com/video/%D0%B2%D0%B8%D0%B4%D0%B5%D0%BE-CkxCHybM6Ek.html
Yasmina in effetti il tema della morte mi affascina come affascina chiunque e anzi noi umani ci riferiamo anche troppo alla morte e basiamo la nostra vita proprio sulla morte. Discorso troppo lungo da fare in un commento. Invece se fossimo più realisti ci accorgeremo di come per gli altri animali, e noi siamo animali quanto loro, proprio non esiste la morte ed è un concetto solo umano. Al massimo negli altri animali vi è una sensazione di assenza che non è la morte. Per tutti gli altri esseri viventi infatti esiste esclusivamente la vita e desiderano vivere e fanno qualsiasi cosa pur di vivere, e hanno il terrore non di morire, bada bene, ma di perdere la vita. Sono attaccatissimi alla vita. Noi invece viviamo la vita come una specie di preludio alla morte, pensando comunque che dovremo andare in un altrove, di cui discutiamo e che ci inventiamo e ci abbiamo creato mondi immaginari e fantastici. Vedi è uno spostamento di concetti totalmente nuovo per la mente umana e so che non verrò capito. Non verrò capito perché la nostra mente crea, appunto, mondi immaginari e questi mondi immaginari poi prendono corpo e realtà pur essendo inventati e inesistenti. Gli altri esseri viventi invece vivono totalmente immersi nella realtà e per loro esiste solo una realtà e vivono quella e non se ne inventano altre. Sono come dire iperrealisti. Allora la bestia in fuga, lotta e fugge, perché ha il terrore di perdere la vita. Non perché ha paura di morire. Noi umani però questo concetto non lo capiremo mai e viviamo come racchiusi in un velo immaginario di mondi inesistenti che prendono corpo e guidano le nostre esistente. Dando di conseguenza meno valore alla vita e maggior sostanza alla morte.
No no ti sbagli. Gli animali hanno un perfetta cognizione della morte. Semmai sono in grado di dimenticarsela più rapidamente avendo alcune capacità cognitive meno sviluppate delle nostre. Ma non vale per tutte le specie, è stato osservato che molti animali hanno proprio il "lutto", rinomato è il caso degli elefanti. Gli animali hanno paura della morte e del sangue esattamente come noi.
@@dly209 L'ho già detto ma è passato inosservato e lo capisco. Vedi ci devi tornare più di una volta a quello che sto dicendo. Non arriva subito, è normale. Ho detto che al massimo, come nel caso degli elefanti, delle scimmie antropomorfe, dei cani o delfini etc. vi è il senso dell'assenza che non è un mondo immaginario, astratto e simbolico chiamato morte. Appunto per farmi capire ancora meglio cito il famosissimo cane Hachiko, quando "attendeva il ritorno" del padrone alla stazione. Capisci ne soffriva l'assenza. Non confondere il concetto di assenza col mondo simbolico e immaginario della morte creato esclusivamente dalla mente umana. Per loro esiste solo la vita e appunto hanno paura di perdere la vita e sono strettamente legati alla vita e vogliono vivere e se stanno per perdere la vita lo sanno benissimo e sono terrorizzati e faranno di tutto per difendere la vita. Non perché moriranno ma perché non vivranno più. Sono due concetti estremamente diversi. Inoltre che gli umani umanizzino qualsiasi cosa e cerchino forzature e rassomiglianze rassicuranti è un altro discorso ancora. Non pretendo che un umano capisca subito questi concetti perché ci siamo totalmente immersi dentro e richiede un certo sforzo. Anche la tua risposta era prevedibile se ci pensi bene e l'avevo già anticipata nel primo commento. Devi darti tempo. Rifletterci a poco poco ma non è facile. Per il semplice motivo che dai per scontato che la morte esista davvero (vi è tutto un immaginario simbolico costruito sopra) e non lo metti in discussione, quindi se esiste per noi, esiste anche per gli animali "più intelligenti".
@@YasminaPani Non è esattamente la stessa cosa! Perché i sentimenti esistono e sono pura realtà. Anzi la realtà più profonda. Finché poi la sensibilità del singolo è capace di andare a fondo nella realtà e comprendere e distinguere i sentimenti è un altro discorso. Anzi i sentimenti non si imparano e non si insegnano abbastanza. Se non per stereotipi e frasi fatti e in maniera pressapochista e confusa. Invece la morte come mondo simbolico è un'invenzione. Ci dà sollievo creare mondi immaginari. Il problema è quando questi mondi immaginari prendono il sopravvento e c'è chi li usa per il proprio tornaconto e la propria influenza. Così il concetto di morte e il concetto di dio vanno di pari passo e sono la stessa identica cosa. Il concetto di morte semmai è analogo a un sentimento specifico se lo consideriamo come il sentimento dell'assenza. Allora la morte vista come sentimento di assenza è reale. Invece il sentimento esiste prima dell'essere umano ed è qualcosa di reale in sé. Qualcosa di esistente e oggettivo ed è molto presuntuoso pensare che i sentimenti umani siano superiori a quelli degli altri animali. Ci sono animali capaci di grandissimi sentimenti, magari, anche di più di tantissimi esseri umani. Siamo capaci di capire davvero i sentimenti degli animali? Se non sappiamo nemmeno conoscere i nostri. Vedi è goffo quando noi come specie ci autodefiniamo superiori in base a dei nostri parametri falsati e mistificati. Parametri che poi non vogliono dire nulla. Dal punto di vista della natura invece la nostra specie, e dal punto di vista di qualsiasi altro animale, noi siamo una specie (quasi) inutile e sfigata. Siamo uno scherzo della natura vivente. Un tentativo andato a male che però non si è ancora arreso e insiste a strozzo. A me ha sempre fatto ridere una cosa simpatica...che per le scimmie, noi umani, siamo scimmie fragili, perché non siamo in grado di fare tutte le cose che per loro sono normali e ovvie. Lo stesso diciamo noi di loro. Chi ha ragione? Ovviamente noi umani abbiamo sempre ragione e ce lo diciamo da soli. Yasmina è un discorso troppo complesso. Sto cercando di stringere concetti troppo complessi da esprimere in un solo commento. Mi rendo conto benissimo che è difficilissimo che il messaggio passi chiaro. Si potrebbe persino pensare che io sia un misantropo quando è proprio il contrario perché mi piacciono gli esseri umani. Mi piacciono gli esseri umani né più né meno, però, di tutti gli altri esseri viventi e ognuno ha la sua altitudine. Ognuno può fare cose per noi impossibili e inimmaginabili. Noi possiamo fare cose impossibili per loro? E loro possono fare cose impossibili per noi. Non capisco la differenza reale e oggettiva. Perché bisogna pur finirla una volta per tutte nel definirci da superiori, per conto nostro. Chiediamolo agli altri animali se siamo così superiori e vediamo cosa ci rispondono. Facciamo un sondaggio :)
@@cesareideemusicali veramento ho letto eccome. Boh stiamo parlando di cose diverse qui. Un conto è il concetto poetico di morte a cui si attacca l'elegia e il gotico-romantico. Un conto è sapere che cosa è la morte e capire che cosa vuol dire. In questo gli animali sono come noi, capiscono il concetto di morte e ne hanno paura. Il resto francamente è abbastanza confuso, stai facendo voli pindarici che capisci solo tu, quindi sulla fiducia sono daccordo e amen. Poi come tu faccia a sapere cosa pensano le scimmie è interessante
la morte è un idea.certi indu festeggiano quando muore qualcuno perche per loro significa la liberazione dal corpo e dall obbligo di stare su questo pianeta.la morte non sempre è tragica.quello che ci fa soffrire spesso è l attaccamento alla persona o all idea di essa.consiglio di leggere ed eseguire le meditazioni buddiste tibetane sulle cause della sofferenza, attaccamento, permanenza, morte, ecc.secondo la mia esperienza, valutata scientificamente perche condivisa senza preventivo accordo, lasciamo il corpo.ho avuto esperrienza con mia madre.i nostri cari ci vengono in sogno.portatevi una ventiquattrore piena di euro in caso s pietro non vi faccias entrare.scherzo naturalmente
Mi spiace per te. E per lui, ovviamente. Condoglianze. In Maremma si usava "tirare il calzino". Credo in riferimento all'immagine di qualcuno che scalcia in preda agli ultimi spasmi, stirando i piedi. Vedo che qualcuno delle Marche ha anche scritto "tirare le zampe" e credo sia più o meno la stessa cosa.