Sono (anche) un linguista, specializzato in giapponese. Parlare di sessismo intrinseco nella lingua non ha letteralmente alcun senso, ma non spiego perché visto che ci impiegherei ore. In compenso posso dirvi che in giapponese non esiste il genere, ne tantomeno il numero, dunque questo dovrebbe essere specchio di una società altamente inclusiva e paritaria? Beh, purtroppo no, anzi, la società giapponese è alquanto maschilista. Ottimo video come sempre
Ti prego, spiegamelo, perché moltə altrə linguistə sono convintə del contrario (tipo Vera Gheno. O me, che però affiancata a Vera Gheno devo solo tacere)
Comunque come argomento non vale molto. Il Giapponese potrebbe ben essere neutro, e promuovere la neutralità, senza che ciò basti. il punto non è che sia sufficiente, nè che sia necessaria, ma che sia uno degli elementi che contribuiscono. un po' come dire che il fumo non fa male perchè mio nonno ha sempre fumato e morto ultranovantenne.
@Emanuele676 assolutamente. Ma infatti il mio "collega" qui sopra (virgolettato perché io non sono un linguista ma un filologo) non ha negato questo, ma ha precisato come non si possa parlare di sessismo INTRINSECO nella struttura e grammatica di una lingua per definire una società sotto questo punto di vista, come non valga neanche il contrario qualora una lingua non presenti certe caratteristiche di forma. Quello che conta, e qui si riprende il video di Roberto, è l'attitudine e il pensiero che sta dietro e che da origine a quelle che sono le espressioni e le locuzioni (cosa diversa dalla grammatica in se e tutto ciò che ci gira in torno). Poi lasciami dire che la storia e la genesi di una lingua sono la cosa più importante per comprendere certe cose, non basta guardare quanto si ha ora (ed essendo un filologo la cosa mi preme particolarmente)
"Ma che colpa abbiamo, io e voi, se le parole, per sè, sono vuote?...E voi le riempite del senso vostro, nel dirmele, e io nell'accoglierle, inevitabilmente, le riempio del senso mio."
Ciao Roberto, quando hai parlato dell'architetto più grande del mondo ( perdonami, sono ignorante in materia e non ne ricordo il nome ) ho riflettuto su una cosa. Se tu avessi detto la più " la più grande architetta del mondo", il messaggio che sarebbe passato sarebbe stato che lei era la più grande tra le architette donne, e non fra tutti gli architetti. È veramente difficile superate costruzioni mentali consolidate da secoli. Comunque complimenti e grazie per i tuoi video "free".
Ottima e onesta riflessione. Anche io leggendo il tuo messaggio penso proprio che avrei inevitabilmente pensato "la più grande fra le architette donna" .. È proprio su questo che Roberto ci invita a meditare!
Mi scusi ma la forma corretta è appunto il più grande architetto poiché è la forna generica. Quello su cui invece posso essere d accordo è il contrario ovvero che se intendessi il più grande architetto maschio e dicessi il più grande architetto si capirebbe il più grande in assoluto
@@user-ce3nm1ll2h esattamente, nella grammatica italiana il femminile si riferisce esclusivamente al sesso femminile. Il maschile ad entrambe... Per cui la forma corretta sarebbe "il più grande architetto". Comprendo il ragionamento, ma in questo caso non si tratta di costruzione mentale, o almeno non solamente, ma anche di grammatica
Volendo proprio fare i pignoli, avremmo dovuto precisare che si tratta del più grande architetto vivente o contemporaneo. Paragonare Zaha Hadid ad Apollodoro di Damasco, Bernini o Frank Lloyd Wright mi pare un po' azzardato.
Le pause, la forza delle parole, delle espressioni. Nei tuoi occhi ad un certo punto si leggeva quanto fossi calato in questo tuo monologo. Uno dei tuoi migliori video Roberto, complimenti.
Video bellissimo, hai esternato dei pensieri che mi porto dentro da tanto. Nota a margine: da diversamente abile ti dico, questo termine non mi dispiace. Non l'ho mai inteso come tu fai nel video. Diversamente abile per me significa che ha abilità in altri campi rispetto a quello dello "svantaggio". Quindi citando il tuo esempio: se uno non vede, per me diversamente abile significa che questa persona esprime e possiede abilità in aspetti diversi dalla vista. Magari ci sente benissimo o sa sempre da che parte inserire le chiavette usb.
Non sono d'accordo con la tesi del video. Provo ad argomentare. Innanzitutto, apprezzo moltissimo il tuo modo di argomentare le tue tesi Roberto. Spingi sempre a riflettere senza imporre. Anche se, da esperto oratore quale sei, fai giustamente ricorso ad esempi un po' estremi per sostenere le tue tesi. Lavoro nel settore commerciale. Ho letto molto sulla "scienza" della vendita. Ho ascoltato diversi seminari di "santoni" della comunicazione. Alcuni sono senza dubbio dei ciarlatani, come fu probabilmente quella persona che suggerì alla vostra azienda il ridicolo scambio della parola "problema" per "opportunità". Da altri c'è molto da imparare. Ritengo tuttavia che ci siano degli inciampi nel tuo ragionamento, e che tu abbia usato, consciamente o inconsciamente, almeno due "fallacie retoriche" per argomentare la tua tesi: la "composizione" ossia il ritenere che ciò che è valido per una parte sia valido per il tutto, e la "reductio ad absurdum", ossia portare ad un esempio estremo la tesi che si vuole confutare, per dimostrare indirettamente che tutta la tesi è priva di senso. Il primo esempio del video, ossia il caso del "santone delle vendite" che suggerisce di sostituire problema con opportunità, è una esasperazione di un caso estremo di sostituzione erronea, quindi facilmente condivisibile, che per "composizione" porti a ritenere valido per tutti i casi in cui una semplice sostituzione di parola non ha effetto. La mia opinione, in disaccordo con la tesi che proponi, è che anche le singole parole, o la semplice sostituzione di alcune di esse con dei giusti sinonimi, possano trasmettere la stessa identica informazione all'interlocutore, (quindi lasciando inalterato il messaggio, ed evitando casi limite in cui si perde la comunicazione perchè problema=opportunità) seppur avendo un impatto psicologico completamente differente. Quindi anche il cambio di una singola parola in un'intera frase può influenzare la psicologia dell'interlocutore. Per argomentare porto 4 esempi. Sicuramente non sarà un'argomentazione esaustiva, ma spero aiuti a riflettere. Esempio 1: "Questo bene che vorrei acquistare è caro" vs "Questo bene che vorrei acquistare è costoso". Entrambe le frasi comunicano lo stesso messaggio, ossia che il bene ha un prezzo piu' alto di quello che ci si aspettava, o della media, o di quello che ci si può permettere. Nel primo caso però, usando la parola "caro", si trasmette inconsciamente il messaggio che il bene ha un prezzo superiore a quello che vale. Nel secondo caso invece un bene "costoso" trasmette il messaggio che il prezzo è alto perchè rappresenta il valore del bene. Il primo caso trasmette negatività, stanno provando a farmi pagare piu' di quello che vale. Il secondo è molto piu' positivo. Sto pagando tanto perchè vale. Esempio 2: "Il prezzo di questo bene è 10,000€" vs "Il valore dell'investimento per questo bene è 10,000€" Esempio simile al primo. Il messaggio è lo stesso. La percezione inconscia nell'interlocutore è diversa. Nel primo caso, prezzo si associa ad esborso di denaro, perdita, negatività. Nel secondo caso "investimento" è un esborso che intrinsecamente porta con se il concento di ritorno, guadagno futuro, vantaggio. Esempio 3: "Buongiorno, scusi se la disturbo, posso rubarle un minuto?" tipica espressione di cortesia usata in buona fede ma che inconsciamente trasmette negatività per la presenza dei termini "disturbo" e "rubare". Inconsciamente: "Questa persona che ha chiamato mi sta disturbando dal mio lavoro e mi sta rubando tempo." Alternativa: "Buongiorno, la trovo in un buon momento per dedicarmi un minuto?" Stesso concetto. Inconsciamente: "buon momento. Positività. Dedicare associato al dare, altruismo." Esempio 4: "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto, però è importante considerare anche i pregi" vs "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto, [pausa] ed importante considerare anche i pregi" Qui si sostituisce una congiunzione avversativa come il "però" che in qualche modo nega e si mette in opposizione con la tesi dell'interlocutore, cambiandola per una pausa + una preposizione "e" che trasmette empatia, allineamento di opinioni, inclusione e non conflitto. Potrei portare altri esempi. Spero di essermi riuscito a spiegare. Complimenti a chi ha avuto la pazienza di leggere fin qui. Grazie comunque a Roberto per i continui spunti di riflessione.
Ciao Brunoliegi! Grazie del messaggio! Finalmente qualcuno che argomenta! Apprezzo molto. Provo a risponderti con ordine e in modo articolato. Sulla parte delle fallacie logiche non so cosa dire se non che sono tutti casi reali e in cui realmente mi sono imbattuto. Perciò non mi sembrano in nessun modo assurdi né artificiosi. E, per me, ha senso evidenziarli, rifletterci sopra, avversare il pensiero che li ha prodotti. Ma veniamo ai tuoi esempi. ESEMPIO 1: Questo, per me, è il più impressionante, quello che mi colpisce di più. In effetti "caro" e "costoso", sulla carta sono sinonimi. Eppure bisogna ammettere che usare una parola o l'altra fa tutto un'altro effetto, come dici tu. Si tratta però, appunto, di due sinonimi e di due parole che esistono entrambe. Non si tratta di una cambio di senso, come quello fra "problema" e "opportunità", né si tratta di inventare espressioni nuove e artificiose come "diversamente abile". Le due espressioni "questo prodotto è caro" e "questo prodotto è costoso" sono entrambe perfettamente naturali e credibili. Il fatto che la percezione delle due frasi sia così diversa fa parte, per me, della magia imperscrutabile del linguaggio; ed è uno dei motivi per cui vale la pena scegliere con tanta cura le parole. E anche io, quando devo scrivere una lettera che è particolarmente delicata e importante, spendo tempo ad armeggiare con i sinonimi, sposto l'ordine delle frasi e mi arrabatto in certe minuzie apparentemente insignificanti. Esagero? Perdo tempo? Penso di no. Fin qui, insomma, ti seguo e sono sostanzialmente d'accordo con te. Non è questo che contesto o che mi lascia perplesso. ESEMPIO 2: Questo mi convince già di meno, onestamente. Se qualcuno mi dicesse che "Il valore dell'investimento per questo bene è 10,000€", io, da ingenuo e ignorante quale sono, probabilmente chiederei cosa si intende, esattamente, per "valore dell'investimento", immaginando chissà quale astrusità finanziaria o bancaria. A quel punto qualcuno, prima o poi, sarebbe costretto a dirmi che si tratta di un giro di parole per "costo" o "prezzo". Al che, immagino, mi sentirei leggermente preso per il culo. Ma io sono un caso particolare; può darsi che con la maggior parte delle persone funzioni alla grande. :-) ESEMPIO 3: Concordo sul fatto che, in effetti "posso rubarle un minuto?" risulti irritante. "Rubare" in italiano significa sottrarre con la forza o con l'inganno. Mi fa immaginare una relazione da cui io non avrò nessun vantaggio, ma da cui sarò impoverito; a meno che non si tratti una frase ironica. È semplicemente una frase fatta che è "mal fatta"; un termine usato male. E sono d'accordo con te che non vada bene. Ma, di nuovo, non si tratta di inventare stranezze, si tratta semplicemente di correggere un errore. Dopodiché ci possiamo chiedere: "è sufficiente questo a non irritare l'interlocutore?". Non saprei. Mi rifaccio alla mia esperienza personale. Io soffro perennemente di mancanza di tempo; non amo essere disturbato, il mio numero di telefono personale non è pubblicato e, quando qualcuno ha la ventura di trovarlo e fare suonare il mio apparecchio, purtroppo la domanda che mi nasce subitanea è: "Chi sarà, adesso, questo rompicoglioni?". Quello che succede poi dipende da vari fattori. Alcuni interlocutori mi parlano con una allegria e una confidenza che mi sembrano del tutto immotivati; la cosa mi sembra artefatta, mi insospettisce e di solito mi irrita. Altri, al contrario, parlano lentamente, con lunghe pause, momenti di esitazione, numerose parentesi che allontanano il punto della questione. In quei casi penso: "Mi hai chiamato prima ancora di aver deciso cosa volevi dirmi? E io dovrei collaborare con una persona così confusa? Dio ce ne scampi!" Altre volte è il tono di voce insolitamente fermo e autorevole che mi incuriosisce. Oppure l'uso di un linguaggio forbito, che mi fa pensare ad una cultura fuori dal comune. Altre volte scatta un'empatia immediata e indefinibile. Insomma, come dico più volte nel video, la relazione fra il linguaggio e la psiche è complessa, straordinariamente complessa, involuta e sottile. E, secondo me, lo ribadisco, spesso si ripone ingenuamente troppa fiducia nel potere persuasivo di una singola parola. ESEMPIO 4: Su questa non so immaginare che effetto mi farebbe il sentirla pronunciare. Il fatto è che "Hai ragione quando dici che il prodotto ha questo difetto" e "è importante considerare anche i pregi", sono obiettivamente due frasi che vanno in direzione opposta. Insomma, la proposizione avversativa è logica e naturale. Che effetto mi farebbe sentire sostituito un "però" da un "e"? Funzionerebbe, e otterrebbe l'effetto desiderato? Mi sembrerebbe artificioso e mi insospettirebbe? Come ho detto, onestamente non so dirtelo. Dovrei sentirmi dire la frase davvero per saperlo. Ecco, questo è quanto. Ti ringrazio ancora per i tuoi stimolanti esempi e spero di avere descritto in modo più articolato e preciso il mio punto di vista. Alla prossima! Roberto
Forse ho capito male o forse non afferro completamente il significato delle parole e le tecniche persuasive in una conversazione reale, in quanto a me pare che un bene caro non sia un bene costoso: se mi venisse proposta una biglia di vetro a 200€ sarebbe cara, un paio di scarpe sarebbero costose, una fornitura di viveri per un anno sarebbe, probabilmente, un affare. Per quanto riguarda: "scusi se la disturbo, posso rubarle ecc." Se non ho tempo da dedicare a una persona non c'è perifrasi sostitutiva che tenga. Per quanto riguarda: "il prodotto ha dei difetti... ed importante valutarne i pregi." siamo al limite dell'anacoluto; ed eliminando l'avversativa rimane pur sempre l'avversione pregi difetti, sostanzialmente non vedo cambiamenti; in una conversazione reale queste tecniche funzioneranno, probabile, non lo metto in dubbio, ma stiamo parlando di negozio cioè di un atto di scambio in cui due parti concorrono allo stesso scopo: per concludere un affare e il negozio non è comunicazione, semplicemente se ne serve in alcuni casi. Quello che intendo dire è che secondo me conta il contesto e la coerenza parola realtà oggettiva, altrimenti si cade veramente nella falsa retorica cioè nell'utilizzo dell'arte oratoria elevata per scopi non altrettanto elevati. Da tenere presente anche il peso che ha in questo discorso il lessico proprio di una lingua, cioè quanta materia prima si ha a disposizione. Prendiamo per esempio l'antico greco e confrontiamolo col latino: sia quantitativamente sia qualitativamente le loro lingue hanno prodotto opere di retorica e filosofia ma anche modi di pensare e popoli ben diversi, più o meno pragmatici più o meno inerenti la realtà oggettiva. Per intendersi: la sofistica è nata in Grecia, la retorica di Cicerone a Roma. La lingua varia nel tempo oltre che nello spazio e quindi sono completamente d'accordo con Roberto: se non cambia l'atteggiamento mentale, sostituire artificiosamente una parola con un'altra è inutile, se poi il concetto che esprime quella parola che si vuole cambiare è negativo, questa negatività prevarrà sempre, faccio solo un esempio che mi venne proposto ai tempi ormai lontanissimi della scuola dell'obbligo: prof. posso andare al gabinetto; prof. posso andare in bagno; prof. posso andare ai servizi; prof. posso uscire... qui addirittura nell'evoluzione linguistica si è sostituito il concetto col nulla, ma le risatine dei compagni maliziosi rimangono.
@@RobertoMercadini Innanzitutto grazie del tempo che hai dedicato alla risposta. Soprattutto alla luce del fatto che sei spesso a corto di tempo, acquista doppio valore. Personalmente non mi ritengo un gran sostenitore del relativismo, in cui la verità sta sempre nel mezzo, e tutti hanno sempre un po' ragione. Tuttavia, in queste questioni un po' filosofiche e sfumate, in cui è difficile se non impossibile dimostrare scientificamente dove sia la verità, credo la soddisfazione sia già nel sapere di aver portato gli altri a riflettere. Stavo quindi riflettendo sui miei esempi, alla luce delle tue considerazioni. Mi è piaciuta molto la tesi che sostenevi, non ricordo se in questo video o in quello di risposta che hai pubblicato ieri, sul fatto che le parole si "sporchino" col tempo. Parole originariamente innocue vengono sporcate negli anni, nei decenni dalla società, dai pregiudizi, dalle esperienze ad esse collegate. Forse il mio esercizio può ricollegarsi semplicemente al continuo tentativo di sostituire alcune parole "sporche", che si portano dietro un carico negativo indesiderato, con sinonimi e parafrasi piu' pulite. Oppure, caso ancora piu' auspicabile, sostituire con parole altrettanto "sporche" di messaggi piu' utili alla causa. Perchè influenzare (sporcare) negativamente il messaggio usando una certa parola, quando ne esiste una piu' pulita? Premetto che tutto ciò che ho detto riguarda la percezione latente. Quel sottostrato di emozioni, sentimenti piu' o meno consci, che le frasi e le parole si portano dietro. E' quello che si cerca di influenza cambiando alcune singole parole. Resta invariato il risultato evidente che se una persona non si può permettere una certa cosa non la comprerà, o se non ha tempo di ascoltarti non starà al telefono, o se il difetto è troppo importante non c'è pregio che tenga per compensare. Indipendentemente che si usi costoso al posto di caro, investimento al posto di prezzo o dedicare invece di rubare. Quello che, a mio parere cambia, è la percezione generale che l'interlocutore avrà di te. Citando il famoso monologo di Al Pacino in "Ogni maledetta domenica" in cui la partita non si vince in un colpo, ma si vince guadagnando ad ogni azione di gioco un centimetro in piu' dell'avversario, così ritengo che la grande partita della comunicazione, fatta di tante parole,frasi, discorsi, possa alla lunga essere "vinta" guadagnando impercettibile terreno ad ogni occasione possibile. Per quanto riguarda l'esempio 2, quello di prezzo=investimento, nel mio caso risulta facilmente sostituibile perchè lavorando nel btb (business to business) i miei clienti sono aziende, non persone fisiche come nel btc (business to consumer). De facto, qualunque azienda che sta comprando qualcosa sta investendo. Ritengo inoltre che non risulterebbe strano neanche in una conversazione con un consumatore, se usata nel giusto modo. Per esempio, immaginiamo tu sia un mio potenziale cliente a cui sto cercando di vendere un cellulare. Ti sto parlando di tutte le caratteristiche fantastiche, fotocamera, batteria, schermo..tu mi interrompi bruscamente e chiedi "si, però qual'è il prezzo?" Io ti risponderei in completa tranquillità "Roberto, per acquistare questo cellulare devi investire 800€". Tu potresti ribattere "800€!?, ma è molto piu' caro di quello che mi aspettassi". Io risponderei "Certo Roberto, questo modello è indubbiamente costoso. Non stai semplicemente comprando un cellulare, ma investendo in uno stile di vita diverso.. Il mio lavoro è quello di aiutarti a valutare tutte le implicazioni della scelta, per permetterti di prendere la migliore decisione per te stesso"...e così via. Chiedo perdono per la digressione, non volevo trasformare questo intervento in un corso di vendite. :)
@@marcoferrari2851 Ciao Marco, ragionamento sicuramente valido. Anche se e' vero quello che sostieni, è anche vero che la vita, o la maggior parte di essa, è una "vendita" o "negoziazione" costante in tantissime situazioni diverse che esulano dal mero scambio commerciale. Anzi, lo scambio commerciale è forse una delle poche situazioni in cui le due parti sono consciamente consapevoli di star effettuando una transazione. Non stai vendendo te stesso quando fai un colloquio di lavoro per essere assunto? Non stai vendendo te stesso al primo appuntamento per "vendere" la miglior versione di te alla ragazza/ragazzo che ti piace tanto? Non stai vendendo la tua idea quando proponi al tuo amico di andare al cinema invece di andare a bere una birra? Non stai vendendo il tuo tempo quando in casa negozi con la tua compagna/compagno sui giusti turni per le pulizie? Quando si sceglie se andare in vacanza al mare o montagna. Quando si difende o si accusa qualcuno in tribunale. Quando sei interrogato a scuola dal professore. Non sono questi esempi di vendita? Non sono quindi d'accordo sulla tua affermazione quando dici " il negozio non è comunicazione, semplicemente se ne serve in alcuni casi". Da notare che all'inizio del commento ho utilizzato il "quasi-anacoluto" quando ho detto "è vero quello che dici, ed è anche vero.." Volevo controbattere alla tua tesi, senza entrare in un clima di diretto contrasto di idee. Ho pensato fosse utile alla conversazione sperimentare questo espediente retorico sul nostro caso reale. Magari puoi darmi un feedback su come ti è sembrato fluisse il ragionamento.
@@BrunoLiegibastonliegi Hai ragione: tutta la vita è una continua negoziazione, anche questa piacevole chiacchierata lo è. Ed io in questo negozio posso solo dirti come la vedo, non come è ma quali effetti e conseguenze hanno su di me alcune tecniche persuasive. Innanzi tutto partiamo dalla fine, dire: "è vero quello che dici, ed è anche vero..." è sintatticamente corretto, a differenza dell'esempio sui pregi e difetti, quindi non è un anacoluto, al limite l'unico errore è la virgola prima della congiunzione, un banale segno grafico che da solo basta a farmi capire che separi nettamente le due tesi. Ora queste tecniche nella scrittura sono facilmente identificabili, durante una chiacchierata vengono rese con pause e gestualità che bastano però a farmi avvertire una certa forzatura nell'atteggiamento espositivo dell'interlocutore e quindi questo mi dispone negativamente ma, ripeto sto parlando per me stesso, non per tutti. Se passiamo all'anacoluto, come quello sui pregi e difetti e lo valutiamo durante una conversazione più o meno formale: contrattazione, negozio, organizzazione lavorativa, famigliare ecc. Ebbene questa figura retorica, che serve a dare un tono espressivo al discorso e lo fa stravolgendo per quanto possibile le regole sintattiche, con lo scopo di avvicinare il linguaggio a quello comune e rendere il discorso più vivace, se la incontrassi, non neii Promessi Sposi messa in bocca ad un umile comprimario, ma nella vita reale durante una conversazione, mi farebbe sorridere e mi farebbe insospettire, l'una o l'altra reazione nella misura in cui avverto genuinità e spontaneità nell'interlocutore, sto parlando sempre per me stesso. Vorrei solo fare un breve esempio e lo vado a prendere, così a memoria, dal libro citato: "I poveri, che Dio abbia pietà di loro!" Una frase così in una conversazione colorita può anche andare bene ma una qualsiasi sua versione tipo: "Le faccende domestiche, che Dio te la mandi buona." Oppure: "Una birra, che cos'altro ci vorrebbe adesso?!" O ancora: "Questo telefonino, non ce n'è uno meglio al mondo!." Ebbene frasi così potrebbero scatenare ilarità o indisposizione, a seconda di contesto, argomento e interlocutore. Ma tutto questo lo scrive una persona che difficilmente parla, preferendo ascoltare, leggere o al limite scrivere, quindi sono idee del tutto personali che semplicemente tenevo a condividere. Completamente d'accordo con te sul discorso riguardo la percezione ed è giusto che certe tecniche mirino a migliorare la percezione di te nell'interlocutore: è un lavoro difficile e impegnativo che spesso cozza contro diffidenza e maleducazione, per questo motivo non posso fare altro che accordarti tutta la mia stima. Tutti i tuoi esempi conducono comunque alla dimostrazione che la comunicazione è sempre un negozio ed e vero, ma questo non significa direttamente che un negozio è una comunicazione significa secondo me che il negozio si serve della comunicazione ma alla fine sono due cose ben distinte. Per negoziare devo comunicare ma per comunicare non è necessario che negozi qualche cosa: la comunicazione va ben oltre e non si limita alla lingua, un segnale stradale di stop per esempio ti comunica di fermarti senza proporti alcun negozio, lo stesso vale per un prato fiorito che ti comunica la primavera ma non ti invita a comprare i suoi fiori, tutto è comunicazione, non tutto è negozio e quasi tutto si serve della comunicazione. Una parte che però mi colpisce del tuo discorso è quando dici che hai voluto sperimentare un espediente retorico. Questo mi colpisce perché, soprattutto in una conversazione scritta, certe tecniche difficilmente passano inosservate ed hanno un effetto su chi legge che si potrebbe definire, ma anche qui sto parlando per me, di lucida analisi che mi porta a sezionare lo scritto e chiedermi perché mai ha voluto scrivere questo? Perché l'ha messa giù così? Ed è un po' come se la cavia sezionasse il ricercatore non ti pare?
Bravissimo. Io sinceramente mi farei anche la domanda "ma siamo così sicuri che la società sia maschilista, e non bisessista?". E' chiaro che se si osserva solo il problema di una categoria, ignorando i problemi delle altre categorie, si rischia di dipingere una categoria come vittima e l'altra come carnefice.
Ogni volta che ti ascolto ho un orgasmo culturale. Questa volta è stato multiplo e più violento che mai. Uno dei migliori video di RU-vid Italia, uno dei migliori tuoi, complimentiIIIIIIII!
Roberto, si vede che sei un grande poeto, un linguisto, perché le tue riflessioni sono oltre tutte quelle opinioni di pancia che oggi si sentono tanto e ovunque. Sei anche un grande attore e registo, e si vede che sei capace di grandissima sensibilità, ad esempio per come difendi tutte le nostre amiche architette e ministre e giudichesse! Ti seguo da molto tempo ormai e ti ho fatto conoscere tra tanti amici: sono un tuo vero e proprio proselito, entusiasto di esserlo! Grazie mille Roberto
Il cambiamento da perseguire è senza dubbio, come tu dici, nel pensiero e nella cultura È tuttavia vero che è estremamente più facile modificare un termine, e così segnare la volontà di modificare un concetto proprio della nostra cultura Il fatto mi sembra essere che molto spesso si percepisce il cambiamento nei termini come una conquista, piuttosto che come un punto di inizio Modificare le parole talvolta mi sembra necessario, ma pensare che sia sufficiente mi sembra solo un’illusione
Ciao Roberto. Sono una ex studentessa di un tuo caro amico, che fu mio professore di Italiano per un solo anno di superiori, purtroppo. I tuoi video aprono la mente, li trovo molto stimolanti, e ringrazio il mio ex prof per averti portato nella nostra scuola. Ho speranza che anche altre giovani menti rimangano ammaliate da te, perchè abbiamo bisogno di conoscere persone così, che stimolino la nostra mente e il nostro pensiero. Perciò spero tanto che tu continui ad andare nelle scuole e a farti conoscere anche tra i più giovani! Io, 6 anni dopo averti conosciuto, non ho ancora smesso di seguirti e guardare incuriosita i tuoi video, e spero tanto che ciò sia accaduto anche ad altri studenti come ero io. Perciò Grazie per offrirci sempre nuovi stimoli e nuovi spunti su cui ragionare!
Al mio tema di maturità del 95, mi è stato contestato che ho usato la parola handicappato in una frase. Utilizzata per indicare una categoria di persone, non certo per offendere nessuno. Il fatto che mi abbiano detto che era una parola offensiva, mi ha fatto capire chi ti critica in realtà sta criticando una parte di se stesso. Quel se stesso che userebbe quella parola per offendere qualcuno. Comunque riesci sempre a stupirmi✨
Caspita, quando vedo i tuoi video, capita che lucubrazioni mie su argomenti a cui non ho dato un capo o una coda in attesa di rimaneggiarli e riplasmarli per dargli un senso, rimangano sospesi nelle mia mente senza giudizio, (senza una presa di posizione che mi soddisfi). E a volte vengono riorganizzati, rimestati, ridefiniti in maniera chiara e concorde con i miei pensieri, dalle tue e parole dai tuoi ragionamenti. È già la seconda (o terza) volta che mi succede e nel giro di un video mi fai avanzare su dei concetti, magari anche di mesi o anni. Grazie Merca.
Ho apprezzato veramente tanto questo video. Sono felice di aver ascoltato queste parole, che tu abbia dedicato del tempo per spiegare a tutti quelli che hanno visto e che altri vedranno (spero), questo video, quanto sia importante e fondamentale comprendere e far nostro questo concetto.
Grazie! Grazie perché spingi a ragionare, ad andare nel fulcro delle cose, soprattutto quelle semplici e quotidiane, che magari usiamo dare per scontate. Il tutto attraverso una naturalità, ma complessità disarmanti.
Argomento interessantissimo. Mi ritrovo molto nella tua disamina. Hai portato degli esempi inequivocabili e credo utili alla comprensione. Sei sempre una sorpresa 😁👍
Fantastico video, molto attuale. Mi hai fatto pensare al percorso terapeutico che ho fatto negli ultimi anni. Ero "prigioniera" di alcune parole/frasi che mi erano state dette e ripetute fin da piccola in contesti poco sani, e che per questo avevano su di me un enorme effetto negativo. Una di queste - paradosso incredibile - era "ti voglio bene". La frase più semplice e forse più pura del mondo aveva per me l'effetto che avrebbe potuto avere un "non sei al sicuro". Ho impiegato anni per riuscire a "depotenziare" questa frase, anni durante i quali l'ho sostituita con diversi sinonimi e durante i quali stringevo i denti se mi veniva rivolta. Questa esperienza mi ha fatto cambiare idea su molti dei temi che riguardano l'uso delle parole. Perché ciò che io non riuscivo ad integrare, ai tempi in cui non potevo usare o ascoltare quella frase, era la differenza tra il passato traumatico ed il presente. La differenza di contesto. La soluzione per me non era cancellare quella frase o prendermi in giro sostituendola con altre varianti. Ora, questo è un caso parecchio personale e sicuramente non applicabile al discorso più generale che tu hai fatto (ci sono in campo anche dei meccanismi traumatici che non sono assolutamente in tema con il discorso), però penso che il concetto sia un po' questo: siamo legati ad un concetto obsoleto di alcuni termini, ma la realtà è già cambiata. Oggi, se pensiamo a medico, avvocato o giudice, non siamo portati a pensare immediatamente ad un uomo, e se lo facciamo, non è certo per quella "o" finale, ma per questioni sociali ben più profonde, che un banale cambiamento formale smuove ma non risolve.
Un discorso che ho provato a fare tante volte, ma senza riuscire mai ad essere così convincente e lucido. Ma, purtroppo, io non sono Roberto Mercadini. Grazie, come al solito.
Con questo video mi hai lasciato senza parole. Non ne ho trovate , in giro per casa, adatte a descrivere ciò che hai suscitato nella mia scatola cranica. Resto in estasiato silenzio.😊😊😊
Vivo all'estero e fra covid e distanza mi manca il nostro teatro. Però i tuoi video mi riportano in quello stato di ascolto partecipato che adoro. Grazie.
Mi sono veramente goduto la visione del video, sei una persona intelligente e profonda, capace di sviscerare problemi più complessi come, in questo caso, l'uso delle parole. Grazie di averne parlato, penso di capire un pochino meglio la questione, ora che ho visto il tuo video. Ti ho conosciuto per la prima volta allo spettacolo dei digitali purpurei e sono grato di essere venuto per vederti. Continua così.
Il tuo parlare è un piacevole climax costante, ti addentri sempre piu nella questione portando argomentazioni sempre più sorprendenti.. ascoltarti è un piacere, complimenti
Grazie Roberto, mi è rimasto impresso quando qualche video fa dicesti che nella cultura ebraica è importante il confrontarsi e la capacità di dialogare ed ascoltarsi pur non essendo d'accordo. Apprezzo quest'occasione in cui si parla di argomentazioni delicate pur non allontanandosi dal significato profondo insito nella comunicazione. "L'essenziale è invisibile agli occhi" e muto all'orecchio aggiungerei. Grazie Roberto.
Grazie Roberto...alla metà circa di questo video sono ancora più cosciente (mio malgrado) di fare parte di una società diversamente abile.... Buona luce
Magnifico monologo, diretto, esplicito, magnetico. Analizzando dunque da un punto di vista linguistico, e prendendo come strumento il triangolo semiotico, possiamo quindi dire che il problema principale NON si trova nel significante (la parola), e tanto meno nel referente (l'oggetto reale), piuttosto l'errore, italiano ma non solo, si trova sul vertice del significato, ossia il valore che l'uomo attribuisce all'oggetto reale. Inutile quindi incentivarsi su lotte di modifica dei significanti, se prima di essi non modifichiamo il significato. Grazie, questi video sono sempre spunto di riflessioni.
Sei davvero un grande. La tua intelligenza si vede non solo dal fatto degli argomenti trattati fino al midollo, ma soprattutto perché nei tuoi video inizi e finisci senza tagli . Che mente 💪🏻 continua così . Accresci la mia cultura ogni video
Questo é il mio pensiero, lo penso da tempo e anche per me é inutile fare guerra alla lingua. Ma ti giuro, sentirti é stupendo, mi hai dato venire i brividi, sei veramente un ispirazione, sei uno di migliori uomini che conosca.
Ogni volta che entro in Home e vedo la pubblicazione di un tuo nuovo video mi sale subito l'entusiasmo. Porti sempre tematiche diverse e sottili sulle quali nessuno si sofferma e/o pensa minimamente. E nel mentre esponi la tua idea tiri fuori delle conoscenze e delle informazioni storiche/scientifiche/lessicali incredibili. Sei una fonte di nuova conoscenza magnifica. Continua così 🙏🏼
Mi sento esattamente allo stesso modo anche io 😍 a volte riguardo con piacere pure i video precedenti, ascoltare Roberto è sempre un piacere, ha una capacità espositiva che finora ho visto solo in pochi altri YT intellettualmente impegnati, tra l'altro ❤
Complimenti per il tuo video, è incredibile che poco prima di vederlo stessi riflettendo (per caso) più o meno sulla stessa cosa. Penso che la tua argomentazione sia come sempre illuminante. Vorrei lasciare degli spunti qui nel commento per ampliare l'orizzonte di discussione considerando da vicino i tre esempi molto diversi, ma egualmente pregnanti, che hai adottato. 1- Per quanto riguarda il primo esempio spiega in modo chiaro e semplice qualcosa di cui sono sempre stato convinto: imparare ad argomentare è possibile, ma non esistono manuali che insegnano ad essere un buon oratore. Come giustamente hai sottolineato, un buon oratore deve saper lavorare con le emozioni, proprie ed altrui, e conoscere i mezzi linguistici (ma non solo) per suscitare di volta in volta un certo effetto, anche solo una sfumatura. L'idea delle "dieci regole del perfetto oratore", portata avanti da molta della retorica e della teoria dell'argomentazione contemporanee, soprattutto di stampo anglo-americano, mancano di porre l'accento su un fatto fondamentale, ovvero che l'argomentazione si svolge in circostanze sempre diverse in cui di fatto bisogna avere spirito di adattamento, capacità di saper scegliere il mezzo più adatto alle circostanze, e quindi anche capacità intuitive e interpretative. In realtà, se si vuole, lo scontro tra questi due modi concorrenziali di pensare la retorica risale almeno alla Grecia tra il V e il IV secolo, e oggi ritorna in forma diversa, ma egualmente urgente, se consideriamo la pervasività che la teoria della comunicazione e dell'argomentazione assumono nel panorama contemporaneo. 2- Il secondo esempio inevitabilmente ci fa pensare alle derive talvolta comiche (o forse drammatiche) a cui conduce il politicamente corretto. Certamente bisogna considerare che alcune parole in qualche modo sono intrinsecamente discriminanti, come nel caso del "subnormale", in cui in un certo senso la discriminazione è inscritta nella struttura morfologica della parola, come dicevi. Altre volte, invece, siamo davanti a delle parole che, oltre ad essere offensive, sono considerate scurrili e quindi, in generale, poco educate. In questo caso bisogna distinguere le due cose per considerare meglio la portata del problema. In ogni caso bisogna considerare anche che le parole hanno la loro storia, una storia che talvolta si sedimenta, talvolta prende svolte inaspettate, altre volte le conduce alla morte. Ma in ogni caso in qualche modo si deposita nella parole e agisce anche in forme poco consapevoli o totalmente inconsapevoli nel parlante. Può avere senso lottare contro certe parole dal mio punto di vista, ma solo se lo si fa con un atteggiamento intellettualmente illuminato. Cogliere la storia di una parola, decostruirne il significato, può (ma sottolineo può) contribuire a decostruire il concetto che sta dietro la parola. Ovviamente è il concetto il fulcro, ma il concetto è fatto di parole, si radica in un'espressione linguistica che difficilmente è neutrale rispetto al valore dalla cosa o del fenomeno che vuole indicare. 3- Sulla scia di quanto ho detto sulla storia delle parole volevo anche offrire uno spunto per quanto riguarda il terzo esempio. Molte voci, anche autorevoli, del femminismo teorico hanno posto un particolare accento sul lessico in qualche modo portatore di un'idea maschilista. Tu parlavi soprattutto del genere delle parole, ma il discorso è molto interessante anche in riferimento alle parole stesse. Tantissime parole hanno un'etimologia e una storia che le vanno a connotare fortemente rispetto al loro significato, anche in riferimento alla discriminazione di genere (ma non solo). Attaccare le parole o pretendere di cambiare il dizionario è follia, ma un'analisi critica delle parole può offrire un'occasione importante per ripensare la genesi di certi concetti che si sono sedimentati nella nostra cultura e che portano con sé, esplicitamente o implicitamente, il germe di una discriminazione. Il fatto che alcuni attivisti insistano sulle parole, talvolta con risultati poco credibili, comunque comunica una presa di posizione anche ideologica (con tutte le contraddizioni che un'ideologia può comportare). Chiaramente il risultato di certi atteggiamenti radicali porta anche alla polarizzazione delle posizioni al punto tale che alcuni diffidano dai difensori dell'emancipazione perché troppo radicali, pedanti o addirittura antipatici. Anche questo va detto. In definitiva indugiare sulle parole è un(') problema/opportunità, tutto dipende dalla bravura di chi parla.
Onestamente, fino a poco tempo fa ero convinto che "ministra" fosse considerato offensivo, come ad intendere "non è un vero ministro, è una ministra, un'altra cosa".
La seconda metà del video è meravigliosa, bravissimo. Ah, e Zaha Hadid ha creato delle strutture futuristiche sinceramente impressionanti. Non voglio sapere quanto tempo le sia costato disegnare e calcolare la planimetria di ogni progetto: sono edifici infiniti!