il più grande potenziale di noi esseri umani (che possiamo sviluppare) 

🙏🏻🙏🏻

La meditazione aiuta molto..

Grazie Francesca!!

🙏🏻

Bene!

🙏🏻

Sì Tony, è un gran bel libro..

Giusta riflessione.. 🙏🏻

Grazie Alessandro!

🙏🏻🙏🏻

Si.. 🙏🏻🌟

Si.. proprio così..

Grazie Angela!

Grazie Gianfranco!

@@dr.enricogamba Quando la gente critica ha paura ! Quando mettono ostacoli hanno timore ! Bisogna resistere alle difficoltà ed è importante essere fieri di se stessi ! Perché si vince ! Non bisogna demordere mai ! Mentalità 100/100 ! Sempre ! 👍💯💥

Bene! Mi fa piacere..

🙏🏻🌟

Bene Elisa!

Grazie Gabriele, non l’ho letto ma immagino..

🙏🏻

Forza!

🙏🏻🙏🏻

🙏🏻🙏🏻 grazie!

Grazie Alberto!

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@@dr.enricogamba complimenti per i video

Questa è una domanda interessante. Forse la Coscienza più che la conoscenza..

@@dr.enricogamba giusto dottor Enrico..ho sbagliato a scrivere..

La coscienza è il principio, la conoscenza il processo, e la consapevolezza il risultato, la risoluzione... ma essenzialmente sono la stessa cosa! «Secondo la tradizione occulta la Coscienza Cosmica si manifesta nell’umanità come sensibilità che si concentra in un centro individualizzato di consapevolezza e si divide in soggetto ed oggetto. Il soggetto si identifica con il principio conscio come ego, e l’oggetto è il suo meccanismo di consapevolezza. Questa identificazione della coscienza con l’ego è illusoria e perciò il Principio della Coscienza è velato. L’ego si immagina di essere un’entità separata dagli oggetti che percepisce e, invece del puro sentire, udire, vedere, toccare, conoscere, vi è la falsa supposizione del “io sento”, “io ascolto”, “io tocco”, “io conosco”. È così che il mondo fenomenico (il mondo delle apparenze) è rappresentato a noi come Malkuth. L’intero processo da Kether a Malkuth, è quello di velature successive accompagnate da una aumentata perdita di consapevolezza del Principio della Coscienza, essendo l’intero scopo della incarnazione la “redenzione” e la reintegrazione del Principio perduto. I Buddisti e i seguaci dell’Advaita considerano questi veli come totalmente illusori, mentre altri li considerano come modificazioni del Principio originale. In qualunque luce essi vengano considerati il problema rimane immutato: come risolvere il gioco perpetuo del “nascondino” che Kether svolge attraverso i veli primari del soggetto e oggetto (Chokmah e Binah). La causa del mistero, malia, o ignoranza come i Buddisti la chiamano, è l’identificazione iniziale errata del Sè con i suoi oggetti. Ciò avviene principalmente per il fatto che, come i Cabalisti dichiarano, “Kether è in Malkuth e Malkuth è in Keter, ma in una maniera distinta”. La presenza di Kether in Malkuth crea un’illusione di realtà in tutti gli oggetti. Questa malia genera sensibilità che disorienta e annega il Sè nella delusione del “mondo ammaliante di Maya”, generato nei sensi dell’umanità che fraintende l’irreale per il Reale. La “caduta” consiste nell’accettare la delusione con il suo valore apparente. Gli iniziati, gli Gnostici sapevano (forse intuitivamente) che la realtà risiede da qualche parte al di là o dietro la negazione totale di questa malia.» (Kenneth Grant, Il Lato Notturno dell’Eden)

Bene!

Nassim Haramein (fisico) dice che «ciò che percepiamo come moto è in realtà dovuto al fatto che la realtà a livello quantico (sole) lampeggia ad alta frequenza dentro e fuori l’esistenza e che la creazione (luna), in effetti, appare e scompare oscillando tra la forma e la sua assenza e questo innumerevoli volte ogni secondo, dando cosi la sembianza del moto». Non è il campo unificato a lampeggiare, ma solo quella che noi percepiamo come materia solida, ovvero le particelle, i nuclei, le particelle sub-atomiche ed il mondo materiale. Questa non è derealizzazione o depersonalizzazione.. o forse per certi versi si.. come al solito dipende dai punti di vista! Guardiamola dalla prospettiva del campo unificato, un attimo e pam, ti ritrovi di là! Il costante movimento di quello che Castaneda chiamava "punto di unione" fa si che le cose si mescolino l'una con l'altra, un buon film che sia del terrore o d'amore fa questo... Perdonami, ci voleva quello che per i Toltechi è un "colpo del Nagual" 🤭 «Per gli Sciamani dell'antico Messico un'altra questione legata all'Intento, trasferita però a livello dell'intendimento universale, era il fatto energetico che siamo continuamente spinti, tirati e messi alla prova dal cosmo stesso. Per loro era un fatto energetico che l'universo è estremamente predatorio, ma non nel senso che attribuiamo generalmente a questo termine, ovvero l'atto di depredare, rubare, ferire o sfruttare gli altri a nostro vantaggio. Per gli sciamani dell'antico Messico, la condizione predatoria dell'universo significa che l'intento dell'universo è quello di mettere continuamente alla prova la consapevolezza. Essi videro che il cosmo crea un numero infinito di esseri organici e inorganici. Esercitando una pressione su questi esseri, l'universo li costringe ad ampliare la loro consapevolezza e, in questo modo, tenta di raggiungere la consapevolezza di sé. Nell'universo conoscitivo degli sciamani, quindi, la questione finale è la consapevolezza.» «Nell'universo conoscitivo degli Sciamani la questione finale è la consapevolezza. Don Juan Matus e gli Sciamani della sua stirpe intendevano la consapevolezza come l'atto di essere deliberatamente consci di tutte le possibilità percettive dell'uomo, non solo di quelle dettate da una determinata cultura il cui ruolo sembra quello di ridurre le capacità percettive dei suoi membri. Don Juan sosteneva che rilasciare, o liberare, tutte le capacità percettive degli esseri umani non avrebbe in alcun modo interferito con il loro comportamento funzionale. In effetti, questo comportamento diventa un fatto straordinario perché acquisisce un nuovo valore. In circostanze simili la funzione diventa una necessità stringente. Libero dagli idealismi e dai falsi obiettivi, l'uomo ha come unica funzione quella di essere la forza guida di se stesso. Gli Sciamani chiamano questa funzione Impeccabilità. Per loro essere impeccabili significa fare del proprio meglio, e anche qualcosa di più. Gli Sciamani ricavarono la funzione dalla capacità di vedere direttamente il fluire dell'energia nell'universo. Se l'energia fluisce in un certo modo, per loro seguire il flusso dell'energia significa essere funzionali. La funzione, di conseguenza, è il comune denominatore con il quale gli Sciamani affrontano il fatto energetico del loro universo conoscitivo. L'esercizio di tutte le unità della cognizione dello Sciamano consentì a don Juan e agli Sciamani della sua stirpe di giungere a strane conclusioni energetiche che, a prima vista, sembrano riguardare solo queste persone e le loro circostanze personali, ma che, se esaminate con attenzione, possono essere applicate a tutti gli uomini. Secondo don Juan, il culmine della ricerca degli Sciamani è ciò che considerava l'ultimo fatto energetico, non solo per gli Sciamani, ma per ogni essere umano. Chiamò questo fatto il viaggio finale. Il viaggio finale consiste nella possibilità che la consapevolezza individuale, portata alla sua massima espansione dall'adesione individuale alla cognizione degli sciamani, potrebbe essere mantenuta oltre il punto in cui l'organismo è in grado di funzionare come unità coesa, vale a dire oltre la morte. Questa consapevolezza trascendentale fu interpretata dagli sciamani dell'antico Messico come la possibilità della consapevolezza degli esseri umani di andare oltre lo scibile, arrivando così al livello dell'energia che fluisce nell'universo. Gli Sciamani come don Juan definirono la loro ricerca come il tentativo di diventare, alla fine, un essere inorganico, vale a dire energia consapevole di sé, che agisce come unità coesa, ma senza un organismo. Chiamarono questo aspetto della loro cognizione libertà totale, uno stato in cui esiste la consapevolezza, libera dalle imposizioni della socializzazione e della sintassi».