Per il senso di appartenenza non è solo un discorso di durata, ci sono tanti fattori tra cui: aspettative iniziali e riscontro delle stesse, senso di comunità/famiglia (spesso tossico) che si respira nell'organizzazione, quanto ti senti figo a farne parte o se per te è solo un mezzo per portare il cibo a casa, fase della vita in cui lo vivi, quello che ti permette di raggiungere (non solo in termini di salario e benefit) e così via. C'è chi ostenta in giro le magliette della propria organizzazione, chi invece non le vuole vedere neppure come straccio per pulire nè durante nè dopo la propria relazione contrattuale. Dubito si possa dire in maniera predefinita a priori "sono un tipo che ama cambiare ogni 5 anni" perché, continuando il parallelo fatto con le proprie fidanzate, alcune possono stancare dopo un mese, ma un'altra uno se la sposa e spera di passarci tutta la vita (in questo caso, vita lavorativa/produttiva). Se uno da piccolo ha sempre sognato di far parte di un certo ente di ricerca o di un'azienda, ad esempio, sarebbe anche capace di tatuarsi il logo (un po' come se l'è tatuato una ex cassiera livornese che ha lavorato per 40 anni alla Coop, trovi la foto in una notizia di due anni fa). Capisco anche il discorso generazionale, perché un tempo ci si identificava molto di più nel proprio lavoro, al punto che nei piccoli paesi ancora si usa dire "Tizio, il falegname" per distinguerlo da "Tizio, il saldatore" ("tizio" perché spesso il nome nei paesini è lo stesso - e la professione identifica l'individuo ben più del cognome di famiglia, soprattutto se non è una famiglia molto "importante" nel luogo). Ora si vive molto più il senso di precariato, quindi si tende ad affezionarsi meno a organizzazioni e persone, perché tanto si mette in conto la possibilità non remota di dover cambiare città o nazione, cambiare amicizie, partner, circoli di sport/hobby, lavori e tutto il resto, quindi tutta la vita assume una visione molto più "provvisoria" e, per dirla come Zygmunt Bauman, "liquida". Come ricorda il maestro, contrario ad una fotografia politica: "I muri sono caduti, è tornato il tempo di aprire tutto". E quest'apertura, rispetto ai tempi dei nostri genitori, ha pro e contro, soprattutto per chi si sentiva sicuro e protetto dall'idea di nascere, vivere e morire nello stesso posto, con un unico lavoro certo ed indeterminato per tutta la vita, come una copertina di Linus, verso cui rivolgere sentimenti agrodolci come quelli che si vedono in Fantozzi.
C'è anche da dire che il bottom 5% di google e simili nella maggior parte delle aziende normali se lo sognano. Il problema quindi non è tanto trovare un altro lavoro ma un lavoro con lo stesso livello di retribuzione.
6:12 Sono d'accordo su questo punto. La questione è che è venuta meno la responsabilità sociale delle aziende. Oggi le vedi che sui social usano termini come "siamo una famiglia" e poi alla prima folata di vento contrario licenziano senza pietà. Semplicemente restare fedeli non ripaga né in termini economici né in termini di "salute mentale". Sarà questa ondata di neo-liberismo ma, almeno per me (vecchio millenial) è davvero difficile legarmi emotivamente ad un'azienda.
Ho sempre rifiutato il concetto della famiglia a lavoro e anche quando ho sentito la leadership in passato farne menzione ho sempre detto al mio team di fare il meglio per loro stessi e mai fidarsi di quel concetto visto che ci contrattualmente potevano farci fuori con un preavviso di un giorno (lavoro a SF). Cosa che poi avvenne pochi mesi dopo.
Approvo molto di più un concetto alla Netflix che utilizza il concetto di un team competitivo, se sei forte stai in squadra, altrimenti fuori dall’uscio. Lo vedo molto più attaccato alla realtà in cui lavoro
@@gabrielebelcastro2430 "Corporate responsibility encompasses a company's commitment to operating ethically and sustainably, considering its impact on society and the environment." - Fatti una cultura prima di pontificare, ci sono diversi articoli, anche scientifici, sul legame tra layoffs e CSR
@@marcome1953 ne ho abbastanza di cultura, fidati. Specie in materie economiche. Tu invece sei all'asciutto. E non basta una ricerca su google per imparare.
Posso capire il senso di appartenenza a big G anche perchè volenti o nolenti utilizziamo tutti i giorni i suoi servizi. Condivido anche il discorso di cambiare ogni 5 anni, io non faccio testo perchè la mia media e attorno ai 2-3, ma 5 anni sono un buon arco di tempo sopratutto se lavori in un azienda dove vedi tante cose e cresci professionalmente. Per il discorso stipendi, ahimè, almeno in Italia, la fedeltà non paga molto. Mi sento ancora con ex colleghi di 15 anni fa che sono rimasti sempre nello stesso posto di lavoro e il loro stipendio è rimasto bene o male lo stesso, facendo lo "zingaro" ad oggi mi ritengo soddisfatto sia dal punto di vista professionale che economico. Lavoro per un azienda americana da poco più di 2 anni e oltre benefit vari ho visto aumentare la ral del 5% ogni anno senza chiedere, solo facendo il mio dovere, si.. al momento si sono guadagnati il mio senso si appartenenza 😄
Tutti i piu' grandi imprenditori probabilmente ti direbbero che in una azienda le questioni dei sentimentalismi in un contesto del genere sono inutili, Probabilmente determinate necessita' e mancanze andrebbero risolte fuori dal lavoro, forse le persone si creano una realta' attorno che è frutto della propria immaginazione piuttosto che essere realmente utile o necessaria, Io trovo stimolante per esempio il cambiamento ed inolre in una azienda mi occuperei soprattutto di fare in modo nell'interesse di tutti di non creare un ambiente stagnante e statico nell'interesse di tutti.
Se posso aggiungere qualcosa, da residente in Svizzera anche io: 1) In Svizzera si cambia lavoro molto spesso...è raro fare 20 anni nella stessa azienda....non succede niente se nel CV vedono che hai cambiato lavoro ogni 5 anni...se invece sei tu che ogni 6 mesi te ne vai, magari si fanno due domande. 2) In Svizzera il licenziamento è libero, ti possono convocare in ufficio mentre stai lavorando, consegni il badge e te ne torni a casa....di licenziamenti per motivi economici, ditte che chiudono, reparti che vengono automatizzati, se ne sente spesso... La cosa positiva è che spesso i locali della ditta che parte es. perché delocalizza, vengono occupati da un'altra che magari è in espansione o una multinazionale estera che apre in Svizzera...mantenendo stabile il numero degli impieghi. Non esiste come in Italia, che si vedono capannoni o uffici abbandonati. 3) In Svizzera conta tantissimo il certificato di lavoro, un foglio che la ditta ti fa a fine rapporto in cui parla di te; e che invierai alle prossime aziende in cui ti candidi. Contano anche le referenze (chiamano i tuoi precedenti capi), se sei un buon lavoratore, non hai nulla da temere...anche se ti hanno licenziato. 4) Se invece sei stato licenziato perché rubavi, per approcci sessu@li a colleghe, perché sempre assente; sei già più nella m..da...a quel punto diventa difficile ritrovare lavoro. 5) In Svizzera il senso di appartenenza all'azienda è qualcosa di molto molto raro...lavori --> prendi lo stipendio --> paghi le fatture....fine. Se il concorrente ti paga di più e ci sono migliori condizioni, conviene andare senza voltarti indietro. Idem per i datori di lavoro, se devono licenziare lo fanno senza patemi d'animo...non sanno nemmeno chi sia Mario Rossi che lavora nel reparto in cui devono fare dei tagli al personale.
"ti possono convocare in ufficio mentre stai lavorando, consegni il badge e te ne torni a casa..." Ho già sentito un paio di persone dire così ma in realtà la mia esperienza è ben diversa! A meno che non hai fatto qualcosa di grave, dopo i primi 3 mesi di prova, il datore (e anche tu) deve dare 3 mesi di preavviso prima di licenziarti. In questi 3 mesi devi iscriverti alla disoccupazione e cercare lavoro. Non è proprio così immediato il licenziamento. L'unica cosa che possono fare è mandarti a casa, ma darti comunque 3 mesi di stipendio.
@@darioculap1757 Il preavviso è di 1 settimana se sei nel periodo di prova…1 mese se sei nel primo anno di contratto…2 mesi se sei dal secondo al nono anno di contratto….3 mesi se sei oltre il nono anno. Quando licenziano in situazioni normali, torni a casa e il preavviso lo fai pagato a casa, senza andare a lavorare (per evitare che il neo licenziato faccia sabotaggi, furti e simili). Se invece il licenziamento è per qualcosa di grave (ti beccano a rubare, vendi dati alla concorrenza ect ect) sei licenziato in tronco e non avrai il preavviso pagato, inoltre anche alla disoccupazione sarai penalizzato. Le ricerche di lavoro vanno cominciate dal giorno in cui ricevi la lettera di licenziamento, e devi essere iscritto ufficialmente al centro per l’impiego al più tardi al primo giorno in cui dovresti essere pagato da loro. Es. lavori in una ditta da 3 anni…il 25 maggio ti licenziano. Hai 2 mesi (interi) di preavviso, per cui giugno e luglio è la ditta che ti paga. Al 1 agosto se vuoi ricevere la disoccupazione, devi essere già iscritto e aver fatto almeno 2 ricerche di lavoro a settimana a partire dal giorno del licenziamento.
@@darioculap1757 Periodo di prova: 1 settimana di preavviso. Passato il periodo di prova e durante il primo anno di lavoro: 1 mese di preavviso Dal secondo al nono anno: 2 mesi di preavviso Dal nono anno in poi: 3 mesi di preavviso Ricerche di lavoro da cominciare dal momento in cui si viene licenziati, e iscrizione al centro per l’impiego che deve essere già fatta al primo giorno di disoccupazione, se no quei giorni non sono pagati. Es. ti licenziano il 25 maggio e hai 2 mesi (di calendario) di preavviso, vuol dire che al 1 agosto devi aver già fatto tutto per l’iscrizione alla disoccupazione. Licenziamento per motivi economici: non si viene penalizzati alla disoccupazione. Licenziamento per colpe gravi (furto, molestie): si viene penalizzati alla disoccupazione. Il preavviso generalmente lo si passa a casa, pagati dall’azienda.
L'appartenenza all'azienda la si sente in particolare quando si è fieri di quello che si fa. Credo emerga in modo chiaro anche dalla narrazione che porti sul tuo caso
Domanda da Italiano. È pazzesco come si ragiona dentro i confini dello stivale. Al "non viene visto male venire licenziati?" mi sono salite le vibes del medioevo col signore e il feudo.
La domanda l'ho fatta io. Ho lavorato diversi anni all'estero, in Germania, per esattezza, ma non mi sono mai trovato in una situazione del genere visto che sono sempre stato io a cambiare lavoro. Quindi, no, non è una domanda da italiano, ma è solo una domanda di chi non si è mai ritrovato di fronte a questa situazione e voleva sentire l'opinione di una persona più rodata nel mondo del lavoro. È inutile che fai il pratico, acculturato che si crede sopra la media con sto atteggiamento da snob del cazzo.
Ringrazia i diritti dei lavoratori che abbiamo in Italia va.... Non li sopporto più questi commentini cringe da neo-diciotenne che spregia il proprio stato idolatrando gli stati uniti senza avere in realtá la minima idea di come sia la vita del dipendente medio americano
@@tonyvisente5286 analisi precisa, accurata, sobria. Da pochi caratteri sei riuscito a scoprire tutto, perfino quello che non sapevo io stesso. Il vocabolario di ampio respiro permette di apprezzare non solo il messaggio chiave ma anche tutte le sue sfumature e subtext. Ora peró non fermarti. Vola a scovarci tutti, fallo per il tuo paese. Non fermarti Tony.
@@tonyvisente5286 Però in parte ha ragione. Proprio perché in Italia, per vari motivi, è molto più difficile essere licenziato (e quindi anche trovare un nuovo lavoro a tempo indeterminato), un licenziamento viene visto in maniera più sospetta che negli USA, soprattutto se vedi come funziona in alcuni stati.
Bah mi sembrano discorsi di gente che è veramente lontana dai famosi colloqui di lavoro, mica lo dici che sei stato licenziato racconti la tua carriera edulcorando le parti fastidiose, mica lo dici che sei stato licenziato...
si, è vero, il candidato glisserà sempre sui punti più spinosi, ma dipende anche da chi hai davanti: anni fa in un colloquio un navigato intervistatore provò ad insinuare che ad una certa posizione avevo acceduto in virtù delle conoscenze di mio padre, credo lo abbia fatto solo per vedere come reagivo, tant'è che poi sono passato allo step successivo, però c'é chi prova "a scavare". Inoltre, a volte capita che chi ti fa il colloquio possa conoscere qualche tuo ex datore di lavoro, e potrebbe fare una telefonata per chiedere come eri, è improbabile, ma non impossibile (conosco 2 casi dove ciò è avvenuto) Detto ciò, se toccasse a me, anch'io cercherei di trovare la storia più verosimile possibile e sperare in bene
Io non credo di aver mai sentito senso di appartenenza per un'azienda. Dopo essermi laureato ho iniziato subito a lavorare, ho cambiato un po' di lavori, in alcuni casi per problemi dell'azienda a trovare clienti, in altri per promesse non mantenute su cosa sarei andato a fare. Poi, visto che non stavo facendo niente di ciò a cui mi ero appassionato durante il corso di laurea (e parliamo di intelligenza artificiale, machine learning e robotica eh, non di temi sconosciuti, ma in Italia siamo sempre in ritardo sulle tecnologie di 15 anni), me ne sono tornato in università per specializzarmi ulteriormente in machine learning con un dottorato. Tornato nel mondo del lavoro ho provato ad entrare nel settore videoludico. Anche qui qualche esperienza poco felice e ora sto provando ad andare per questa strada per conto mio. Non riesco proprio a vedere perché dovrei sentire senso di appartenenza per qualcuna di queste realtà di cui nel tempo ho fatto parte. L'unico che a volte ancora sento perché penso che sarebbe una persona da cui c'è da imparare e quindi mi piacerebbe tornare a lavorarci è un capo della prima azienda, quella che essendo una piccola startup faticava a trovare clienti.
Indossi le magliette di Google perché sei un Barbone di Dio ammettilo. Oltre al fattore tempo conta tanto anche quanto ti ha dato l'azienda, quanto sei cresciuto, che rapporti hai stretto con i colleghi o i manager che hai avuto. Conta l'intensità più che la durata secondo me.
@Mr.RIP sarebbe interessante una tua riflessione sul valore del proprio benessere fisico, ha ricadute ovvie e altre meno prevedibili anche sulla pianificazione del futuro e finanziaria
La domanda però era un'altra. Se tu o più in generale se uno si dimette x andare FIRE e poi dopo qualche anno vede che vuole tornare a lavorare perché ha sbagliato i conti oppure perché gli torna la voglia di lavorare come fa a rientrare nel mondo del lavoro?
Dipende, dpende da chi si occupa delle assunzioni, per esempio io penserei che ccmunque è vero che Google ti ha scelto, comunque hai passato una selezione. Quindi qualcosa di interessante lo avrai, Successivamente non tutte le aziende hanno le stesse esigenze di Google per molti motivi, quindi mi occuperei di comprenderne le motivazioni non sarei superficiale come purtroppo ormai accade ovunque. In ultimo la metterei su questo piano, fra essere stato assunto e non essere stato assunto preferirei essere stato assunto, In un curriculum sarebbe meglio quindi indicare di aver lavorato con Google e tutta una serie di situazioni oppure sarebbe meglio passare inosservati?
Conta molto anche quanto sei allineato ai valori aziendali. Se la tua identità fa scopa con l’identità aziendale, diventi un tutt’uno ed è difficile separarsi. Io ad esempio sono da 9 anni in una “Google-like” company, e non riesco ad immaginarmi in un’altra realtà nel breve termine.
Ciao Mr. Rip, sempre contenuti top! L’altro giorno ti ho beccato in zona Romolo ma non ti ho rotto le scatole perché eri seduto con amici/colleghi. Spero di vederti di nuovo per scambiare due chiacchiere 👋🏻
