Gli eterni sono coloro che non sono più tra noi, ma che esistono ancora nelle nostre menti e nei nostri cuori. Emanuele Severino è eterno per molti di noi
Conoscere un po' di meccanica quantica farebbe capire più il discorso sugli eterni. si tende a prenderlo com qualcosa di religioso o credenza. E questa è una interpretazione Occidentale, perché non sappiamo interpretare le cose diversamente della monogamica interpretazione Occidentale. Ci vorrebbe un po' più di curiosità personale ed certe battute sul 'peto' sarebbero evitate in favore della conoscenza, di rendersi conto che le cose possono esser viste diversamente. Ma siamo monogamici (me compreso).Severino ci dice nelle sue opere: si possono vedere le cose in un ottica diversa, ed allora tutto cambia, perché bisogna vederle sempre alla stessa maniera? Altre culture vedono la morte e il fine vita diversamente dall'Occidente ed il valore è perlomeno sempre lo stesso. Semeioticamente Severino ci fa vedere gli errori dell'Occidente, del fatto che distruggeremo il pianeta e la razza umana e noi dal nostro "alto" ci permettiamo, come fossimo Dei, di sbeffeggiare...Forsi i 'peti' son coloro che pensano che il loro punto di vista sia universale e unico in tutto l'universo...mania di Onnipotenza di persone che vanno in bagno tutti i giorni, che mangiano per campare. Poveracci
No. Per il pensiero di Severino gli eterni non sono il ricordo degli enti (anche se é un eterno anch'esso) ma primariamente gli enti in quanto sono, sono eterni ovvero non altro da sé
Carmelo Bene diceva che Deleuze era una macchina, non sbagliava un colpo. Severino lo era davvero, impossibile trovare una contraddizione nei suoi ragionamenti. Un pensatore fuori dal tempo, purtroppo inattuale rispetto alla filosofia contemporanea ma di una profondità assoluta. Altro che Agamben, la biopolitica e le fesserie di oggi.
Chi ha la volontà può volgersi verso la luce! Il farsi avanti degli eterni, si intende, come in una pellicola cinematografica! I fotogrammi sono eterni ! Per rendere più agevole la comprensione del suo pensiero unico , ma incontrovertibile , !
Rispondo alla persona che chiedeva dove è possibile trovare il video La gloria attende noi. Io registrai in videocassetta VHS il programma trasmesso da Rai Educational nel 2001. Purtroppo nel corso degli anni ho perduto tutta la collezione che avevo in video e quella trasmissione proviene dalle teche Rai. Ultimamente ho provato a vedere sui siti ufficiali della Rai se in qualche modo si può rintracciare ma senza esito.
No. Il video è tratto da uno dei 30 dvd appartenenti alla collana "Philosophia. Il cammino del pensiero". Non saprei dire esattamente da quale dvd, perché ci sono pochissime informazioni in rete, ma sul canale youtube "logos e pathos" è possibile trovare dei video estratti da quella collana.
No. Il video è tratto da uno dei 30 dvd appartenenti alla collana "Philosophia. Il cammino del pensiero". Non saprei dire esattamente da quale dvd, perché ci sono pochissime informazioni in rete, ma sul canale youtube "logos e pathos" è possibile trovare dei video estratti da quella collana.
@@AkolasiaGuardi, quel video lo avevo registrato in cassetta vhs da RAI educational e la trasmissione si intitolava La gloria attende noi. Adesso tutta la mia videoteca purtroppo è andata perduta, comunque il video, lo ricordo bene, era del 2001.
Ma la nostra coscienza è eterna? La materia sarà anche eterna (e questo forse lo diceva Einstein) ma se con la morte la coscienza si annulla (e sottolineo "se" perché non conosco a fondo il pensiero Severiniano) allora dell'eternità dei corpi o della materia che importa?
Secondo il pensiero di Severino la coscienza è eterna e non solo.. eterni sono anche i pensieri, come anche i sogni.. poiché dal momento che appaiono sono considerati "essenti" e quindi non possono essere niente !
L'auto-confutazione in cui s'imbatte Severino può essere mostrata a partire dalla comprensione dell'astrattezza dell'identità dell'esser-sé immutabile così come Severino la intende dalla quale discende un'idea astratta del mutare dell'essere del quale egli ritiene di aver mostrato inconfutabilmente l'impossibilità. La totalità delle identità-differenze sincroniche (= non diacroniche = simultanee) che è ed appare nella dimensione che Severino chiama "apparire infinito" (cioè nella verità dell'essere dove tutte le contraddizioni sono risolte) si dimostra infatti insufficiente a determinare in modo esaustivo l'essere e l'apparire degli essenti entro la dimensione che Severino chiama "apparire finito". In sostanza, la relazione tra finito e infinito così come è stata posta da Severino presenta ancora un residuo nichilistico che, se non viene debitamente corretto, determina la nullificazione dell'esser-sé della determinatezza di ogni differenza diacronica ( = processuale = non simultanea). Se seguiamo Severino infatti mi sembra inevitabile imbattersi nel problema di doversi limitare ad affermare il mero APPARIRE della determinatezza di ogni differenza diacronica, senza riuscire ad affermare (come necessario) anche l'ESSERE della determinatezza di ogni differenza diacronica, ossia di ogni specifica diacronia, ossia di ogni nesso ontologico che correla il prima al poi. Sono d'accordo con Severino che l'interpretazione del divenire come "diventare altro" sia una cattiva interpretazione, ma allo stesso tempo se vogliamo comprendere a fondo il divenire non basta fermarsi a mostrare l'incontraddittorietà della totalità delle differenze sincroniche. La rimozione di valenza ontologica al divenire (perché essa costituirebbe l'affermazione del "diventare altro" dell'essente) implica a mio avviso di porre l'identità dei non identici in quanto l'esser-sé dell'«apparire non più / non ancora» viene ad essere identificato all'esser-sé del «non apparire» simpliciter cioè prescindente dalla determinatezza della specifica diacronia del poi rispetto al prima e del prima rispetto al poi. Se l'esser sé diveniente viene annullato allora il "non più" e il "non ancora" non hanno più alcuna consistenza ontologica, sì che l'esser sé di qualcosa che "non appare" è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare ancora" ed è identico all'esser sé di qualcosa che "non appare più". Si può ricorrere alla seguente formulazione: (1): [A = x(t-1) - x(t)] = [x(t-1) - x(t) = A] la quale esprime l'esser sé dell'apparire della differenza diacronica determinata del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1). Severino, come è noto, nega consistenza ontologica alla determinatezza dell'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e dell'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima in quanto nell'apparire infinito nulla può sopraggiungere in quanto in esso tutto è già da sempre ed eternamente. La situazione prospettata da Severino nell'apparire infinito può essere indicata mediante la formula che esprime l'esser-sé dell'apparire prescindente da ogni riferimento al tempo (t), ossia eliminando dalla (1) l'essere il prima una specifica diacronia rispetto al poi e l'essere il poi una specifica diacronia rispetto al prima, o, che esprime in altri termini l'esser-sé dell'apparire del «non apparire simpliciter» di un determinato processo diacronico, nel modo seguente: (2) [A = x] = [x = A] Ora: per Severino, la "differenza di essere" della (1) dalla (2) non può sussistere in quanto tra la (1) e la (2) può sussistere SOLTANTO UNA DIFFERENZA DI APPARIRE. Infatti nella (2) la soppressione della "t" che compariva nella (1) sta a indicare che la processualità diacronica nell'orizzonte immutabile dell'apparire infinito non soltanto non deve apparire, ma soprattutto deve essere priva di consistenza ontologica in quanto è necessario che nell'infinito sia nulla la differenza DIACRONICA tra ciò che non appare ancora e ciò che non appare più, laddove invece la (1) esprime l'esser sé dell'apparire della determinatezza del «non apparire più» di ciò che a x(t-1) conveniva PRIMA del sopraggiungere di x(t) e del «non apparire ancora» di ciò che a x(t) converrà DOPO il suo essere sopraggiunto ad x(t-1). Alla luce delle considerazioni svolte si comprende perché l'ontologia severiniana sia impossibilitata a porre nell'apparire infinito la distinzione tra la (1) e la (2) che QUANTO AL LORO ESSERE consistono nel medesimo, proprio in virtù del senso dell'immutabilità dell'identità severiniana che è del tutto indifferente al tempo, non essendo riconosciuta al divenire (in quanto diacronia) alcuna concreta consistenza ontologica, ma solo il suo apparire astratto nel finito. Per ricorrere ad un esempio che era assai caro al maestro Severino, poniamo che la (1) si riferisca all'esser sé dell'apparire (A) del differire diacronico determinato tra la legna x(t-1) e la cenere x(t) che conviene alla determinazione del processo di combustione (x) considerato. Sì che la (1) significa l'esser sé dell'apparire (A) della differenza diacronica fra il «non apparire più» di ciò che alla legna conveniva PRIMA del sopraggiungere della cenere e il «non apparire ancora» della cenere che alla legna converrà DOPO il suo essere sopraggiunta alla legna. La (2) significa l'esser sé dell'apparire (A) del «non apparire simpliciter» del processo di combustione (x). Stante il senso dell'identità severiniana che si riferisce all'essere immutabile (non diveniente nel tempo) nell'apparire infinito non è consentita ALCUNA DIFFERENZA DI ESSERE tra la (1) e la (2) che quindi sono il medesimo. Stante inoltre che nell'apparire infinito essere ed apparire sono il medesimo, ne segue che l'interpretazione non nichilistica del divenire, da ultimo, per Severino deve concludere non soltanto che l'essere-sé diveniente non appare, ma che propriamente non è. Questa conclusione tuttavia si regge sull'insolubile aporia in cui si chiude l'ontologia severiniana, poiché essa, da un lato, non può negare l'apparire del divenire processuale e, dall'altro, in quanto esso è necessariamente un nulla ontologico, a rigore, non potrebbe neppure venire affermato come apparire del divenire processuale, in quanto è lo stesso Severino a sostenere (in Essenza del Nichilismo) che il nulla non può apparire. Concludendo, Severino non riesce a porre la negazione di valenza ontologica al divenire poiché tale negazione subisce la sorte di auto-negarsi per via di confutazione elenctica, stante la necessità che ad apparire sia sempre ed inevitabilmente un esser-sé e quindi tale negazione si auto toglie in quanto negazione della necessità che il sopraggiungente includa l'esser sé che compete alla propria determinatezza diacronica (= diveniente).
Mi complimento per quello che ad un profano come me sembra un commento esaustivo e competente Peccato però che al sottoscritto cosiddetto uomo di strada risulti anche incomprensibile
Ciao Ermanno! Quello che hai esposto è una figata! Ti occupi di ontologia nella vita? Hai pubblicato/postato qualcosa di più strutturato oltre questo commento? Se sì, mi piacerebbe molto entrarci in contatto, con materiale tuo o con te. Inoltre saresti disposto a partecipare ad una live con ANTIMATERIALISTA? 😺
@@alicethelolita sono un semplice appassionato di metafisica e ontologia. Ho già fatto due live con antimaterialista in cui abbiamo discusso: se le cerchi sul suo canale le trovi. Lui ritiene che la mia obiezione venga confutata da Severino, ma personalmente non ho capito né in che modo né in che senso. Prova a fartelo spiegare direttamente da lui.
Se ogni istante è eterno, perché la mia coscienza, di me stesso di questo istante, fra un istante ancora (ovvero quando sarò uscito dal cerchio dell'apparire) non è nella Gioia ma sta ancora qui nell'apparire?
@federio argenti giustamente le cose che hai detto, non è come il Paradiso, perché a parte il discorso sul 'nulla' che salto per evidenti motivi di spazio, lo vedrai solo da morto (discorso mio) perché noi pretenderemmo (tu, io altri ecc...) di vedere il Tutto quando siamo solo una parte. Una parte che ha il concetto del Tutto. Sarebbe come se noi potessimo conoscere la vita che avviene alla velocità della luce che è fuori della nostra portata perché siamo dotati di corpi che ci incatenano a questo mondo. Scusa se sono andato fuori tema, ho espresso mie opinioni su dove porta il pensiero di Severino, che come Aristotele Parmenide è Platone è ...Eterno x noi. Ci apre la mente a nuove prospettive 'oltre il semplice vivere' di per sé limitato, come i nostri sensi, limitati. Noi siamo limitati e questo quietamente dobbiamo accettare. E qui chiudo per non farti pentire di aver scritto qualcosa 🙂
Um pensatore statico. Come lo definì Jasoers un superontologo che dimentica le condizioni esistenzaziali e sociali dell'uomo. Un esempio: la filosofia di Fichte che si misura sull'assoluto pone nel Non Io la vicinanza alle condizioni di vita concreta. Prassi, problemi sociali, questioni lavirative di sfruttamento. Tutto questo in Severino manca completamente
@@francesco7215 preoccupati della gravità di aver fatto passare le tesi di Severino per filosofiche, senza dimostrare la validità di nessuna di esse, se non a furia di sofismi e discorsi retorici 😛.
@@AndreaGriecoilfilosofo Hai affermato tu che trattasi di una tautologia, quindi sei tu che stai facendo una affermazione filosofica facendola passare per valida senza dimostrazione. Diciamo che sei nella stessa identica situazione che denunci, cioè non hai detto nulla, ma solo retorica. Ci sei fin qui?