Rispetto per questo grande dotto che parlava 6 lingue, si è laureato a parigi con sartre e althusser come professori e ha vissuto parecchi anni in Grecia.
Rimango sempre estasiato dalla semplicità abbinata alla precisione con cui Preve spiega concetti decisivi per la storia della filosofia. Si può dissentire (con rispetto e cautela ovviamente) su alcuni punti della sua Lectio, ma rimane un grandissimo pensatore. La mia coppia ideale è Severino/Preve. Grazie.
Esperienza e profondità di un grande professore: storicizzare i presocratici, riflettere sul lato politico del loro pensiero, sul concetto di giustizia come equilibrio delle parti della polis. Grazie per il video.
O PROFESSOR PODERIA NOS FALAR DA ANTINOMIA ENTRE O PENSAMENTO DE G.B.VICO,CRIADOR DA CIÊNCIA HISTÓRICA E DESCARTES COM SEU PENSO,LOGO SOU.VICO CRITICA A FILOSOFIA DE DECARTES POR ELE NÃO SE DAR CONTA QUE SUA FILOSOFIA NÃO PODERIA ABARCAR TODO O PENSAMENTO HUMANO,DAÍ INDICAR OUTRO CAMINHO.PERDOEM-ME,POR ESCREVER EM PORTUG
Non condivido l'hegelismo "ortodosso" di questi studiosi, ma ritengo il criterio interpretativo utilizzato da Preve, la "deduzione sociale delle categorie del pensiero", impiegato nella lettura del pensiero greco, un contributo notevole, che potrebbe cambiare radicalmente in futuro - e in iuxta propria principia - la tradizionale lettura di quei primi filosofi.
Sono d'accordo con la Sua posizione, anche se non mi sembra che quello che viene qui detto siano cose del tutto nuove: ricordo di aver preparato un esame di Filosofia morale io stessa trent'anni fa e di aver studiato su testi che già proponevano qualcosa di questa tesi interpretativa, richiamandosi anche ad autori in linea con le ricerche storico-antropologiche delle Annales. Ciò che caratterizza soprattutto Fusaro è l'uso di un linguaggio particolarmente ricco di vocaboli "potenti" che rischia di intimidire l'ascoltatore e porlo già nella posizione di essere testimone di una specie di rivelazione: "deduzione sociale delle categorie del pensiero"... come fa l'essere comune a capire di cosa stiamo parlando? In fondo, qui ci si riferisce alla proiezione sulla Natura (phìsis) dell'esperienza umana fatta nella società fino a quando, a sancire il mondo del sociale poteva essere la visione del mondo concepito come "cosmos", ordine. Quando il binomio Natura/Società umana perde significato, ovvero attorno al V sec.a.C., pensatori quali Anassagora (appartenente all'orbita di Pericle), Democrito, i Sofisti, ciascuno a suo modo, esprimeranno una crisi di valori, alla quale Socrate propone la soluzione che di nuovo viene espressa da Preve (e Fusaro) con l'aggettivo "umanistica"/il sostantivo "umanesimo"... e, perdonatemi, ma la parola sembra così bella da attrarre simpatia per sé stessa... ma cosa si dice di nuovo se non ripetere qualcosa che io già leggevo e studiavo trent'anni fa: l'uomo si distacca dalla Natura/cosmo, questo lo rende cosciente della sua libertà, ma anche della sua solitudine: non v'è nulla che sancisca fuori da sé/dal suo mondo umano, la distinzione tra vero e sbagliato, giusto ed ingiusto.... Se la tragedia nasceva dal conflitto tra due verità morali sentite altrettanto cogenti (e qui già cominciava la nascita della coscienza dell'individuo in quanto soggetto e la crisi conseguente del mondo arcaico, per esempio secondo Dodds, che leggevo già allora), ora il problema è capire se una verità è davvero esistente e, se esiste, è davvero conoscibile. Chi legge potrà valutare se il discorso qui fila e se tanto si discosta da quanto viene detto da Preve/Fusaro, che però, attribuendo alla filosofia quell'imperscrutabile "valore/contenuto VERITATIVO", sembra acquistare una valenza di particolare novità e "profondità filosofica". In sostanza, mi pare che qui una linea storico interpretativa interessantissima ed alla quale Preve/Fusaro danno sicuramente contributi interessanti venga semplicemente rivestita di parole nuove. Dalle domande di Fusaro (le prime 4 assolutamente ridondanti) mi sono trovata a chiedermi se questa tendenza, forse iniziata dal maestro nei confronti della sua scuola di riferimento, non sia portata all'estremo da Fusaro, che sembra dire le stesse cose, ma con un'eloquenza ammirevole e fascinosa, che però non so quanto tolga o aggiunga al già detto. Con tutto il rispetto dovuto a chi ama le cose che anche io amo.
Condivido la sua opinione, colgo anch'io l'hegelismo della "deduzione sociale delle categorie del pensiero" che è un contributo importante, ma resto anche legato alla lettura tradizionale, per esempio, di Parmenide.
Mi pare verissimo quello che dice Preve sulla presentazione della filosofia nelle scuole come sapere artigianale della scienza. Personalmente ne ho pagato il fio per più di dieci anni. Sono anche d'accordo sulla necessità di un ridimensionamento della componente naturalistica e al contrario dell'enfatizzazione di quella sociale nei filosofi delle origine, ma mi pare che in quest'opposizione si faccia totale astrazione della componente religiosa-misterica, che in questi filosofi secondo me è importantissima. Si spiega la natura per parlare (almeno anche) dell'uomo, sicuramente. Ma nell'analisi della phisis quello che conta non è la ricerca dell'origine ? Se così è, si tratta, credo, di un problema innanzitutto escatologico. Penso vada interpretato così, ad esempio, il riferimento alla necessità e alla distruzione nel frammento di Anassimandro. "Naturalmente" potrei anche star dicendo una sciocchezza, non sono esperta della materia bensì neofita.
mi pare che voler interpretare Parmenide in chiave "politica" e non puramente "naturalistico/filosofica", in assenza, tra l'altro, di alcuna fonte che ci dia notizie su cosa pensasse e facesse Parmenide, se non la sua opera chiamata "Sulla Natura" (che già dice tutto) sia una maniera di "delegittimare" la filosofia intesa come ricerca pura del principio primo e quindi della ricerca "metafisica" del significato e verità dell'esistenza.